Diritti umani
Iran: quale futuro per un paese che uccide i suoi figli? — Iran: what future for a country that kills its own children?
Iran: quale futuro per un paese che uccide i suoi figli?
di Marco Andreozzi
E’ successo ancora. In Iran altri due ragazzi colpevoli di esprimere il loro dissenso rispetto al regime sono stati giustiziati. Come restare indifferenti a questo totale disinteresse per la vita umana e per i diritti umani? Prima l’invasione dell’Ucraina, poi i soprusi sulle donne iraniane e le uccisioni. Cosa ci aspetterà ancora dall’Oriente autocratico in pesante crisi economica? E qual è la colpa fondamentale di questi popoli? Per gli ucraini di sentirsi ruteni? Per gli iraniani di sentirsi persiani? La colpa più grave sembra essere collegata altresì con un certo sentimento di ‘affinità’, soprattutto da parte dei giovani, con valori ed ideali cosiddetti ‘occidentali’, che sono assolutamente universali ed insiti nella natura umana. E come può il mondo delle Nazioni Unite perdere tempo e risorse in quelle macro-passerelle politiche annuali chiamate COP (sempre, ovviamente, senza risultati)?
Da qualche settimana le scuole iraniane sono chiuse causa inquinamento, secondo il regime, ma il fine è chiaro rispetto alle proteste degli studenti in atto da mesi. Intendiamoci, gli iraniani hanno ben chiare le origini della situazione attuale. Storicamente, alcune nazioni dell’Occidente hanno colpe, anche collegate al timore di una crescente influenza dell’URSS nell’Iran dello Scià degli anni Settanta. Iran che era parte del gruppo dei CENTO (Central Treaty Organization), guidato dalla Gran Bretagna (con gli USA in cabina di regia), insieme ad Iraq, Pakistan e Turchia. Il precedente degli anni Cinquanta è però significativo per comprendere quelle tensioni ed è specchio dei tempi; prima ancora si erano dispiegati fatti collegati alla transizione energetica davvero pionieristica dei primi del Novecento, benzina di nuova crescita del già ricco Occidente, pur facendo però transitare il pianeta attraverso due guerre
mondiali.
Nel 1908 gli inglesi trovano il petrolio nel vasto giacimento di Masjed-e Soleyman dell’allora Persia e l’anno dopo viene fondata dal Tesoro britannico con la Burma Oil coloniale e la Shell-Transport, la Ango-Iranian Oil Company, prima compagnia petrolifera in Medio Oriente. Nel 1913 comincia a produrre la nuova raffineria di Abadan, poi nazionalizzata parzialmente durante la guerra dai britannici. Una perfetta storia di colonialismo. Nel 1951 dell’Iran della nuova dinastia Pahlavi, il primo ministro Mossadeq nazionalizza la compagnia, fatto che porta il sistema-petrolio delle ‘Sette Sorelle’, come le chiamerà Enrico Mattei (BP, Gulf e Shell più le quattro del consorzio saudita ARAMCO) a boicottare le esportazioni di petrolio iraniane, con lo Scià rifugiatosi a Roma dopo il colpo di stato fallito organizzato dalla CIA.
Nel 1953 Mossadeq viene deposto, lo Scià ritorna e la crisi si risolve. La compagnia resta in mani persiane, ma opera in accordo commerciale con il cartello petrolifero (insieme alla francese Total), padrone assoluto del sistema energetico mondiale dal 1940 fino alla crisi petrolifera voluta dall’OPEC nel 1973 (a seguito della guerra del Kippur, in chiave anti-Israele). L’Agip è tenuta fuori dai giochi, compagnia nazionale di quella antichissima Italia il cui primo peccato è di essere stata fascista fino a solo dieci anni prima, e il secondo peccato, ancor più grave, è quello di aver intrapreso una crescita economica devastante, un ‘miracolo economico’ all’interno del proprio stile di ‘dolce vita’, modello di sviluppo oltremodo vincente. Monito per i nostri giorni: attenzione ad affidare transizioni energetiche a cartelli o addirittura a monopoli.
Il regime di Reza Pahlavi è autocratico, ma laico, e produce riforme a favore delle donne, sancendo il diritto all’istruzione, al lavoro, al divorzio e dando loro il diritto di voto. Guardare il mondo con i soli nostri occhi è sempre sbagliato, ricordarselo. Ad ogni modo, la gente torna nelle piazze a causa della crisi economica e lo Scià cade. L’Ayatollah Khomeini rientra a Teheran dall’esilio francese e l’11 febbraio 1979 proclama la Repubblica Islamica dell’Iran. Le mini gonne indossate dalle ventenni della capitale purtroppo spariscono, ma non solo perché cambia la moda.
Iran: what future for a country that kills its own children?
by Marco Andreozzi
It happened again. In Iran two other boys guilty of expressing their dissent with the regime were executed. How can we remain indifferent to this total disregard for human life and human rights? First the invasion of Ukraine, then the abuse of Iranian women and the killings. What will still await us from the autocratic East in a heavy economic crisis? And what is the fundamental fault of these peoples? For Ukrainians to feel like Ruthenian? For Iranians to feel Persian? The more serious fault also seems to be connected with a certain feeling of ‘affinity’, especially by young people, with so-called ‘Western’ values and ideals, which are absolutely universal and inherent in human nature. And how can the world of the United Nations waste time and resources on those annual political macro-walkways called COPs (always, of course, without results)?
Iranian schools have been closed for a few weeks due to pollution, according to the regime, but the aim is clear with respect to the student protests that have been going on for months. Mind you, the Iranians are well aware of the origins of the current situation. Historically, some Western nations are at fault, also linked to fears of a growing influence of the USSR in the Shah’s Iran of the 1970s. Iran which was part of the CENTO (Central Treaty Organization), led by Great Britain (with the USA in the control room), together with Iraq, Pakistan and Turkey. However, the precedent of the 1950s is significant for understanding those tensions and is a mirror of the times; and before, facts connected to the truly pioneering energy transition of the early twentieth century had unfolded, fueling new growth of the already rich West, while making the planet transit through two world wars.
In 1908 the British found oil in the vast field of Masjed-e Soleyman of what was then Persia and the following year the Anglo-Iranian Oil Company was founded by the British Treasury with colonial Burma Oil and Shell-Transport, the first oil company in the Middle East. In 1913, production began at the new Abadan refinery, which was later partially nationalized by the British during the war. A perfect history of colonialism. In 1951 Iran of the new Pahlavi dynasty, Prime Minister Mossadeq nationalized the company, which led the oil system of the ‘Seven Sisters’ – as Enrico Mattei (the chair of Italy’s national oil company Agip) would call them (BP, Gulf and Shell plus the four of the Saudi consortium ARAMCO) – to boycott Iranian oil exports, with the Shah leaving the country and taking shelter in Rome after the failed coup organized by the CIA.
In 1953 Mossadegh was deposed, the Shah returned and the crisis was resolved. The company remains in Persian hands, but operates under a commercial agreement with the oil cartel (together with the French Total), absolute master of the world energy system from 1940 until the oil crisis wanted by OPEC in 1973 (against Israel, following the Yom Kippur war). Agip is kept out of the game, the oil company of that very ancient Italy whose first sin is that it was fascist until only ten years earlier, and the second sin, even more serious, is that of having undertaken a outstanding economic growth, ‘il miracolo economico’ within its ‘dolce vita’ style, an extremely successful development model. A warning for today: beware of entrusting energy transitions to cartels or even monopolies.
Reza Pahlavi’s regime is autocratic, but secular, and produces reforms in favor of women, sanctioning the right to education, work, divorce and giving them the right to vote. Looking at the world with only our eyes is always wrong, remember that. However, people return to the streets due to the economic crisis and the Shah falls. Ayatollah Khomeini returns to Tehran from French exile and on 11 February 1979 proclaims the Islamic Republic of Iran. The mini-skirts worn by twenty-something girls in the capital sadly disappear, but not only because of a fashion trend change.
Marco Andreozzi, è Dottore in Ingegneria Meccanica, Economia/Amministrazione (Politecnico di Torino), tecnologo industriale e specialista del settore energetico, proviene da esperienze professionali in cinque multinazionali in Italia e paesi extra-europei, e come direttore generale; nomade digitale dal 2004, e sinologo, parla correttamente il mandarino.
Marco Andreozzi, is Doctor of mechanical engineering (polytechnic of Turin – Italy), industrial technologist and energy sector specialist, comes from professional experiences in five global corporates in Italy and extra-European countries, and as business leader; digital nomad since 2004, and China-hand, he is fluent in Mandarin.