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Infosfera e disinformazione

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Infosfera equivale alla globalità dello spazio delle informazioni, cioè all’insieme dei mezzi di comunicazione e delle informazioni che da tali mezzi vengono prodotte.

di Alexander Virgili

Dopo alcune limitate presenze negli scorsi decenni, il termine infosfera negli ultimi anni sta diventando sempre più comune.  Con questa espressione si fa riferimento alla globalità dello spazio delle informazioni, cioè all’insieme dei mezzi di comunicazione e delle informazioni che da tali mezzi vengono prodotte. L’infosfera si presenta come una specie di grande labirinto informazionale che include sia il cyberspazio (Internet e telecomunicazioni digitali) sia i mass media classici.

La parola fu usata per primo da R.Z. Sheppard, nel 1971, in un articolo su Time Magazine, nel quale affermava che: “Così come un pesce non può concepire l’acqua o gli uccelli l’aria, così l’essere umano allo stesso modo difficilmente comprende la sua infosfera, quello strato concentrico e avviluppante di ‘smog’ elettronico e tipografico composto da cliché tratti dal giornalismo, dal mondo dell’intrattenimento, dalla pubblicità e dalle informazioni governative”.  Il termine fu poi ripreso da A. Toffler nel 1980 che nel libro “La terza ondata”, scriveva: “Ciò che è ineluttabilmente chiaro, qualsiasi cosa decidiamo di credere, è il fatto che noi stiamo modificando la nostra infosfera a partire dai suoi fondamenti, stiamo aggiungendo strati di comunicazione al sistema sociale. Questa terza ondata emergente dell’infosfera fa sì che tutta l’era della Seconda Onda ‒ dominata dai suoi mass-media, l’ufficio postale, il telefono ‒ appaia ora per contrasto disperatamente primitiva”. Oramai da diversi anni il processo di digitalizzazione ha permesso alle informazioni di essere distribuite in maniera sempre più veloce al punto che gli utenti sono appunto proiettati in un ambiente infosferico, caratterizzato da un quantitativo di dati costantemente in aumento. La possibilità di accedere senza mediazioni ad ogni tipo di contenuto se da un lato è considerato un elemento positivo, dall’altro può rappresentare un limite.

Il sovraccarico informativo oltre a non dare la possibilità agli utenti di porre la necessaria attenzione alle informazioni che interessano, dà luogo a fenomeni come la disinformazione e la polarizzazione. La rete Internet e in particolare i social media, oltre ad aver fornito utili spunti di riflessione e conoscenze scientifiche, hanno contribuito alla creazione di un ambiente digitale, caratterizzato dalla disintermediazione. Infatti, gli utenti, a causa del veloce flusso di informazioni, possono essere influenzati da contenuti fuorvianti e manipolati che producono maggiori consensi se condivisi all’interno di gruppi omogenei e isolati dove le persone interagiscono principalmente con individui che condividono le loro stesse opinioni e convinzioni. Ciò garantisce minori opportunità di essere esposti a punti di vista diversi e di impegnarsi in un dialogo costruttivo con utenti che presentano opinioni diverse. La disinformazione, le cui manifestazioni più eclatanti si susseguono in questi anni in relazione a vicende economiche, guerre e conflitti di varo genere, è oramai prassi costante, sebbene con gradi diversi.  Ci sono due tipi di disinformazione: la “disinformazione nemica” e la “disinformazione amica”. Quest’ultima è la più pericolosa, per ragioni abbastanza ovvie, essendo quella che spesso maggiormente produce effetti sulle idee e i comportamenti delle persone.

La narrazione mediatica in ambito militare è un potente strumento per modellare le percezioni del pubblico e influenzare il sostegno o l’opposizione alle operazioni militari. Pertanto, è spesso oggetto di attenzione e discussione sia da parte dei governi che da parte dei media e del pubblico. Per modellare le percezioni e influenzare il pubblico vengono messe in atto forme di informazione selettiva e di vera e propria disinformazione, la quale usa sofisticare tecniche di manipolazione psicologica.

La differenza tra disinformazione nemica e quella amica risiede nelle fonti, nelle intenzioni e nei fini dell’informazione fuorviante o falsa. La disinformazione nemica è la disinformazione e la propaganda diffuse da fonti ostili, spesso da entità o governi stranieri, con l’obiettivo di minare la fiducia, diffondere la confusione, influenzare l’opinione pubblica o danneggiare il nemico. La disinformazione nemica può essere utilizzata come parte di operazioni psicologiche o di guerra informatica per ottenere vantaggi politici, economici o militari.     La disinformazione amica è la disinformazione o la propaganda diffusa da fonti all’interno del proprio paese o all’interno del proprio gruppo, spesso con l’obiettivo di sostenere una causa, promuovere un’agenda politica o raggiungere obiettivi economici. La disinformazione nemica, spesso collegata a narrazioni mediatiche di tipo militare è uno strumento per modellare le percezioni del pubblico e influenzare il sostegno o l’opposizione alle operazioni militari.

Per questo motivo è spesso già oggetto di frequente attenzione e discussione sia da parte dei governi che da parte dei media e del pubblico, si può dire sia più facilmente individuabile, almeno una parte di essa.  Tipicamente si cerca di modificare le percezioni e di influenzare il pubblico, attraverso forme di informazione selettiva o anche di vera e propria disinformazione.  Alcune modalità di azione sono abbastanza note, oltre alla propaganda, si cerca di minare la sicurezza psicologica del nemico, diffondere la paura o seminare la confusione. O anche, con azioni selettive, amplificare oppure sminuire solo alcune delle informazioni al fine di modificare le convinzioni prevalenti oppure per rinforzarle, a seconda dei casi.  Per esempio, una “enfasi selettiva” sulla guerra può portare a una percezione distorta della realtà e ha il potenziale per influenzare l’opinione pubblica affinché si appassioni alla guerra, o abbia comportamenti schematici simili a quelli del tifo calcistico.  Ciò porta anche a disconnettersi in parte dalla realtà, assimilando gli eventi a un videogioco o un film che distorce la realtà semplificandola e riduce il rapporto con la realtà stessa.  La spettacolarizzazione è un tranello facile, affascina, coinvolge, emoziona, ma non è reale.

Questo è conforme all’infosfera, che è un ambiente nel quale viene eliminata la distinzione tra reale e virtuale, in cui analogico e digitale si fondono e si rinforzano a vicenda. Nell’infosfera operano sia organismi biologici sia artefatti ingegnerizzati e l’intelligenza artificiale, così la separazione tra processore e processato si dissolve nello scopo finale dell’apporto di informazione e comunicazione, al quale partecipano tutti gli agenti, viventi e non viventi. Molte persone già iniziano a fondere le esperienze online e offline: un’esperienza virtuale può proseguire e avere concrete ripercussioni nel mondo reale, e ciò che avviene online non è più o meno vero di ciò che avviene offline. I due tipi di realtà sono ormai profondamente intrecciati.  La separazione ha ancora un minimo di evidenza perché oggi la condizione di base della maggior parte delle persone è ancora offline e per connettersi si devono utilizzare strumenti come lo smartphone o il pc.   Ma tale condizione è già stata minata, per esempio, dalla crescente presenza degli smart speaker o dall’avvento dei visori in realtà aumentata che si indossano come occhiali: a breve, la nuova normalità potrebbe essere, o sarà, quella di essere sempre connessi alla rete.

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