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Attualità

La folle moda dei selfie estremi ha ucciso oltre 400 persone nel mondo negli ultimi dieci anni

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L’ultimo caso è accaduto a Firenze: Roberto Frezza, un ragazzo di vent’anni è caduto dal tetto della scuola.

di Damiana Cicconetti

Nella notte tra sabato 22 e domenica 23 gennaio, Roberto Frezza, un ragazzo di vent’anni residente a Bagno di Ripoli, in provincia di Firenze, è morto dopo la caduta dal tetto della sua ex-scuola, l’Istituto Gobetti Volta, in cui era entrato scavalcando il cancello d’ingresso per scattarsi un selfie, assieme ad un amico.

Le condizioni del giovane, trasferito immediatamente in ospedale, sono apparse fin da subito molto gravi.

Roberto aveva chiesto all’amico A. L. di accompagnarlo a vedere la scuola in cui aveva studiato e, una volta giunti davanti al cancello d’ingresso, lo hanno scavalcato e sono entrati.

I due hanno, poi, attraversato una lunga tettoia in lamiera, al buio. Ma, ad un certo punto, l’amico non lo ha più visto ed avendo udito un tonfo e non riuscendo ad ottenere alcuna risposta dopo averlo inutilmente chiamato, ha compreso che doveva essere precipitato nel vuoto ed è sceso immediatamente, trovandolo disteso in terra.

L’amico è stato più volte ascoltato dai Carabinieri; le indagini sono coordinate dal sostituto procuratore Massimo Bonfiglio. Tuttavia, la causa dell’incidente è già fin troppo chiara: lo scatto di un selfie pericoloso e, invero, letale, sul tetto della scuola.

Un selfie per cui Roberto, giovane promessa del calcio, iscritto alla facoltà di ingegneria, ora non c’è più.

Questo, del resto, è solo l’ultimo dei numerosi decessi causati dalla folle moda dei selfie estremi.

Qualche mese fa, nel novembre scorso, era toccato ad Andrea Cembali, di 29 anni, precipitato dalla parete est del Corno, mentre tentava di immortalarsi in un selfie a quota 1850 metri di altitudine, nei pressi di un punto sì panoramico ma estremamente pericoloso.

Nel 2020 è accaduto ad Eleonora Parisi, deceduta in provincia di Pisa, mentre era sospesa tra due colonne in cemento che riproducevano antiche colonne romane che si sono spezzate colpendola in testa e uccidendola sul colpo.

Nel 2012 è stata la volta di Alberto Caprara, vittima anch’egli di una caduta sulla cresta innevata del Corno.  

Da non dimenticare un’altra follia denominata trainsurfing, l’insulso gioco tra i binari dei treni che non ha potuto non comportare il decesso di altri giovani: un ragazzo di vent’anni rimasto folgorato dopo aver toccato i fili dell’alta tensione; mentre, nell’estate di due anni fa, quello di un secondo ventenne, caduto mentre saltava da un vagone all’altro in corsa ed il cui cranio è rimasto irrimediabilmente schiacciato.

In base ad uno studio dell’università Miguel Hernandez di Elche (Alicante), i selfie risultano aver provocato oltre 400 morti solo negli ultimi dieci anni.

Del resto, quando si viaggia o, persino, quando si esce per una passeggiata, il selfie è d’obbligo, visto che è divenuto una di quelle regole non scritte entrate a far parte della vita di ognuno ed a cui non si può fare a meno di rinunciare. Certo: purché si tratti di selfie “normali”, con paesaggi di turno, ovvero scattati nel centro storico di una città.

Perché non vi è dubbio che tutto cambia quando ci s immortala in selfie estremi: nei luoghi più impensati, quali cime di montagne, al ridosso di dirupi o, addirittura, mentre si è alla guida della propria auto.

Una moda, quest’ultima, tanto folle quanto pericolosa.

Lo studio spagnolo, condotto dalla Dottoressa Cristina Juesas, ha evidenziato che almeno 379 sono le persone morte accidentalmente tra il gennaio del 2008 ed il luglio del 2021, proprio mentre cercavano di immortalarsi in varie parti del mondo. Soprattutto sporgendosi pericolosamente da finestrini di auto in movimento.

Solo nel 2021 ci sarebbero stati 31 incidenti di questo tipo, con una tendenza addirittura al rialzo.

Delle 379 vittime, 141 erano turisti e 238 locali.

La triste classifica è guidata dall’India con 100 morti; a seguire gli USA con ben 39 casi e la Russia con 33.

Il dato ancor più triste  è l’età delle vittime: il 41% di loro aveva meno di 19 anni; il 37% erano ventenni. Dunque, l’età media delle vittime è di 24, 4 anni.     

La principale causa di morte è, indubbiamente, da attribuire a cadute accidentali, con 216 casi; a seguire gli altri 123, legati al trasporto e ben 66 per annegamento. A questi seguono i decessi con arma da fuoco e per folgorazione, pari a 24. Da ultimo, vi sono 17 casi che riguardano  le ferite provocate da animali selvatici.

Morti tanto insulse quanto inaccettabili, perché cagionate da una moda ancor più folle ed intollerabile.

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