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Azzera la bolletta

Arte & Cultura

Le magiche atmosfere de Il lago dei cigni del Balletto del Sud

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Domenica 3 Gennaio al Teatro Rossini di Pesaro

image001Pesaro, 29 dicembre – Per l’inizio del nuovo anno domenica 3 gennaio la stagione di danza del Teatro Rossini di Pesaro – promossa dal Comune e dall’AMAT in collaborazione con la Regione Marche e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – ospita il Balletto del Sud con Il lago dei cigni, tra i classici delle feste più amati dal pubblico di tutto il mondo, con le coreografie di Fredy Franzutti. Tra i capolavori di Čajkovskij, Il lago dei cigni ha sempre riscosso enorme successo popolare e risulta essere il più affascinante non solo per i significati reconditi ma anche per la calda atmosfera romantica e per la poesia del tema d’amore. Il balletto esercita un fascino durevole perché incarna la romantica aspirazione verso un ideale irraggiungibile. La leggenda della donna-cigno, emblematica e seducente, riporta al complesso di miti e leggende riguardanti le metamorfosi di un essere umano in animale. Fredy Franzutti, uno dei coreografi più apprezzati nel panorama nazionale, ambienta il suo Lago dei cigni nella Baviera “fin de siècle” di Ludovico II che proprio negli anni della composizione fu dichiarato pazzo e deposto. Citazione diretta nella bella scenografia di Francesco Palma dipinta che rappresenta il favoloso castello di Neuschwanstein. Il clima romantico che si respira dall’inizio alla fine dell’accattivante balletto proviene da tutto un filone della letteratura mitteleuropea che Franzutti fa propria con citazioni qua e là disseminate nella drammaturgia del balletto. “I tre grandi balletti di Čajkovskij – scrive il coreografo – sono delle autentiche confessioni, delle sincere esposizioni dei risultati di una ricerca personale, e io sentivo che la magia di Rothbart è così potente perché agisce su un terreno comune a tutti noi. Non è infatti a irreali incantesimi, ma ad alcuni dei suoi plausibili incanti che, credo, noi tutti abbiamo ceduto almeno una volta nella nostra vita. Qui l’incantesimo è l’amore per una giovane fanciulla nelle sue due incarnazioni tipicamente romantiche (bellezza medusea, e purissimo angelo vessato). Il finale è una vox media, scena ambigua tra lieto fine e catastrofe: chi può infatti dimostrare che il cedere alla bellezza dell’arte (la protagonista femminile) sia una fuga dalle responsabilità del mondo reale? O è forse il mondo della quotidianità a essere profondamente ipocrita? In altri termini, la questione diventa: l’arte, con le sue bellezze, è un filtro narcotico e stupefacente o è la verità?”

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