Diritti umani
La schiavitù in Mauritania è illegale, ma il Governo non fa niente per combatterla

La schiavitù in Mauritania è illegale, ma il Governo non fa niente per combattere e debellare il fenomeno, che sopravvive in molte zone del Paese.
di Vito Nicola Lacerenza
C’è un luogo nel mondo in cui essere di pelle scura costituisce ancora un valido motivo per essere sfruttati. È la Mauritania, l’ultimo paese ad aver abolito la schiavitù, nel 1981, dove, tutt’oggi, 1 persona su 100, secondo i dati dell’associazione per i diritti umani SOS Slave, è di proprietà di un “padrone”. Sebbene dal 2011 al 2015 ci sia stato un inasprimento delle pene per il reato di schiavitù (fino a vent’anni di carcere ndr), le autorità non si sono mostrate risolute nel far rispettare la legge, che vieta qualsiasi forma di schiavitù. Un atteggiamento che ha trovato terreno fertile nelle difficoltà che gli schiavi emancipati devono affrontare, per poter condurre una vita dignitosa. «Rendere la schiavitù un reato non è abbastanza- ha detto Boubacar Messaoud, cofondatore di SOS Slavery- Ci vogliono anche programmi economici in grado di rendere gli schiavi autonomi dal padrone, il quale, ad ogni modo, era l’unico che forniva loro cibo e protezione. Molti schiavi, una volta emancipati, cadono in miseria, perché non sanno fare alcun mestiere e non trovano lavoro. Questo, a volte, li spinge a tornare dai loro padroni che contnuamoa sfruttarli».
Due sono i lavori in cui gli schiavi vengono impiegati: domestico e addetto alla pastorizia. Quest’ultima mansione espone le vittime a seri pericoli. Infatti oltre oltre al duro compito di dover condurre centinaia di capi di bestiame a pascolare attraverso gli sconfinati deserti della Mauritania col compenso di un semplice tozzo di pane, deve vigilare che non si perda o venga derubato qualche animale, perché in quest’ultimo caso corre il rischio di essere perfino ucciso. «Una volta ho perso una mucca e sono stata picchiata selvaggiamente – ha raccontato Moulkheir Mint Yarba, una schiava liberata- Il padrone dopo avermi picchiata, ha poggiato un fucile sopra la mia testa ed ha cominciato a sparare. E,come se non bastasse, mi ha violentata. Sono rimasta incinta di una bambina; me l’hanno portata via dicendo che apparteneva a loro». Nonostante i tentativi del governo mauritano di tacere storie come questa, per la prima volta nel paese africano, hanno avuto luogo proteste contro la schiavitù e, grazie a queste dimostrazioni popolari, centinaia di persone sono state liberate. Ma rimane difficile estirpare completamento questo disumano fenomeno. “Per me essere proprietario di uno schiavo era come ricevere in dono un giocattolo- ha detto un ex padrone, ora impegnato nella lotta alla schiavitù- In Mauritania è tradizione, quando si circoncide un bambino, regalargli uno schiavo. Per me era normale. Poi, a sedici anni, ho studiato la rivoluzione francese, i cui valori di “libertà, legalità e fratellanza” mi hanno fatto capire che tutti noi siamo esseri umani allo stesso modo. Da quel momento non ho voluto essere servito più da nessuno e ora, che sono adulto, dedico tutte le mie energie affinché questa piaga venga estirpata per sempre dalla Mauritania».