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La Superstizione – Quel filo invisibile che collega la storia, la cultura e la crescita personale – Superstition – That Invisible Thread Linking History, Culture, and Personal Growth

La Superstizione – Quel filo invisibile che collega la storia, la cultura e la crescita personale
di Carmelina Micallef
“Essere scaramantici è da ignoranti. Non esserlo porta male.” Eduardo De Filippo
Scherzare sulle superstizioni è un’arte, ma sottovalutarle può avere un prezzo.
Fin dall’antichità, l’umanità ha affrontato una sfida persistente: l’ignoto. In assenza di risposte chiare, ci siamo rifugiati in storie, simboli, rituali e azioni superstiziose per sentirci un po’ più al sicuro. La superstizione è emersa in questo spazio come risposta all’incertezza, tra razionalità e mistero, come tentativo di portare ordine nel caos della vita di ognuno.
Ad esempio, gli antichi Romani prendevano molto sul serio queste pratiche. Studiavano il volo degli uccelli e ispezionavano gli organi degli animali in cerca di presagi. Non si trattava solo di usanze. Queste pratiche influenzavano decisioni politiche, militari e sociali.
Una delle superstizioni più radicate è la credenza nel “Malocchio”, un concetto presente già nelle antiche società greche ed egizie. Si credeva che uno sguardo invidioso potesse causare disgrazie, malattie o sfortuna. Queste credenze sono sopravvissute durante il Medioevo, specialmente nelle comunità rurali, sebbene non fossero ufficialmente avallate dalla Chiesa, che le considerava solo pratiche pagane. Purtroppo, le stesse idee venivano frequentemente confuse con la stregoneria, alimentando uno dei capitoli più oscuri della storia europea: la caccia alle streghe.
Migliaia di donne, molte delle quali levatrici, guaritrici o semplicemente persone “diverse” che si rifiutavano di sottostare ai canoni di allora, furono perseguitate, torturate e bruciate sul rogo. Durante periodi di crisi, venivano accusate di fallimenti nei raccolti, malattie inspiegabili o comportamenti non convenzionali.
La Santa Inquisizione, sotto il pretesto di difendere la purezza della fede, generò un clima di paura che finì per diventare uno strumento di controllo sociale, alimentato in alcuni casi, anche dalla vanità e da una crudeltà ostentata e deliberata da parte dei suoi stessi membri.
Nel Regno Unito, queste idee si intrecciarono con le tradizioni celtiche più antiche: druidi, cicli lunari e pietre sacre. Stonehenge rimane uno dei simboli più iconici di questa eredità.
Fortunatamente, con la diffusione della conoscenza e l’avvento dell’Illuminismo, la scienza ha cominciato a prendere piede e le superstizioni si sono indebolite. È diventato sempre più chiaro che solo la consapevolezza e la comprensione, e non incantesimi magici, possono davvero proteggerci dalla paura e dalle manipolazioni.
Ma non cantiamo vittoria troppo presto…
Nonostante viviamo nell’era digitale, in cui l’informazione è a portata di clic, la superstizione non è del tutto scomparsa, ma si è semplicemente evoluta. Dopotutto, dare la colpa alla sfortuna è spesso più comodo che assumersi la responsabilità personale!
Chi non ha mai visto svanire un’opportunità che sembrava perfetta, un lavoro, una relazione, un’occasione tanto attesa, solo per poi rendersi conto che quella “disgrazia” era in realtà un passo necessario verso qualcosa di meglio? Alcuni ostacoli, per quanto dolorosi, sono solo deviazioni che forse, ci portano dove dobbiamo veramente essere. Una lezione che riusciamo a capire solo dopo e distanza di tempo.
Questo è particolarmente interessante quando riflettiamo sulle sfide che affrontano le generazioni più giovani, molte delle quali sono appesantite da un ideale di perfezione che la società continua a rafforzare. Per loro, gli errori non sono visti come parte del processo di apprendimento, ma come prova di fallimento. Piuttosto che usare il disagio come trampolino per la crescita, molti restano inconsapevolmente intrappolati in un ciclo di dubbi, diventando sempre più vulnerabili all’influenza delle superstizioni moderne: i falsi miti sui social media e le soluzioni rapide dalle quali non sanno più difendersi.
Forse è arrivato il momento di dire chiaramente che il fallimento non è solo umano e inevitabile, ma una parte fondamentale della crescita. Non abbiamo bisogno di talismani sotto il cuscino o di rituali per tenerci al riparo dalla sfortuna. Quello che ci aiuta davvero è la determinazione a proseguire il cammino in cui crediamo, e quando possibile, perfino ridere di noi stessi.
Chi non ricorda “Il Nome della Rosa” di Umberto Eco, dove il ridere era considerato pericoloso? In quel monastero, ridere era peccato, dubitare era eresia e un libro che suscitava divertimento andava assolutamente nascosto, avvelenato, per impedire alle persone di pensare troppo liberamente. Eppure, è proprio il riso che apre la porta alla riflessione. E chi riflette, è sempre un po’ più difficile da ingannare da chi trae profitto dalla paura e dalle menzogne.
Alla fine, ciò di cui forse necessitiamo di più, è un po’ di sana apertura.
E quando ci imbattiamo in guru che offrono soluzioni facili, possiamo semplicemente sorridere e pensare: “Che l’universo ce ne liberi e scansi!”
La vera protezione non viene da amuleti o superstizioni, ma dal vivere con integrità e dal saper prendere le distanze da chi, con presunzione finisce per nuocere davvero. È nella consapevolezza personale, libera dalla paura, dall’inganno e dalla vanità che ritroviamo la nostra forza più grande.
Superstition – That Invisible Thread Linking History, Culture, and Personal Growth
by Carmelina Micallef
“Being superstitious demonstrates ignorance. Not being superstitious brings bad luck.” –
Eduardo De Filippo
Joking about superstitions is an art, but underestimating them can come at a cost.
Since ancient times, humanity has struggled with a persistent challenge: the unknown. In the absence of clear answers, we’ve turned to stories, symbols, rituals, and superstitious acts to feel just a little “safer”. Superstition emerged in this space as a response to uncertainty, between rationality and mystery, as a way to bring order to life’s chaos.
The ancient Romans, for example, took these practices seriously. They read the flight of birds and examined the organs of sacrificed animals, believing such signs could reveal the will of the gods. Far from simple rituals, all this played a significant role in shaping decisions, including those related to politics, military campaigns and daily life.
Among the oldest of all superstitions is the belief in the “Evil Eye”, found in ancient Greek and Egyptian societies. It was believed that a glance driven by envy could cause illness, bad luck, or even death. Though often dismissed by religious authorities as pagan nonsense, the fear of the Evil Eye persisted, especially in rural communities throughout the Middle Ages. Over time, these superstitions mixed with fears about witchcraft, fuelling one of Europe’s darkest chapters: the witch hunts.
During that period, thousands of women, many midwives, healers, or those who lived outside social norms, were persecuted and executed often under accusations of witchcraft. Their knowledge, independence, and refusal to conform made them easy targets in societies gripped by fear and suspicion. In times of crisis, due to failed harvests, unexplained illness, or death, blame often fell on these marginalized women, who had no real way to defend themselves.
In the United Kingdom, such fears blended with older Celtic traditions: druids, lunar cycles, and sacred stones. Stonehenge remains one of the most iconic symbols of that legacy.
Thankfully, with the spread of knowledge and the advent of the Enlightenment, science began to take hold and superstitions began to fade. It became clear that only awareness and understanding, not rituals or spells, could really protect us from fear and manipulation.
But we shouldn’t declare victory just yet…
Even in the digital age, where information is only a click away, superstition hasn’t disappeared. It’s simply evolved. After all, blaming bad luck is still often easier than accepting responsibility!
Who hasn’t experienced what seemed like a perfect opportunity slip away, a job, a relationship, a dream, only to realise much later, that the apparent “misfortune” was in fact a necessary step towards something better? Some setbacks, painful as they may seem, turn out to be detours that slowly guide us where we need to be.
This is worth remembering when we think about the pressures facing younger generations, who are constantly pushed to live up to an ideal of perfection that society insists on reinforcing. For them, mistakes are not seen as part of learning, but as proof of failure. Rather than using discomfort as a chance to grow, they get caught in a cycle of self-doubt, making them more susceptible to modern forms of superstition, from social media myths to quick-fixes.
Maybe it’s time to openly admit, and without shame, that failure isn’t just inevitable, but essential to growth. We don’t need lucky charms or rituals to protect us from life’s challenges. What helps most is the determination to keep going, and the ability to laugh at ourselves along the way.
Who can forget “The Name of the Rose” by Umberto Eco, where even laughter was forbidden? In that monastery, laughter was sinful, doubt was heresy, and a book that sparked any form of amusement had to be hidden, and poisoned, to prevent people from thinking too freely. And yet, it’s through laughter that we find our way out. Reflection, makes it harder to fall victim to those who exploit fear and empty promises!
In the end, what we probably need most is a bit of healthy openness.
And when we come across gurus offering easy solutions, we can simply smile and think:
“Let’s hope the universe keeps them well out of our way!”
True protection doesn’t come from superstition, but from living with integrity and keeping a safe distance from those whose arrogance can cause a lot of harm.
It is in that awareness, free from fear, deception, and vanity, that we rediscover our greatest strength.