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Salute

Influenza australiana, varianti Covid e virus stagionali: ben 719.000 i pazienti contagiati

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Dopo i due anni di pandemia causati dal Covid che ha prevalso su ogni altra malattia di stagione e non solo, l’inverno si sta preannunciando intenso dal punto di vista della circolazione virale con il superamento di 6,8 milioni di casi

 di Damiana Cicconetti

 L’elevato numero dei casi di influenza australiana in questi giorni sta mettendo sotto pressione i Pronto Soccorso di tutt’Italia e il freddo intenso delle ultime ore, di certo, non aiuta.

Dopo i due anni di pandemia causati dal Covid che ha di gran lunga prevalso ogni altra  malattia, di stagione e non solo, l’inverno si sta preannunciando intenso dal punto di vista della circolazione virale con ben 719.000 pazienti contagiati, secondo il dettaglio del Bollettino InflueNet ed il superamento di 6,8 milioni di casi.

I casi di influenza australiana sembrano, al momento, i più numerosi, indubbiamente dovuti, oltre che all’abbassamento delle temperature, all’assenza di lockdown e dell’uso di mascherine che hanno, invece, caratterizzato i due precedenti inverni.

L’ondata, che ha avuto inizio al termine del mese di novembre scorso, secondo gli esperti, non ha ancora raggiunto il picco e, perciò, i numeri dei contagiati sono inevitabilmente destinati a salire ancora.

A rendere ancor più grave la situazione è la persistenza del Covid, con le sue diverse varianti.

Non a caso, si è appurato che, al di là del numero ufficiale certificato dai tamponi effettuati, i casi di positivi sono ben più numerosi rispetto a quelli rilevanti falsa negatività.

È Fabio De Iaco, Presidente della Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza (SIMEU) a lanciare l’allarme, spiegando che “non pochi sono i pazienti che giungono in Pronto Soccorso con sintomi influenzali ma che, poi, scoprono di essere positivi. E, così, a problemi si aggiungono altri problemi, perché le strutture hanno difficoltà a trovare spazi e personale per l’isolamento…”.

Non a caso l’Italia ha messo in atto un sistema di sorveglianza costituito da cosiddetti “medici sentinella” che inviano i campioni isolati dai propri pazienti ai laboratori di riferimento.

Per questa stagione invernale il virus prevalente è l’A H3 N1, il Darwin isolato in Australia, da cui l’appellativo di influenza australiana, una mutazione di intensità elevata e perciò ben più pericolosa.

A quanto pare, già prima delle Feste di Natale, i casi hanno sfiorato il 13% degli italiani: colpiti, per l’esattezza, quattro punti in più rispetto alla settimana precedente.

E quel che è peggio è che sotto i cinque anni l’incidenza supera il 40%.

De Iaco ritiene che “il quadro è drammatico un po’ ovunque, perché l’andamento di crescita risulta essere superiore anche alle passate stagioni pre-Covid, con numeri che si raggiungevano solamente nel periodo di massimo picco, a fine gennaio, inizio febbraio, dunque nella stagione più fredda in assoluto…”.

Numeri e casi che, in effetti, hanno preceduto di molto quelli raggiunti nei pregressi anni.

Né va dimenticato che gli accessi ai Pronto Soccorso si sono intensificati di circa il 50% rispetto a settembre e, stante quel che prevede De Iaco “la situazione non potrà non peggiorare ancora nelle prossime settimane, in cui ci avvicineremo al picco…”.

L’australiana è, in effetti, una malattia infettiva di tipo respiratorio e come ogni infezione respiratoria è causata da virus modificabili che sfidano gli anticorpi e originano epidemie ad andamento stagionale.

Pertanto, ogni persona, nel corso della vita, è colpita più volte da diverse infezioni respiratoria che, in taluni casi, assumono livelli di gravità particolarmente gravi, con conseguenti ricoveri e finanche decessi, come avviene nel caso dell’australiana.

La trasmissione dell’australiana, non a caso, avviene tramite goccioline diffuse attraverso tosse e starnuti, ma si più verificare anche al contatto con oggetti contaminati da secrezioni.

Il periodo di incubazione è di due giorni.

Chi contrae la sindrome influenzale può rimanere contagioso fino a cinque giorni successivi alla comparsa dei sintomi, oltremodo fastidiosi.

In effetti, i sintomi sono, oltre alla febbre alta (che può raggiungere anche i 40°), una fortissima tosse ed intensi dolori muscolari.

Altri sintomi comuni includono: mal di testa, brividi, perdita di appetito, affaticamento generale e mal di gola.

Conseguentemente, essere affetti da uno di detti sintomi, proprio a causa dell’aggressività dell’influenza australiana attualmente dominante, non può non far scattare un campanello d’allarme.

I tempi di guarigione variano, infine, dai 5 ai 7 giorni.

I farmaci antipiretici sono molto utili per far abbassare la temperatura corporea, ma altrettanto utili sono sedativi per la tosse ed aerosol.

Non necessari gli antibiotici, poiché l’influenza è una malattia virale e non batterica, perciò il loro uso può rivelarsi più controproducente che benefico.

Da prendere in considerazione è invece il vaccino antinfluenzale annuale che, in genere, viene somministrato prima dell’inizio della stagione invernale ed è offerto gratuitamente dallo Stato, ogni anno aggiornato con la nuova variante della sindrome.

Sta di fatto che, anche chi dovesse aver perso questa opportunità, può comunque eseguire il vaccino ora, tenendo conto che, per sviluppare gli anticorpi, occorrono un paio di settimane.

Ricordiamo, quindi, a quali categorie di cittadini è vivamente consigliato il vaccino:

  • Medici ed Operatori Sanitari;
  • Adulti nella fascia di età over 60;
  • Donne in Gravidanza;
  • Bambini sani dai 6 mesi ai 6 anni;
  • Pazienti con malattie cardiache o polmonari croniche;
  • Persone che soffrono di diabete,
  • Individui con Ipertensione;
  • Soggetti positivi all’HIV;
  • Pazienti che soffrono di asma.
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