Attualità
Le ombre del XX secolo sugli scenari geopolitici attuali
Il precedente secolo ha lasciato molte questioni irrisolte che neppure le grandi potenze dell’epoca erano riuscite a stabilizzare o evitare.
di Alexander Virgili
Se il XX secolo è stato caratterizzato da due guerre mondiali, da svariati conflitti locali e dalla Guerra Fredda, il primo quarto del XXI secolo sta caratterizzandosi per una crescente instabilità in quella che appare come la ricerca di nuovi assetti internazionali tra potenze. Il precedente secolo ha lasciato molte questioni irrisolte che neppure le grandi potenze dell’epoca erano riuscite a stabilizzare o evitare. L’ordine internazionale stabilito dopo la Seconda guerra mondiale, che avrebbe dovuto portare la pace, con la creazione delle Nazioni Unite, ha dato luogo a gravi conflitti regionali, molti dei quali ideologici, che non si sono conclusi con la caduta del muro di Berlino e la scomparsa dell’Unione Sovietica. Oggi si assiste a una crescente disputa per l’egemonia e il controllo dei mercati tecnologici e tradizionali, ossia una lotta di potere globale tra le due potenze principali: gli Stati Uniti e la Cina. Ciascuna, a modo suo, sta usando il proprio potere e la propria influenza per aumentare o conquistare spazio politico, mercati e posizioni strategiche.
Gli Stati Uniti hanno il vantaggio di avere una forza militare in grado di operare ovunque sul pianeta, oltre all’espansione delle loro basi militari e alleanze, come si è visto nei Balcani, in Albania e Kosovo, e nell’Asia-Pacifico, con l’accordo tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, noto come AUKUS. Si è anche schierata dietro l’Unione Europea, che ha rinunciato a una politica di difesa autonoma. Da parte sua, la Cina ha sviluppato una politica a lungo termine che si è concretizzata senza la necessità di utilizzare il cosiddetto hard power, ma conquistando spazi sfruttati e abbandonati dalle potenze coloniali, principalmente europee, in Africa e altrove.
Oltre alle nuove occasioni di conflittualità locale e alle aspirazioni di alcuni Paesi di diventare potenze regionali, ci sono spinte verso nuovi allineamenti o nuove aggregazioni, quale il gruppo BRICS, che ricalca in parte le orme del Movimento dei Paesi non allineati. Tra i punti di attuale forte instabilità ci sono quelli prodotti da alcuni eventi bellici o da compromessi politici del’900 che ancora sono senza soluzione. Ѐ questo il caso della cosiddetta “questione palestinese”, con la drammatica situazione in Medio Oriente, che minaccia la stabilità della regione e i cui effetti potrebbero allargarsi ad altre aree. Il Regno Unito, agendo in continuità con la Dichiarazione Balfour del 1917 (dichiarazione intrisa dello spirito coloniale britannico) attraverso il Mandato Britannico sulla Palestina (ex territorio dell’Impero Ottomano) tra il 1920 e il 1948, prima rafforzò la presenza ebraica invitando gli Ebrei a emigrare in Palestina, poi non volle inimicarsi le popolazioni arabe alla vigilia della II Guerra mondiale e mutò atteggiamento.
Infine, non riuscendo a trovare un compromesso accettabile tra le parti, scaricò la questione palestinese sulle Nazioni Unite, sostenendo la creazione di due Stati, di cui uno ebraico che rispondesse alle pressioni del movimento nazionalista sionista ma sempre in sintonia con gli interessi strategici britannici, in un’area sua ex colonia. Con ciò orientando, di fatto, una parte crescente delle comunità ebraiche, che erano insediate in Europa da molti secoli, in direzione della Palestina. Il Regno Unito, che stava anche perdendo le colonie dell’India, preferì sostenere i nazionalismi sionista e palestinese, provocando, come nel caso indiano, enormi problemi di divisione territoriale e di profughi delle due comunità.
Altro punto critico la penisola coreana, divisa da una guerra (1950-53) non ancora formalmente conclusa, ma dal 1953 è governata da un armistizio unilaterale firmato da Corea del Nord, Stati Uniti e Cina, a causa del rifiuto dei sudcoreani di riconoscere la divisione della penisola. L’accordo definito ‘temporaneo’ è oramai in vigore da 70 anni e la divisione continua a generare tensioni tra i due Paesi e nella regione, generando una spesa di miliardi e miliardi di dollari in armamenti. Ciò, nonostante il tentativo del 2018 di avviare negoziati tra le due Coree per giungere ad un trattato di pace.
Non ultima la vicenda cinese. Oltre mezzo secolo or sono il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon sorprese il mondo visitando la Repubblica Popolare Cinese nel 1972, incontrando il suo leader Mao Zedong, riconoscendo “una sola Cina”, ossia Taiwan, Hong Kong e Macao come parte integrante del Paese, e stabilendo successivamente relazioni diplomatiche e accordi di cooperazione. Erano gli anni della Guerra Fredda, quando l’opposizione all’Unione Sovietica e l’adozione di tutte le possibili scelte dirette ad isolare Mosca, anche a costo di concessioni inattese, erano parte della Realpolitik di entrambi i Paesi. Nel corso del tempo però e con la scomparsa dell’Unione Sovietica, quel rapporto si è evoluto in una crescente rivalità e contrapposizione che aumenta ogni giorno. Al desiderio di Taiwan di restare autonoma e essere riconosciuta come Stato cinese sovrano, poiché dal 1949 l’isola ospita il governo della Repubblica di Cina, sorta nel 1912, dandole quindi continuità politica, si oppone la realtà per cui solo 13 Paesi la riconoscono resistendo alle pressioni politiche ed economiche della Repubblica Popolare Cinese, governata invece dal governo rivoluzionario dal 1949.
Per inciso, la Repubblica di Cina, di cui è erede Taiwan, aveva partecipato alle due guerre mondiali schierandosi e sostenendo in entrambe le potenze alleate contro la Germania. Situazione in parte simile per il Tibet, Stato indipendente dal 1912, dopo essere stato lungamente assoggettato dall’impero mongolo, che fu occupato dalla Repubblica Popolare nel 1949-50 e sta subendo una forte disgregazione etnica e culturale per essere cinesizzato. Un cenno va fatto anche al mancato Stato per i Curdi, previsto dal Trattato di Sevres del 1920, ma per la forte opposizione dei nazionalisti turchi mai attuato e poi modificato con il Trattato di Losanna del 1923. I curdi sono ancora minoranza non gradita in molti Paesi. Un altro frammento di disagio ed emarginazione che il ‘900 ha lasciato sino ai nostri giorni.
Le nuove generazioni di politici e di persone che sono cresciute sotto queste pesanti ombre dovranno contribuire a gestire un ordine mondiale in rimescolamento e nuovamente instabile, minacciato dal cambiamento climatico, dalla disuguaglianza, dalla crescita demografica, dalle crescenti ondate di immigrazione e dal pericolo che una guerra regionale possa trasformarsi in una conflagrazione globale. Oramai una intera generazione di cittadini cinesi, coreani, ebrei, palestinesi e tibetani, è nata e cresciuta in questi contesti di forte conflittualità e instabilità costante, di odio e rancore reciproci sedimentati, di timore che tutto possa cambiare, anche radicalmente, a seguito di azioni aggressive militari o terroristiche.