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La morte di altri internati italiani— The deaths of other Italian internees

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Tempo di lettura: 9 minuti
di emigrazione e di matrimoni

La morte di altri internati italiani

Ci sono temi controversi ma non per questo non ne dobbiamo parlare. Il tema d’oggi è uno di questi ed è stato introdotto in un recente articolo (Una tragedia di Guerra ed Emigrazione— A tragedy of War and Migration), ma l’onestà storica ci impone di guardare anche il quadro mondiale di quella situazione utilizzando due casi sorprendenti in Australia durante la Seconda Guerra Mondiale che sono stati dimenticati, se non addirittura sconosciuti del tutto, in Italia.

“Ho bisogno di un migliaio di morti per sedermi da vincitore al tavolo della pace”. Questo era l’ordine che Benito Mussolini aveva dato a Pietro Badoglio, capo di Stato Maggiore, in seguito alla sua decisione di entrare in guerra con la Germania di Hitler il 20 giugno, 1940. Ma sicuramente il dittatore e l’uomo che avrebbe preso il suo posto ed il cui governo firmerà poi l’accordo con gli Alleati di combattere contro l’allora alleato italiano partendo dalla data fatale dell’8 settembre 1943, non potevano immaginare che, non solo i morti sarebbero stati molti, ma molti di più di un migliaio, ma avrebbe compreso italiani che già vivevano in altri paesi.

Infatti, il 9 settembre 1939, cioè sei giorni dopo l’entrata in guerra dei paesi dell’allora Impero (ora Commonwealth) Britannico, il governo dell’Australia aveva già approvato una legge drastica verso gli immigrati di eventuali paesi nemici. Questa legge  prevedeva, oltre l’internamento di cittadini stranieri ed il sequestro della loro proprietà, anche la possibilità di giudizi e castighi sommari, senza processo per chi l’avrebbe infranta.

Enemy aliens”, cioè alieni(stranieri)  nemici, è una brutta frase che nel 1939 gli italiani indubbiamente non pensavano sarebbe stata utilizzata contro di loro, ma la velocità con la quale le autorità dei paesi britannici hanno rastrellato gli immigrati italiani, e spesso anche i loro figli nati in quei paesi, dimostra che le autorità locali avevano già pensato a quella possibilità.

Però, nell’utilizzare quel “timbro” orrendo, queste stesse autorità NON avevano previsto che non tutti gli italiani appartenevano al fascio ed infatti, dopo poco tempo gli italiani hanno cominciato a litigare tra di loro proprio per quel motivo. Ed il 12 novembre 1942 nel campo di internamento di Loveday, quello diventato poi il campo più noto, un litigio tra italiani portò alla morte di Francesco Fantin di San Vito di Leguzzano(VI), un attivista anarchico e anti-fascista, per mano di un fascista Giovanni (“Bruno”) Casotti che al processo si dichiarò colpevole di omicidio colposo. Il caso fece scandalo all’epoca perché mise in risalto il comportamento delle autorità australiane verso gli internati, ed infatti le autorità governative probabilmente non imputarono Casotti per omicidio volontario per non attirare ancora più attenzione sul caso. Questo link porta alla voce del caso in inglese dagli archivi australiani.

E bisogna riconoscere che questo incidente ha anche un significato per l’Italia perché quel reato potrebbe essere considerato una sorta di preludio a quel che è successo in Italia dopo l’8 settembre 1943, in parole povere, una guerra civile che pochi in Italia hanno voluto riconoscere come tale per decenni dopo la guerra.

Però, la morte di Fantin non è stata l’unica tra gli internati italiani, sia immigrati nel paese che prigionieri di guerra italiani spediti nella terra australe dopo battaglie. Tragicamente il numero di morti nei campi è stato di 138 e bisogna chiedere non solo la causa di questi morti, ma anche quanti internati e prigionieri italiani sono morti nei loro campi in molti paesi in giro per il mondo, e non solo paesi dell’Impero Britannico, ma anche paesi come gli Stati Uniti ed il Brasile.

E bisogna nominare un altro caso clamoroso perché la morte del nostro connazionale, Rodolfo Bartoli di Firenze, un nostro soldato catturato in battaglia in Nord Africa, è avvenuta DOPO la fine delle ostilità per mano del Capitano John Walker Waterson, il comandante del campo di internamento di Rowville nello Stato di Victoria, considerato un uomo brutale ed incline a ubriacarsi durante il servizio. Bartoli aveva iniziato una storia d’amore con una ragazza locale ventenne, Nora Gearon e probabilmente aveva intenzione di rimanere nel paese. Il caso è descritto in questo articolo in inglese che dimostra le inconsistenze ed i dubbi delle cause riguardo questa morte che non sono mai state chiarite: ‘No regard for the truth’: Mystery surrounds the tragic death of an Italian POW interned in Australia after WWII

Anni dopo la guerra è stato deciso di costruire un Ossario per i nostri connazionali defunti nei campi di internamento al Cimitero di Murchison (foto nel titolo)  nello Stato di Victoria, e la locale comunità italiana ha svolto un ruolo importante per la sua costruzione.

Oggi l’Ossario custodisce i resti di 130 dei nostri connazionali compresi Francesco Fantin e Rodolfo Bartoli, come si vede nell’elenco del luogo nella foto sotto ed è stato dichiarato Patrimonio dal Governo Statale. E per questi motivi, bisogna chiedere: non sarebbe il caso che anche il Governo italiano riconoscesse l’Ossario come Patrimonio d’Italia?

 

E bisogna riconoscere anche il paradosso enorme dell’internamento dei nostri connazionali nei loro nuovi paesi di residenza, che tra le forze armate straniere che hanno combattuto per liberare l’Italia dal giogo nazi-fascista c’erano anche figli e nipoti di emigrati italiani con le divise degli Stati Uniti, i paesi britannici come il Regno Unito, l’Australia, Sud Africa ed il Canada, come anche il Brasile. Chissà cosa avranno pensato mentre combattevano sapendo che i loro nonni, padri, zii, fratelli e cugini erano internati a casa? Peggio ancora, in alcuni casi in Australia, tra le guardie dei campi c’erano figli di immigrati italiani.

Ed indubbiamente c’era chi tra di loro è caduto in battaglia e quindi ora riposano nei molti cimiteri di guerra in Italia, gestiti in modo meticoloso e altamente reverenziale dalla Commonwealth War Graves Commission. Cioè, dalla stessa autorità che aveva internato i loro parenti.

Queste sono le stranezze che dobbiamo non solo riconoscere, ma mai dimenticare perché sono parte della nostra Storia, sono parte dell’essere italiani, perché se non fossero stati d’origine italiana non sarebbero stati trattati in quel modo. Quindi anche questi episodi devono fare parte del progetto che abbiamo descritto recentemente, La Vera Storia dell’Emigrazione Italiana: Quando?— The Real History of Italian Migration: When?

Perciò invitiamo i nostri lettori in giro per il mondo che hanno storie da raccontare su questi e altri incidenti di inviare le loro storie a: gianni.pezzano@thedailycases.com

di emigrazione e di matrimoni

The deaths of other Italian internees

There are controversial issues but that does not mean we must not discuss them. Today’s issue is one of these and it was introduced in a recent article (Una tragedia di Guerra ed Emigrazione— A tragedy of War and Migration) but honesty in history requires that we also look at the worldwide setting of that situation by using two surprising cases in Australia during World War 2 that have been forgotten, if not completely unknown in Italy.

“I need about a thousand deaths to sit at the peace table”. This was the order that Benito Mussolini gave Pietro Badoglio, the Head of Staff of the Armed Forces, following his decision to enter the war with Hitler’s Germany on June 20, 1940. But the dictator and the man who would take his place and whose government would sign the agreement with the Allies to fight Italy’s then ally starting from the fatal date of September 8, 1943 could not have imagined that the deaths would have been much, much more than about a thousand and would include Italians who already lived in other countries.

In fact, on September 9, 1939, that is six days after the countries of the then British Empire (now Commonwealth) entered the war, Australia’s Government had already approved a drastic law regarding the immigrants from any enemy countries. In addition to the internment of enemy citizens and the seizure of their property, the law also included the possibility of summary judgments and punishments without trial of those who would have broken it.

“Enemy Aliens” is an ugly expression that the Italians in 1939 undoubtedly would not have imagined would be used against them but the speed with which the authorities of British countries rounded up the Italian immigrants and often also sons born in those countries, shows that the local authorities had already thought about that possibility.

However, in using that horrendous “label” these same authorities did NOT foresee that not all the Italians belonged to the fascist party and in fact, after a short time the Italians began to fight amongst themselves for that very reason. And on November 12, 1942 in the Loveday Internment Camp, which later became the most notorious camp, a quarrel between Italians led to the death of Francesco Fantin from San Vito di Leguzzano, Vicenza, an anarchist and anti-fascist activist at the hands of Giovanni (“Bruno”) Casotti who pleaded guilty to manslaughter at the trial. The case caused a scandal at the time because it highlighted the behaviour of the Australian authorities towards the internees and in fact the Government authorities probably did not charge Casotti with murder in order not to attract more attention to the case. This link leads to the file in the Australian National University archives.

And it must be recognized that this incident also has significance for Italy because that crime could be considered a sort of prelude to what happened in Italy after September 8, 1943, in other words, a civil war that few people in Italy wanted to recognize as such for decades after the war.

However, that death was not the only one amongst Italian internees, both immigrants into the country and Italian prisoners of war sent to the southern land after battles. Tragically the number of deaths in the camps was 138 and we must ask not only the cause of the deaths but also how many Italian internees, both immigrants and prisoners of war, died in their camps around the world and not only in countries of the British Empire but also countries such as the United States and Brazil.

And we must also mention another sensational case because the death of our countryman, Rodolfo Bartoli from Florence, one of our soldiers captured in battle in North Africa, happened AFTER the end of hostilities at the hands of Captain John Walker Waterson, the commander of the Rowville internment camp in the state of Victoria, who was considered a brutal man and prone to getting drunk while on duty. Bartoli had begun a romantic relation with a twenty year old local girl, Nora Gearon, and probably intended staying in the country. The case is described in this article that shows the inconsistencies and the doubts regarding this death that have never been explained:  ‘No regard for the truth’: Mystery surrounds the tragic death of an Italian POW interned in Australia after WWII

Years after the war it was decided to build an Ossario (war memorial) for our countrymen who died in the internment camps at the Murchison (Victoria) Cemetery (photo above) and the local Italian community played a major role in its construction.

Today the Ossario houses the remains of 130 of our fellow countrymen, including Francesco Fantin and Rodolfo Bartoli as can be seen in the list of the place in the photo below and is heritage listed by the State Government. And for these reasons we must ask: would it not be the case that Italy’s Government also recognizes the Ossario as a Heritage site for Italy?

And we must also recognize the huge paradox of the internment of our countrymen in their countries of residence that had amongst the foreign armed forces that fought to liberate Italy from the yoke of Nazism-Fascism sons and grandsons of Italian migrants wearing the uniforms of the United States, British countries such as Australia, South Africa and Canada, as well as Brazil.  Who knows what they must have thought as they fought knowing that their grandfathers, fathers, uncles and cousins were interned at home? Worse still, in some cases in Australia, sons of Italian immigrants were amongst the camp guards.

And undoubtedly some of them fell in battle and therefore now rest in the many war cemeteries in Italy supervised in a meticulous and highly reverential way by the Commonwealth War Graves Commission. In other words, by the same authorities that had interned their relatives.

These are some of the oddities what we must not only recognize but never forget because they are part of our history, they are part of being Italian because if they had not been of Italian origin they would not have been treated in that way. So even these episodes must also be part of the project that we described recently La Vera Storia dell’Emigrazione Italiana: Quando?— The Real History of Italian Migration: When?

Therefore, we invite our readers around the world who have stories to tell about these and other incidents to send their stories to: gianni.pezzano@thedailycases.com .

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