Italiani nel Mondo
Italia, il Paese che Ami e che Odi – Italy, the Country that you Love and You Hate
Italia, il Paese che Ami e che Odi
Sarebbe quasi superfluo dire che chi emigra lo fa per cercare lavoro che manca al paese di nascita ed è sempre la risposta che i genitori danno ai figli se e quando chiedono perché sono partiti per un altro paese o continente
Il nostro prima viaggio in Italia coincideva con la celebre gara sonora Canzonissima. Stranamente per noi venuti dall’estero due delle canzoni, l’eventuale vincitore “Erba di casa mia” di Massimo Ranieri e il quinto classificato “Paese” di Nicola Di Bari (che presentiamo al lettore sotto) potevano benissimo descrivere i sentimenti degli emigrati pensando al loro paese, sia come nazione che come il paesino d’origine. Purtroppo, come da giovane potevo intravedere nei rapporti tra gli adulti in quel viaggio indimenticabile, la verità di quelle emozioni sono molto complesse e spesso il rapporto non è solo d’amore ma anche di odio.
Ho pensato a questo in questi giorni durante gli scambi sui social con italiani e discendenti italiani in molti paesi mentre seguivamo gli sviluppi della malattia tremenda che ora sta colpendo l’Italia e che piano piano sta infliggendo gli stessi risultati in altri paesi.
In uno di questi scambi un’interlocutrice americana ha espresso sdegno verso il paese d’origine dei genitori e i conflitti tra parenti in una visita in Italia. Mi sono reso conto, per l’ennesima volta quanti discendenti di emigrati in giro per il mondo ancora pensano che l’Italia, e in modo particolare i paesini d’origine, siano ancora quelli che i genitori, nonni e bisnonni hanno lasciato decenni fa e in alcuni casi anche un secolo fa.
Chi parte e chi rimane
Sarebbe quasi superfluo dire che chi emigra lo fa per cercare lavoro che manca al paese di nascita ed è sempre la risposta che i genitori danno ai figli se e quando chiedono perché sono partiti per un altro paese o continente. Certo, per la grande maggioranza dei casi proprio questo è il motivo, però per una percentuale di loro, una percentuale che ora non sapremo mai, le motivazioni per la partenza non erano così nette e chiare. E le percezioni che danno i loro figli, nipoti e pronipoti sono viziate dai motivi della partenza.
Prima di tutto, chi è partito prima dell’era moderna dell’internet e comunicazioni moderne, non ha visto i cambiamenti enormi in Italia e nei paesi d’origine di decine di milioni di emigrati. Paesi e città distrutti dalla guerra sono diventati importanti centri non solo industriali, ma anche turistici. Ho visto questo nelle reazioni dei miei genitori quando non hanno riconosciuto molti aspetti dei loro paesi. Nel caso di mia madre e i suoi tre viaggi in Italia a Scauri (LT) la tristezza più grande era di notare come stava sparendo il dialetto locale, che ormai pochi parlano nel paese.
Allo stesso modo chi rimane in Italia non vede o capisce i cambiamenti nei fratelli e sorelle a causa delle condizioni nei loro nuovi paesi d’origine, e questo spesso crea difficoltà nei rapporti tra di loro. Però, questi rapporti difficili non sempre sono nati dopo l’emigrazione e non raramente sono stati i motivi della partenza.
C’era chi partiva per motivi politici, non solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, ma anche durante e prima del Ventennio fascista, e in modo particolare tra gli anarchici che non trovavano più posto in Italia o volevano spargere la loro ideologia nel mondo. A volte l’emigrazione era obbligatoria per chi non trovava lavoro proprio per la sua ideologia politica…
Nei casi di paesini, e non solo limitati al sud come dicono i luoghi comuni, pettegolezzi e difficili rapporti personali e anche matrimoni difficili potevano creare condizioni tali che la persona al centro di queste vicende si trovava costretta a dover fuggire dalle malelingue e insinuazioni. Questi problemi poi non si limitavano solo a rapporti personali, ma anche a fallimenti di imprese o litigi e/o scandali tra soci.
Naturalmente, c’era chi emigrava perché coinvolto in vicende di malavita e non voleva essere arrestato, oppure, voleva estendere il potere delle cosche all’estero e basta vedere le cronache anche oggigiorno per capire che in questo alcune cosche hanno avuto grandissimo “successo”.
E senza dubbio molti di questi hanno cambiato i cognomi all’estero, e non solo negli Stati Uniti, proprio per nascondere le loro tracce da chi li cercava.
Risultati
Possiamo andare avanti in questo modo per pagine ancora, ma già con questo capiamo che le motivazioni dell’emigrazione non sempre sono aperte e in tutti questi casi, l’atteggiamento che l’emigrato trasmette ai figli e i nipoti è decisivo sul come i discendenti vedono il Bel Paese.
E tutti questi casi hanno un aspetto in comune, oltre l’emigrazione. I genitori e/o i nonni non dicono mai ai figli il motivo vero della loro partenza dal paese di nascita. A volte, come il mio caso, i figli al massimo intravedono qualcosa che non capiscono, ma in alcuni casi abbiamo letto storie di discendenti raccontare che i loro nonni avevano ordinato ai loro figli di non tornare mai ai loro paesi e paesini. E alcune volte negli scambi sui social tra discendenti di emigrati italiani abbiamo letto consigli a chi aveva difficoltà a rintracciare la famiglia in Italia, e che non sempre trovi quel che pensavi quando vuoi trovare la famiglia in Italia.
Per questi motivi le riunioni tra rami di famiglia possono causare attrito tra parenti. A volte la rabbia che ha motivato la partenza non è dissipata del tutto. A volte l’accoglienza non è calorosa come i figli e i nipoti immaginavano prima di tornare in Patria. A volte, e tristemente non è così raro, l’emigrato al ritorno a casa trova che la proprietà è stata venduta senza il suo permesso o con firme false, e i fondi divisi tra i parenti rimasti in casa.
Questi risultati hanno reso i rapporti tra parenti all’estero e parenti rimasti in Italia difficili, e i figli, nipoti e pronipoti colgono gli effetti di queste circostanze e di conseguenza sono accolti in base a queste circostanze terribili.
Futuro
Non vogliamo dire che quel che abbiamo scritto sia la normalità, infatti, semmai l’opposto è vero. Però, abbiamo due obblighi verso i discendenti degli emigrati che si trovano in tali circostanze.
Il primo è di cercare di fare capire loro che non sempre sanno quel che è accaduto ai loro nonni o genitori. In quei casi in cui i nonni e genitori decisero di non insegnare l’italiano ai figli, ma genitori e nonni si parlavano in italiano, il motivo poteva benissimo essere di tenere nascosto ai figli quel che era accaduto. Purtroppo, decenni dopo i nipoti o pronipoti poi cercano di rintracciare le loro origini e trovano barriere, oppure reazioni ostili da parte di parenti, ormai distanti in tutti i sensi.
Di conseguenza il secondo obbligo che abbiamo verso i discendenti degli emigrati è, prima di tutto aiutare loro a trovare i loro parenti, ma anche fornire a loro consigli e assistenza nel caso di scoperte inattese e difficili.
Si, ci sono stati problemi del passato, ma non per questo loro non hanno il diritto di sapere le loro origini e di imparare a riconoscere il loro patrimonio culturale personale.
Non esiste una risposta semplice e universale alle miriadi di rapporti difficili tra famiglie e a volte tra l’Italia e le sue comunità sparse per il mondo. Però, questo non vuol dire che dobbiamo lasciare soli quelli che sentono il richiamo del loro passato (Il Richiamo della Storia – The Call of History) che ciascuno di noi sente prima o poi nella vita e tanti non riescono a riconoscere, tantomeno rispondere nel modo giusto.
Questi discendenti di emigrati italiani hanno perso una parte del loro passato a causa di circostanze fuori del loro controllo, spesso prima della loro nascita, allora diamo a loro un futuro in cui possono imparare chi sono e il patrimonio culturale che dovrebbe far parte della loro vita.
Aiutiamo loro a conoscere l’Italia d’oggigiorno e a capire che l’Italia che i genitori, nonni e bisnonni hanno lasciato, non esiste più.
Se volete condividere le vostre esperienze di queste circostanze inviate le vostre storie a : gianni.pezzano@thedailycases.com
Italy, the Country that you Love and You Hate
It would almost be superfluous to say that those who migrated did so to look for the work that was lacking in the town of country of birth and it is always the answer that the parents give the children if and when they ask why they left for another country or continent.
Translator’s note: in Italian the word “paese” can mean both “country” and “town” in English and this difference can at times cause confusion for people who do not know Italian well.
Our first trip to Italy coincided with the famous Canzonissima song contest. Strangely for us from overseas two of the songs, the eventual winner “Erba di casa mia” (The grass of my home) by Massimo Ranieri and the fifth placed “Paese” (“Town” in English in this case) by Nicola Di Bari that we present below could describe very well the feelings of migrants when they think about their country and their towns of origin. Unfortunately, just as I as a young man glimpsed the feelings between the adults during that unforgettable trip, the truth of those emotions are more complex and often the relationships are not only of love but also of hate.
I have thought about this in recent days during the discussions with Italians and descendants of Italian migrants in many countries as we followed the developments of the terrible disease that is now affecting Italy and this is slowly also inflicting the same results on other countries
During one of these discussions an American interlocutor expressed disdain for her parents’ town of origin and the arguments between relatives during a visit to Italy. I understood once more how many descendants of migrants around the world still think that Italy, and especially the towns of origin, are still those that the parents, grandparents and great grandparents left decades ago and in some cases even a century or more ago.
Those who left and those who stayed
It would almost be superfluous to say that those who migrated did so to look for the work that was lacking in the town of country of birth and it is always the answer that the parents give the children if and when they ask why they left for another country or continent. Of course, for the vast majority of cases this was the reason, however, for a percentage of them, a percentage that we will now never know, the reasons for the departure were not always so clear-cut and transparent. And the perceptions they give the children, grandchildren and great grandchildren are determined by the reasons for the departure.
Firstly, those who left, especially before the era of the modern internet and communications, the migrants did not see the enormous changes in Italy and in the towns of origin of millions of migrants. Towns and cities that had been devastated by war became major centres not only of industry but also of tourism. I saw this in the reactions of my parents when they did not recognize many aspects of their hometowns. In my mother’s case, during her three trips to Scauri(LT) the greatest sadness came when she noticed that the local dialect was disappearing and is now spoken by a few people in the town.
In the same way those who stay in Italy do not see and understand the changes in their brothers and sisters due to the conditions in their new countries of residence and this often causes difficulties in the relations between them. However, these difficult relationships did not always come after migration and it was not rare that they were the reason for the departure.
There were those who left for political reasons, not only after the end of the Second World War but also during the 20 years of the fascist dictatorship and especially amongst the anarchists who no longer had a place in Italy and wanted to spread their ideologue around the world. At times the migration was the only choice for the very reason of their political ideas…
And the cases of small towns, and this is not limited only to the south of the country as the clichés say, gossiping, difficult personal relationship and even unhappy marriages created conditions that were such that the person at the centre of the matter was forced to flee from gossip and insinuation. And these problems were not limited to personal relationships but also to bankruptcies and/or arguments and/or scandals between business partners.
Naturally there were those who migrated because they were involved in crime and did not want to be arrested or wanted to extend the power of the gangs overseas and we only have to see the news in today’s papers to understand that some of these gangs have had great “success”.
And undoubtedly many of these people changed their surnames overseas, and not only in the United States, precisely to hide their tracks from those who were looking for them.
Results
We can go on for pages in this way but this already lets us understand that the reasons for migrating are not always above board and in these cases the attitude that the migrant passes on to the children and grandchildren is decisive for how the descendants see Italy.
In addition to migration all these cases have one thing in common. The parents and/or grandparents never tell the children the real reason for leaving their country of birth. Sometimes, as in my family’s case, the children at most glimpse something they do not understand. In some cases we have read stories from descendants who tell that their grandparents had ordered their children to never go back to their hometowns. And in some cases during discussions on the social media between descendants of Italian migrants we have read advice to those who had difficulty tracing their families in Italy that you do not always find what you think when you look for your family in Italy.
For these reasons reunions of the various branches of the family can lead to friction between relatives. Sometimes the anger that caused the departure had never completely dissipated. Sometimes the welcome is not as warm as the children and grandchildren imagined before returning to the home country. Sometimes, and sadly this is not rare, the migrant returns home to find that property had been sold without his or her permission or with false signatures and the money divided amongst those who stayed at home.
These results have made the relations between relatives overseas and relatives who stayed at home difficult and the children, grandchildren and great grandchildren feel the effects of these situations and subsequently and how they are welcomed are based on these terrible circumstances.
Future
We do not want to say that what we have written is the norm, if anything the opposite is true. However, we have two obligations towards the descendants of migrants who find themselves in these circumstances.
The first is to try and make them understand that they do not always know what happened to their grandparents or parents. In the cases in which the grandparents and parents decided not to teach the children Italian the reason could very well have been to hide what happened in Italy from the children. Unfortunately, decades later the grandchildren or great grandchildren start to trace their origins and they found barriers or hostile reactions from relatives who were distant in every way.
Subsequently the second obligation that we have towards the descendants of migrants is first of all to help them find their relatives and also to give them advice and support in the case of unexpected and difficult discoveries.
Yes, there were problems in the past but this does mean that they do not have the right to know their origins and to learn their personal cultural heritage.
There is no simple and universal answer to the myriads of difficult relations in families and sometimes between Italy and its communities around the world. However, this does not mean that we must leave alone those who feel the call of their past ( Il Richiamo della Storia – The Call of History ) that each one of us feels at some point in our lives and many cannot identify, much less answer in the right way.
These descendants of Italian migrants lost a part of their part due to circumstances beyond their control and often before they were born, so we must give them a future in which they can learn who they are and the cultural heritage that should be part of their lives.
Let us help them to know today’s Italy and to understand that the Italy that their parents, grandparents and their great grandparents left no longer exists.
If you wish to share you experience of these matters send your stories to: gianni.pezzano@thedailycases.com