Cinema & Teatro
“Le Notti Bianche” di Fedor Dostoevsky. La recensione della messa in scena al Teatro Ghione

Con Giorgio Marchesi e Camilla Diana – Regia di Francesco Giuffrè
di Andrea Cavazzini
A Pietroburgo “in una notte meravigliosa di quelle che possono esistere solo quando siamo giovani”, un giovane Sognatore scorge all’improvviso una donna che sta piangendo in attesa di un uomo di cui è innamorata e che le ha promesso di ritornare.
I due fanno amicizia, le loro anime si incontrano. ll fatale incontro tra i due si rivela essere un’insolita occasione di complicità e di spensieratezza, ideale rimedio per l’insoddisfazione dell’animo:, e i due si rivedono per quattro notti in quel luogo misterioso. Lui quasi riesce a far sì che la ragazza dimentichi l’altro finché non accade l’ imprevisto che li allontanerà per sempre. Ma il sognatore le sarà tuttavia riconoscente per avergli donato anche solo un attimo di beatitudine: “Dio mio! Un intero attimo di beatitudine! È forse poco, sia pure per tutta la vita di un uomo?” “Si può vivere felici tutta una vita grazie ad un solo ricordo?”
Il tema dell’attesa è legato a doppio filo con il tema dell’amore: dell’amore che Nasten’ka vive e da cui si sente tradita; del tentativo di sostituire questo amore con la pretesa di qualcosa che sia più possibile, accessibile, reale. Ma cosa è davvero reale, ci si domanderà? È reale la possibilità di negare il proprio desiderio, il desiderio che la promessa che abbiamo ricevuto e che portiamo venga mantenuta? Nasten’ka, scandalizzata dall’amore che ella stessa prova per un uomo che riconosce essere cattivo, peggiore di colui che ha davanti (il Sognatore), si tormenta nel tentativo di dimenticare, di rimettere assieme i pezzi della propria vita scomposta. Ma cosa accadrebbe, cosa accade quando ciò che di desidera – infinitamente più grande del progetto che si vorrebbe seguire con la propria misera immaginazione – finalmente accade? in che direzione si muovono i propri piedi ed il proprio sguardo quando si è davanti a ciò che si ama, seppur in quello stesso punto vi sono ferite e affanno?
Una storia tanto semplice quanto profonda, questo racconto giovanile di Dostoevsky andato in scena al Teatro Ghione fino a domenica 17 scorso, soprattutto nell’approfondimento psicologico ed emotivo dei due personaggi ben rappresentati da un sempre più bravo Giorgio Marchesi, ammirato recentemente all’Argot con “7 anni”; un sognatore disincantato, dai tratti poetici e gentili consapevole della sofferenza per un amore mai nato e la sorprendente Camilla Diana nei panni di una Nasten’ka inizialmente sfrontata e successivamente delusa per il comportamento del suo uomo. Un plauso alla regia di Francesco Giuffrè che ha saputo costruire attraverso questo adattamento un vero e proprio gioiello grazie ad una regia attenta, mai banale e ricca di poesia supportata anche dalla magnifica scenografia di Fabiana Di Marco e il disegno luci di Luca Palmieri