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Azzera la bolletta

Attualità

La contesa internazionale per le acque del Nilo

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La geopolitica delle risorse: tensioni e conflitti per il controllo e la gestione delle risorse idriche

 di Alexander Virgili

Mentre l’opinione pubblica occidentale è oramai totalmente presa dalle azioni belliche in Ucraina, agli osservatori di relazioni internazionali non è sfuggito un altro evento potenzialmente foriero di situazioni conflittuali: l’inaugurazione della grande diga etiope sul Nilo Azzurro, il 20 febbraio scorso. Fin dai primi anni scolastici tutti apprendono quanto importante sia il Nilo e la sua acqua nella storia dell’Egitto, meno note sono invece le lunghe contese e le ambizioni di sfruttamento delle acque stesse, esse si collocano nel più generale problema della scarsità di acqua dolce e nel “water grabbing” (l’accaparramento di riserve d’acqua) oramai sempre più diffuso.

La diga etiope, denominata Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD), risulta il più grande impianto idroelettrico mai realizzato in Africa, i cui lavori sono attualmente completati per circa l’85%. Sin dall’inizio della sua costruzione, nel 2011, è stata oggetto di polemiche e contese tra Egitto ed Etiopia poiché le acque del Nilo Azzurro costituiscono una parte, variabile ma consistente, della portata del Nilo che arriva in Egitto, assieme a quelle del Nilo Bianco, che dal lago Vittoria giunge invece attraverso l’Uganda.  La diga ha prodotto un vasto bacino che, secondo gli osservatori egiziani, potrebbe compromettere la portata del Nilo per diversi anni. I due Paesi si sono più volte accusati di non rispettare le norme internazionali sulla gestione e sfruttamento dell’acqua del Nilo e l’Egitto ha contestato il suo mancato assenso alla realizzazione della diga. 

C’erano stati due accordi internazionali in merito, uno del 1929, con il Sudan e l’altro del 1959, entrambi però espressione degli interessi coloniali britannici. Il primo conferiva all’Egitto il potere di veto sulla realizzazione di infrastrutture lungo il corso del Nilo, il secondo determinava che circa il 66% delle acque del fiume spetti all’Egitto ed il 22% al Sudan. L’Etiopia però, non essendo stata coinvolta nei due accordi non li riconosce e si considera libera di costruire dighe ed infrastrutture.  Non solo, nel 2010 l’Etiopia si è accordata con altri Paesi del bacino del Nilo (esclusi Egitto e Sudan) per realizzare opere lungo il fiume senza il consenso egiziano.  Gli accordi coloniali avevano del resto concesso all’Egitto e al Sudan la maggioranza dei diritti di utilizzo dell’acqua sul Nilo senza però che la vicina Etiopia ricevesse alcuna assegnazione specifica o contropartite. I diritti idrici lungo il Nilo sono di fatto in discussione dal 1959, oggi però il conflitto minaccia di degenerare in una guerra.       

Un tentativo di mediazione dell’OUA tra i vari Paesi procede oramai da circa un decennio ma non ha portato risultati utili, anche perché l’Etiopia sembra rifiutare l’ingerenza esterna consistente nel dover concordare con altri Paesi come gestire la diga e l’acqua che le appartengono. Nel 2020 i rapporti tra Sudan ed Etiopia sono peggiorati pure per i flussi di profughi dalla regione etiope del Tigré verso il Sudan, il quale è a sua volta alle prese con gravosi problemi interni e con il colpo di Stato nel 2021, a ciò si aggiunga la contesa tra i due Paesi per la zona di Fashaqua, coltivata dagli etiopi ma rivendicata dal Sudan. L’ipotesi di una base militare egiziana in Somaliland ha poi ulteriormente acuito la tensione, poiché l’Etiopia la interpreta come una potenziale minaccia. 

In Egitto ci si preoccupa anche dei piani etiopi per il riempimento del bacino creato dalla diga, riempimento iniziato nel 2020, si teme che il flusso alterato del Nilo possa aumentare il deficit idrico esistente per l’Egitto, la cui quantificazione e riduzione sono tuttavia ancora in gran parte non vincolate e oggetto di dibattito. Un deficit idrico di consistente entità, se non mitigato, potrebbe potenzialmente destabilizzare una parte politicamente già instabile del mondo riducendo le terre coltivabili in Egitto fino al 70%.  Sulla base delle strategie di riempimento a breve termine da 3 a 5 anni, attualmente favorite dall’Etiopia, il deficit idrico a valle in Egitto potrebbe quasi raddoppiare; circa l’83% della perdita d’acqua aggiuntiva sarebbe dovuta alla diga che limita il flusso e l’evaporazione e il 17% perso a causa di infiltrazioni nelle rocce e nella sabbia.      

Alcuni studi hanno ipotizzato che le perdite economiche per l’agricoltura potrebbero raggiungere i 51 miliardi di dollari. La perdita del prodotto interno lordo spingerebbe la disoccupazione al 24%, sfollando molte persone e sconvolgendo le economie.

Oltre a ciò va ricordato che il fiume Nilo è un sistema ambientale unico e una risorsa idrica essenziale per le sue rive del bacino. La crescita della popolazione, i cambiamenti nei modelli di precipitazione indotti dal riscaldamento globale, la desertificazione crescente, le dighe e le controversie sui diritti di utilizzo presentano sfide estreme nell’utilizzo e nella gestione della risorsa idrica primaria dell’intero bacino. Questi fattori di alterazione risultano particolarmente preoccupanti per l’Egitto che è già altamente popolato ed è il destinatario più a valle del flusso d’acqua del Nilo. Circa 280 milioni di persone in 11 paesi del bacino dipendono dal corso d’acqua, una fonte primaria di irrigazione da oltre 5.000 anni. L’Egitto fa affidamento sul Nilo per oltre il 90% della sua acqua. La popolazione della regione potrebbe aumentare del 25% nei prossimi 30 anni, aumentando la domanda in un momento in cui l’Egitto si aspetterebbe meno acqua dal Nilo.

Attualmente l’Etiopia prevede di non solo di aumentare la sua produzione di energia, ma con i suoi 74 miliardi di metri cubi (BCM) la diga presenta opportunità di sviluppo agricolo promettenti per l’Etiopia. Il governo di Addis Abeba vorrebbe proporsi come fornitore di energia “pulita” per la regione del Corno d’Africa, ma anche per Sudan ed Egitto. Inoltre, il progetto dovrebbe favorire la transizione da un’economia prevalentemente agricola a un’economia più diversificata, facendo dell’Etiopia un Paese a medio reddito. Il governo sta cercando di attrarre imprenditori, ma ha bisogno di energia a buon mercato e con flussi regolari, oltre che di manodopera a basso costo.

La disputa è emblematica di controversie più ampie sulla scarsità d’acqua dolce poiché il cambiamento climatico colpisce i paesi in via di sviluppo che stanno vivendo una rapida crescita demografica ed economica. Le controversie lungo i fiumi Mekong, Zambesi ed Eufrate-Tigri, tra gli altri, mostrano il potenziale di instabilità politica e conflitto che deriva dall’uso e gestione delle acque.

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