Diritti umani
La strage di rifugiati e l’insostenibile leggerezza della UE
I 64 migranti morti sulle coste calabresi, tra cui molte donne e bambini, sono in gran parte assimilabili ad uno status di rifugiati, ma non hanno avuto il tempo di chiedere aiuto, il mare li ha travolti prima ancora che l’Unione Europea si accorgesse di loro.
Il bilancio del naufragio del barcone a largo del crotonese in Calabria, a distanza di due giorni dall’incidente occorso a poche decine di metri dalla costa, è di 64 vittime accertate, tra cui molte donne e bambini, un numero di morti destinato ad aumentare. E’ ormai chiaro che il natante portava circa 200 persone e solo 81 sono state tratte in salvo. Ed è altrettanto chiaro che dopo 48 ore è impossibile riportare a terra qualcuno ancora in vita. La Guardia Costiera impegnata lungo le coste del crotonese per soccorrere i naufraghi caduti in mare e con condizioni meteo in zona sono particolarmente avverse, continua a cercare in mare i dispersi.
La Procura di Crotone ha aperto un’inchiesta per omicidio e disastro colposi e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Ma soprattutto sarà importante approfondire se si è trattato di semplici migranti o di persone in fuga e che avrebbero richiesto lo status di rifugiati una volta arrivati in Italia, e quindi in Europa.
Di fronte ad una tragedia così grande che vede coinvolte tante famiglie in fuga da territori privi di governi democratici, oltre al profondo dolore per la perdita di vite umane, si può solo provare a capire i motivi che hanno spinto queste persone, molte coppie con figli, a tentare una via di salvezza sfidando la morte…che purtroppo per molti di loro è sopraggiunta. Condividendo con essi il dolore straziante per la perdita di mogli, figli, fratelli, sorelle o padri, diventa oltremodo urgente porre fine a tragedie di questa portata sulle nostre coste. Urge più che mai una presa in carico da parte di tutti i paesi europei, perché in un’Europa unita siamo tutti responsabili di queste tragedie umane e bisogna insieme combattere prima di tutto le cause per cui queste persone si muovono verso il nostro continente, nella disperazione più assoluta. Nel particolare di questo ennesimo dramma umano, che si è consumato sulla costa calabrese, va evidenziato che si è trattato di afghani, siriani, iraniani e iracheni, povera gente che scappa da teatri di guerra e da regimi totalitari.
Urge un’azione europea coordinata dall’Italia, paese d’approdo per sua natura, per monitorare, prevenire, fare accordi bilaterali con i paesi di partenza anche con azioni mirate di intelligence, per stoppare criminali trafficanti di esseri umani, che giocano sulla vita di povera gente che fugge dall’inferno senza capire fino in fondo a cosa sta andando incontro. La strage in mare cui abbiamo assistito poteva essere evitata solo impedendo la partenza dalla Turchia, perché in mare aperto e con le rigide temperature invernali, tutto può accadere da un momento all’altro, anche sotto gli occhi della ipotetica nave Ong di passaggio.
Aiutare concretamente persone che fuggono da posti come quelli di provenienza di questi ultimi poveri e disperati migranti, senza dubbio da considerare come rifugiati, vuol dire mettere in atto strategie a monte che rispettino la loro dignità e gli diano una prospettiva futura di vita. Tutto questo richiede liste di ricollocazione per ogni paese membro con concrete azioni di integrazione sociale e lavorativa. Altrimenti fuggono da casa loro per ripiombare in una nuova disperazione lontano dai loro legami di nascita.
E di sicuro l’Italia non può provvedere da sola ad emergenze di questa portata. In effetti nel febbraio del 2018 il Frontex europeo ha messo in campo l’Operazione Themis per il controllo delle frontiere, la sorveglianza e la ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, in un’area che copra i flussi provenienti da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania. Eppure nonostante un apparente impegno europeo il natante fatiscente proveniente da Izmir- Turchia, non è stato intercettato, o comunque anche se intercettato nulla si è fatto per impedire questa tragedia.
“Cosa ha fatto l’Unione europea in tutti questi anni? Dov’è l’Europa che dovrebbe garantire sicurezza e legalità? Che fine hanno fatto le operazioni di dialogo con i Paesi d’origine dei migranti?” ha chiesto con evidente rabbia e dolore Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria a poche ore dalla tragedia.