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Diritti umani

L’ascesa del Neurodiritto

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Le neuroscienze costituiscono un complesso piuttosto articolato con oggetto lo studio del cervello e del sistema nervoso degli organismi viventi a livello molecolare, biochimico e genetico

di Antonio Virgili – pres. comm. Cultura Lidu onlus

La crescente diffusione dei risultati e degli strumenti delle neuroscienze in ambito giuridico se da un lato ha aperto interessanti prospettive di analisi e di verifica dall’altro, se non adeguatamente gestita, potrebbe ingenerare anche situazioni ambigue o pericolose.  Le perizie neuroscientifiche stanno entrando sempre più nei tribunali anche se, paradossalmente, tra quanti osservano con freddezza tale diffusione è una parte degli psicologi che, dimentichi delle difficoltà incontrare dal nascere e dall’affermazione autonoma della loro stessa disciplina, temono forse, corporativamente, di perdere lo spazio crescente che stanno ricoprendo e che, in alcuni settori, si configura quasi come una sorta di monopolio disciplinare a supporto del diritto. 

 Le neuroscienze costituiscono un complesso piuttosto articolato e difficilmente riconducibile ad unità, giacché hanno ad oggetto lo studio del cervello e del sistema nervoso degli organismi viventi a livello molecolare, biochimico e genetico.  Tuttavia il cosiddetto Neurodiritto include, secondo la visione più ampia del mondo anglosassone, anche la psicologia sociale, la neurosociologia, la criminologia.     Lo scopo delle predette discipline è quello di analizzare la base biologica delle espressioni mentali e comportamentali umane a partire dallo studio delle singole cellule nervose, i neuroni. All’interno delle neuroscienze si distinguono vari livelli di analisi e di ricerca.   La neuroscienza cognitiva studia i meccanismi neurali delle principali attività della mente umana con particolare riferimento alla percezione, alla memoria, all’emozione, al linguaggio e all’apprendimento. La neuroscienza comportamentale si concentra sullo studio del funzionamento dei sistemi neurali che stanno alla base del comportamento umano, inclusa l’analisi genetica della struttura del cervello in relazione al comportamento medesimo.

 Oggi le perizie, quasi tutte legate alla capacità di intendere e di volere, si concentrano principalmente su queste aree neuro-scientifiche:  a)      psichiatrica – indagini con test di personalità;   b)      neuropsicologica – indagini con test per la valutazione delle capacità del ragionamento astratto, test di memoria verbale e autobiografica, e test di comprensione linguistica astratta;    c)      neurale – indagini per evidenziare eventuali alterazioni nella morfologia e nel funzionamento cerebrale avvalendosi della risonanza magnetica strutturale e funzionale;      d)     genetico molecolare – indagini per verificare la presenza del genotipo per alcuni polimorfismi tipici dei comportamenti psicopatologici.   Comincia recentemente a svilupparsi pure la neurosociologia  con indagini su interazioni sociali e socializzazione in rapporto alle strutture e alle funzioni del sistema nervoso, utili per analisi di contesto ed ambientali.

Tra le critiche mosse al Neurodiritto il fatto che, in ultima analisi, si potrebbe affermare che dietro alla genesi di ogni comportamento e di ogni dichiarazione, può esistere un fenomeno fisico (stabile o transitorio) al quale si può accedere attraverso prove o tecniche oggettive.  In realtà è una obiezione che potrebbe muoversi anche verso varie affermazioni psicologiche o sociologiche, cioé il poter facilmente trovare elementi giustificativi psicologici o sociologici che potrebbero motivare ad alcuni comportamenti devianti o conflittuali.  Quante persone nella vita non hanno subito almeno un trauma, ad esempio un lutto?  Quante famiglie hanno i criteri “teorici” ottimali quanto a capacità genitoriali?   Si obietta che i limiti di applicabilità sarebbero quindi in molti casi fluidi o mal definibili, se non attraverso dei test la cui validazione statistica si basa su assunti teorici che non sono assoluti.   Dall’altra è chiaro che non tutte le lesioni o anomalie cerebrali indicano uno stato mentale compromesso rilevante per la capacità di intendere e di volere al momento della commissione del reato. Per quanto riguarda l’uso della genetica, al momento la ricerca sostiene che, tranne i casi di anomalia patologica, i geni sono fattori che predispongono solo alla manifestazione di particolari tratti e respinge l’argomentazione che siano il segno di un destino ineluttabile. 

     Il progresso tecnologico comunque avanza e il supporto di strumenti e approcci innovativi sarà sempre più inevitabile per la diagnosi dei disturbi e l’analisi delle situazioni.  Nonostante alcune perplessità, a beneficiarne potrebbe essere anche l’ambito processuale, in quanto luogo dove, in poco tempo e a posteriori, si deve valutare e giudicare il comportamento umano.   Due dei più noti e controversi casi registratisi in Italia, furono la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Trieste sul cd. “gene dell’aggressività” (Sentenza 18.9.2009, in Riv. pen., 2010, 70) quello della sentenza Albertani, emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Como (Sentenza 20.5.2011). In entrambi i casi vi fu il consenso, o addirittura l’iniziativa, della difesa al fine di attenuare la pena, riuscendo a dimostrare la diminuzione della capacità di intendere e di volere. 

Antonio Virgili (Napoli, 1957): è un professore, ricercatore e consulente italiano. Per più di trentacinque anni ha studiato scienze umane (psicologia, neuroscienze, sociologia, geografia, antropologia) e medicina sociale e integrativa. È direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Scienze Sociali, presidente del Centro Studi Internazionali, presidente del Corpo Italiano di San Lazzaro e vicepresidente dell’Unione Lazzaro. E’ il presidente commissione Cultura della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo. Nel 2019 è stato nominato dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministero della giustizia giudice onorario presso i tribunali per i minorenni. È autore di numerosi articoli, saggi e libri, ed è studioso di esoterismo e studi araldici e di simbologia. Figlio di Fernando Virgili, ereditò il titolo di Duca di Castelvenere.

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