Arte & Cultura
Jocelyn Pulsar: Lavorare per le feste

Edito per Diavoletto Label, il nuovo album di Jocelyn Pulsar affronta temi apparentemente comuni in maniera schietta e sincera, ma anche un po’ monotona, senza convincere appieno
di Luca Cameli
Ascoli Piceno, 1 dicembre – A tre anni dal precedente “Aiuole spartitraffico coltivate a grano” Jocelyn Pulsar, all’anagrafe Francesco Pizzinelli, torna sulle scene con un nuovo album, “Lavorare per le feste”, pubblicato per Diavoletto Label. Nelle 8 tracce che compongono questo lavoro, il cantautore forlivese esplora la quotidianità delle cose in maniera acuta, fotografando perfettamente nei suoi testi le piccole vicissitudini dell’animo umano. L’album si apre con “Cosa volete che scriva” un brano che tenta di sfatare quello che forse è il più grande luogo comune della musica, cioè che la sofferenza è la scintilla che fa nascere le grandi canzoni. “L’ elogio dell’autogol” , ci ricorda la storia di Comunardo Niccolai, calciatore degli anni ’70, una sorta di antieroe del nostro calcio, ricordato soprattutto per le sue autoreti; questo è forse il pezzo migliore del disco, con un taglio che ricorda gli anni novanta, discostandosi dalle atmosfere intime degli altri brani. “Amore a una piazza e mezza” ci racconta della convivenza, e di quanto romanticismo può nascondersi nella quotidianità. “Lavorare per le feste”, il brano che da il titolo al disco, è il più difficile ed il meno immediato, e ascoltandolo con attenzione si percepisce una (non tanto) velata critica al frenetico modo di vivere dei giorni nostri, che troppo spesso non ci fa prestare la giusta attenzione alle cose davvero importanti (“…il tipo sulla nave, che passa una balena e non la vede perché stava al cellulare…”). “La manifesta superiorità dei pastelli sui colori a matita” nasconde dietro un titolo che fa sorridere, un’amara verità. Ci racconta di come non si presti la giusta attenzione al talento, nel mondo della scuola, concentrandosi sull’impartire semplici nozioni, tendendo ad un’uniformare la massa; a ben vedere il concetto espresso in questa canzone va ben oltre il mondo scolastico. “Centro di assistenza” è un pezzo divertente, che racconta la classica storia di un’ uomo che tiene i piedi in due scarpe, come si dice in questi casi, pensando di farla franca, naturalmente senza riuscirci. “Chiodo” è un pezzo che parla di amore, ma da un punto di vista diverso da quello che di solito si trova nel panorama della musica italiana, perché qui si parla dei traumi con cui si deve convivere, dopo un ritorno, che sembrano sparire, ma in realtà diventano parte di noi. Il disco si chiude con “La centralinista del Vajont” , un pezzo molto toccante, che ci racconta una delle mille storie parallele della tragedia di Longarone. Dopo aver fatto una breve disamina dei pezzi che compongono “Lavorare per le feste”, possiamo dire che questo è un bel disco, scritto davvero bene. I testi sono sempre indovinati, parlano di temi che tutti noi conosciamo con ironia e una punta di amarezza che accompagna l’ascoltatore per tutto l’album, senza scadere nella banalità facendo comunque a meno di giri di parole complessi ed a volte inutili. Talvolta la metrica sembra un po’ forzata, ma poi ti rendi conto che tutto si incastra alla perfezione e senza neanche accorgertene ti ritrovi a cantare le canzoni di questo disco. Quello che un po’ non convince, è l’impatto musicale: Jocelyn Pulsar rimane fedele al suo stile, e questo in fin dei conti è un pregio in un’epoca in cui si rincorre il consenso ad ogni costo, ma si ha la sensazione che si poteva osare di più, troppo spesso sembra che non ci sia altro che la chitarra acustica e la voce. Ad un primo ascolto si ha l’impressione che ci si trovi al cospetto di un lavoro low-fi, come si ama dire nel panorama indipendente, quando non è assolutamente così. Alcuni pezzi meritavano arrangiamenti più dettagliati, che avrebbero fornito maggiore profondità a questo lavoro, creando atmosfere più consone ai testi, rendendolo forse più complesso, ma contribuendo sicuramente ad innalzarlo ad un livello superiore suscitando negli ascoltatori maggiore attenzione, invogliandoli a non fermarsi al primo ascolto, perché sarebbe davvero un peccato se “Lavorare per le feste” passasse inosservato e venisse trattato alla stregua dei troppi dischi fatti di banalità che non dicono nulla.