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La cooperazione allo sviluppo in Senegal per ‘aiutarli a casa loro’

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Tempo di lettura: 4 minuti

Un giovane componente del gruppo Nathan’s Council della Lidu onlus racconta la sua esperienza in Senegal. Scorci antropologici dei mille volti di Dakar

di Andrea Marco Silvestri

Arrivare in un luogo sconosciuto, estero, non è mai un’esperienza che passa inosservata o che possa lasciarci indifferenti. Anche il mio arrivo a Dakar è stato infatti molto movimentato e carico di emozioni. Dopo un viaggio molto lungo e alcuni ritardi aerei già tenuti in conto, l’atterraggio nel nuovo aeroporto di Dakar segna l’inizio di un’esperienza per me molto importante e formativa che mi accompagnerà per i prossimi 3 mesi.

Sono Andrea Marco Silvestri, studente di Antropologia Culturale ed Etnologia all’Università di Torino, studio inoltre presso L’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) di Milano per conseguire un Advanced Diploma in Cooperazione allo sviluppo, coordinato da Javier Schunk. Come da titolo, sono anche membro del gruppo giovanile della LIDU, il Nathan’s Council, che negli ultimi mesi, mi ha accolto nei suoi ranghi facendomi un grande onore.

I diritti umani sono infatti da sempre uno dei miei interessi principali e ritengo siano una delle più grandi conquiste dell’essere umano. La loro implementazione però non è sempre facile come dovrebbe. Mi trovo qui in Senegal per affiancare un progetto di cooperazione della associazione torinese CISV come borsista del progetto UNI.COO (Università di Torino).

CISV (www.cisvto.org) è un’associazione comunitaria da oltre 50 anni impegnata nella lotta alla povertà e per i diritti umani. Interviene nei settori agricoltura e allevamento, risorse idriche, microfinanza, diritti umani, di donne e dell’infanzia in 12 Paesi di Africa e America Latina (Benin, Burkina Faso, Mali, Senegal, Guinea, Niger, Burundi, Brasile, Colombia, Guatemala, Haiti, Venezuela). In Italia si occupa di diritti dei migranti, accoglie profughi e richiedenti asilo, svolge attività di educazione nelle scuole e animazione del territorio su sviluppo, sicurezza alimentare, consumo critico. Da alcuni anni ha sviluppato una rete di giovani contadini, promuovendo il ritorno alla terra delle nuove generazioni. È proprio grazie a CISV e all’Università di Torino infatti che mi trovo qui, a fare ricerca su temi ambientali e ad occuparmi, insieme ad una collega torinese, di mappature GIS (Geographical Information System) e di Governance ambientale.

Senza dubbio Dakar è la città adatta in cui lanciare un progetto di cooperazione di stampo ecologista. Ci si rende presto conto, stando qui, che la città versa in uno stato ambientale catastrofico e abbastanza disperato da molti punti di vista. Le sue strade dissestate e sabbiose non sono di certo il problema principale di questa realtà urbana. L’inquinamento che imperversa senza sosta e la speculazione edilizia che permette alla città di espandersi continuamente e a ritmi incredibili sono le cause principali della delicata situazione in cui i cittadini si trovano in questo remoto angolo dell’Africa Occidentale.

Immaginavo Dakar diversa, una metropoli avanzata in cui anche i meno abbienti avessero una serie di possibilità che noi occidentali consideriamo spesso, troppo spesso come “dovute”.  La realtà è che questa è la seconda città più inquinata del mondo, ha un posto nella top 5 delle città più “irrespirabili”. L’aria fortemente contaminata, l’inquinamento delle falde acquifere e i diversi problemi legati alla mancanza di un servizio funzionante di raccolta dei rifiuti, sommati al clima caldo ed umido, portano Dakar ad essere una città fortemente malsana e difficile per chi la abita. Inoltre, le particolari condizioni geografico-climatiche in cui molti paesi del Sahel si trovano fanno sì che le città di questa regione del mondo soffrano di molti problemi sanitari di diversa scala. Vivere qui, soprattutto per la popolazione locale, non è un’impresa sempre facile.

Queste prime impressioni però, che derivano dallo sguardo di un italiano abituato ad altri stili di vita, non rispecchiano affatto la vera natura di una città grande ed importante come quella in cui ci troviamo. Dare un’immagine di un contesto così lontano dal nostro per trasmettere, almeno qualcosa di quello che vedo ai lettori italiani, non è di certo impresa semplice. Mi trovo qui solo da poche settimane ma è come se ci abitassi da più tempo. La percezione di alcune sfaccettature della vita senegalese che i primi giorni mi sembravano estranee e quasi assurde, adesso sono invece familiari e rassicuranti. Il Muezzin che alle 4 del mattino canta l’invito alla preghiera interrompendo il sonno dei non musulmani era qualcosa di vagamente fastidioso all’inizio del mio viaggio. Adesso è una presenza notturna che mi fa capire che ore sono, quasi un appuntamento a metà della notte che ti ricorda di essere in un paese che non è il tuo, ti ricorda di essere un viaggiatore…non uno straniero.

Le contorte strade della città che inizialmente mi sembravano caotiche e disordinate ora sono posti conosciuti e “vicini”. Abitare a Dakar dà la possibilità di conoscere una delle città più grandi dell’Africa, capitale dell’economia traino dell’Africa Occidentale, ma permette anche di conoscere cittadini provenienti da tutti gli angoli del mondo. Le numerose ONG ed organizzazioni internazionali presenti qui sono un mondo parallelo tutto da conoscere e capire.

Nei prossimi mesi in cui mi troverò in questo paese cercherò di portare con me i valori del CISV e della LIDU in modo da rendere la mia esperienza utile per gli altri e non soltanto per me, credo sia di questo che ci dovremmo tutti occupare qui in fondo. Approfitto di quest’occasione per ringraziare la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo e specialmente Alessandro Strozzi per avermi coinvolto in questa organizzazione, dandomi la possibilità di migliorarmi professionalmente e come essere umano.

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