Italiani nel Mondo
In ricordo di un migrante – In memory of a migrant
In ricordo di un migrante
Non mi ricordo il giorno che ho conosciuto Corti. Infatti, lo chiamo Corti perché non utilizzavamo mai il suo nome e molti di noi l’hanno saputo soltanto quando era già troppo tardi.
Di Gianni Pezzano
Era una presenza regolare di molti locali italiani che frequentavo nella città di Adelaide in Australia. Lui lavorava nell’ospedale centrale e faceva il giro di questi locali quando aveva voglia di fare due chiacchiere e ancora di più risate, specialmente in seguito a qualche controversia nel corso di una partita la domenica prima. Faceva anche parte del nostro gruppo della schedina del calcio italiano al negozio che vendeva giornali e riviste italiane e anche dischi e videocassette/DVD per gli italiani della città.
Godeva mettersi in mezzo alle discussioni post partite e particolarmente per prendere in giro i milanisti e interisti, prima ancora di difendere la sua amata Juventus. Quando gli veniva voglia di “bersagliare” un tifoso particolare andava al locale dove sapeva di trovarlo per passare qualche ora e magari anche pranzare insieme a lui. Cosi, per anni, abbiamo passato molto tempo insieme a ridere e a prendersi in giro a vicenda.
Ci sembrava di conoscerlo bene, però il tempo ha dimostrato che di lui non sapevamo quasi niente.
Un giorno mi sono presentato al bar di Remo, uno dei nostri amici in comune e uno dei suoi bersagli preferiti perché milanista. Non ha avuto tempo di notare il suo volto triste quando mi ha detto – È morto Corti -. Sono rimasti di stucco e lui mi ha subito spiegato che non si vedeva da qualche giorno e qualcuno è andato al suo appartamento. Abitava da solo, perciò quando se n’era andato due giorni prima, nessuno l’ha saputo. Eppure questa non è stata la fine della sua storia, ma l’inizio dell’ultimo capitolo.
Solitudine e origini
Corti era di origini lombarde, però aveva tenuto il suo passato così nascosto che quasi nessuno sapeva con precisione da dove venisse e se avesse famiglia in Italia. Nei primi giorni si vociferava che era emigrato per via di un litigio con parenti in Italia ma ormai non esistevano più modi di saperlo.
Lui non aveva preso la cittadinanza australiana e allora, come di consueto in casi del genere, è stato il Console d’Italia all’epoca a organizzare il funerale. In quei giorni ho parlato con i miei contatti nel consolato e non era iscritto all’AIRE (Anagrafe degli Italiani all’Estero) non sapevamo da dove iniziare a cercare la famiglia.
Pochi giorni dopo eravamo in nove al suo funerale. L’organizzazione era tale che quando è arrivato il carro funebre ci siamo presentati spontaneamente per portarlo nella chiesa, come l’abbiamo anche portato al suo ultimo riposo. Era già brutto per noi sapere che se n’era andato in solitudine, ma sapere che la sua famiglia non ne sapesse la notizia ha reso il nostro ultimo saluto ancora più triste. Confesso che sono uscito dalla chiesa con una grande rabbia, mi sembrava impossibile che qualcuno poteva lasciarci senza che i parenti lo sapessero.
Quella sera stessa, dopo aver parlato di nuovo con i miei contatti al consolato, ho scritto la Corriere della Sera per vedere se fosse possibile fare un annuncio per cercare i suoi parenti. La risposta è arrivata meno di un’ora dopo direttamente da Ferruccio de Bortoli che ha detto che ne avrebbe fatto seguito. La sera dopo, proprio durante una cena di amici nel suo ricordo, ho ricevuto una telefonata da Laura Guardini, una giornalista del Corriere che ne ha poi scritto un articolo.
L’ articolo ha avuto successo. Pochi giorni dopo il fratello di Corti si è messo in contatto con il Consolato per finalizzare gli affari terresti del nostro amico. Della sua storia personale non abbiamo mai saputo niente.
Non tutti uguali
Quando abbiamo iniziato la nostra ricerca per storia dell’emigrazione italiana la nostra intenzione era di trattare tutti i temi aderenti a questo fenomeno. Nel corso degli anni mi sono ricordato di Corti e in questi giorni mi sono reso conto che anche la sua storia era da raccontare perché ho il forte sospetto che non sia l’unico caso del genere.
In Italia quando si parla degli emigrati italiani c’è la tendenza di parlare di pochi individui, di solito persone di grande successo economico, oppure di qualche artista o personaggio pubblico di origini italiane. Però, la storia di Corti ci insegna che ci sono decine di milioni di storie di emigrazione italiana che abbiamo l’obbligo di raccontare e documentare.
Non importa che non sappiamo i dettagli della sua storia, anche se ora sappiamo la sua città d’origine, ma in rispetto della sua riservatezza non voglio scriverlo in questo articolo perché, in fondo, non aggiunge niente al tema che vogliamo trattare.
Non viviamo in un mondo dove siamo tutti uguali. Abbiamo gli stessi diritti, ma ognuno di noi ha la propria storia e ognuna di queste è una pagina della Storia dell’Emigrazione italiana proprio perché non siamo tutti uguali.
Successo o no?
Nel trattare gli italiani all’estero molti parlano di “successo”, ma nessuno definisce cosa vuol dire quella parola. Qualcuno parla di successo economico come metro di giudizio ma se il ricco muore solitario e senza famiglia, come ha fatto Corti, come possiamo davvero dire chi, tra i due, ha avuto successo e chi ha fallito in base al suo “successo”?
Conoscevo una coppia analfabeta che ha lasciato come eredità tre figli, tutti e tre laureati e professionisti, sposati con altri professionisti e nipoti laureati e professionisti a loro turno. Questa coppia non ha fatto soldi, ma come possiamo dire che non abbiano avuto successo nel vero senso della parola?
Qualcuno dice che essere famoso sia la misura del “successo” e può anche darsi. Ma dobbiamo veramente dire che gli imputati in grandi processi criminali, che sono certamente famosi, abbiano avuto “successo”?
La storia di Corti ci fa una lezione importante. Il fatto che ci ricordiamo di lui vuol dire che ha lasciato il suo segno con chi frequentava e questo è già molto. Ma la sua storia ci dice anche che non possiamo ignorare, in entrambi i sensi, storie come la sua perché l’emigrato parte per molti motivi e non tutti “nobili” come vuole il luogo comune.
Abbiamo l’onere di guardare, come italiani e gente di origine italiana, tutte le basi della nostra Storia, perché, dopo quasi due secoli di emigrazione, siamo sparsi in tutti i continenti compresa l’Antartide. Perciò, non dobbiamo mai pensare che le nostre storie personale siano “povere” perché, semplicemente non è vero. Ogni storia ha qualcosa da dirci. Non perdiamo l’opportunità di farlo…
Inviate la vostre storie a: gianni.pezzano@thedailycases.com
In memory of a migrant
I do not remember the day I met Corti. In fact, I call him Corti, his surname, because we never used his first name and many of us never knew it until it was already too late.
By Gianni Pezzano
He was a regular presence in many places I frequented in the city of Adelaide, Australia. He worked at the city’s central hospital and he made the rounds of these places whenever he had the desire for a chat and even more for a laugh, especially following a controversy in an Italian football game the Sunday before. He was also a part of our group in predicting the results of Italian football games at the shop that sold Italian newspapers and magazines, as well as records and videos to the city’s Italian population.
He enjoyed being in the middle of arguments and especially making fun of fans of AC Milan and Inter Milan, even before defending his beloved Juventus. Whenever he wanted to “target” a particular fan he went to the place where he knew he would find him to spend time together laughing and even having lunch together. In this way, for years we spent a lot of time together, laughing and teasing each other.
It seemed we knew him well but time showed that we knew almost nothing about him.
One day I went to Remo’s bar, he was one of our friends in common and one of his favourite targets because he is a fan of AC Milan. I did not have the time to notice the sad look on his face when he said “Corti is dead”. I was shocked and he quickly explained that he had not been seen for a few days and someone had gone to his apartment. He lived alone and so when he went two days before nobody found out. Yet this was not the end of his story but the beginning of the final chapter.
Solitude and origins
Corti came from Lombardy but he had kept his past so hidden that nobody knew precisely where he came from and if he still had family in Italy. In the first few days there were whispers that he had migrated after an argument with relatives in Italy but by then we no longer had a way to find out.
He had never taken out Australian citizenship so, as usual in such cases, the Italian Consul at the time organized his funeral. In those days I spoke with my contacts at the Consulate and e was not registered with the AIRE (Anagrafe degli Italiani all’Estero, Registry of Italians Overseas), we did not know how to begin looking for his family.
A few days later there were nine of us at his funeral. The organization was such that when the funeral car arrived we spontaneously came forward to take him into the church, as we also took him to his final resting place. It was already terrible knowing that he had left us in solitude but knowing that his family did not know the news made the final farewell even sadder. I confess I left the church very angry as it seemed impossible that someone could leave us like that without the relatives knowing.
That evening, and after having spoken to my contacts in the Consulate, I wrote to Milan’s Il Corriere della Sera newspaper to see if it was possible to place an announcement to look for his relatives. The answer came less than an hour later directly from its Editor in chief Ferruccio de Bortoli who said he would follow it up. The next evening, during a dinner with friends in his memory, I received a telephone call from Laura Guardini, a journalist from the paper who then wrote an article.
The article was successful. A few days later Corti’s brother contacted the Consulate in order to finalize our friend’s earthly affairs. We never found out anything about his personal story.
Not the same
When we started our search for stories of Italian migration our intention was to treat all the themes belonging to this phenomenon. Over the years I remembered Corti and in recent days I understood that even his story had to be told because I strongly suspect this is not the only such case.
When they speak about Italian migrants in Italy, there is the tendency to talk about a few individuals, usually people with great economic success, or of some artist or publish person of Italian origin. However, Corti’s story teaches us that there are tens of millions of stories of Italian migration that we have the duty to tell and document.
It is not important that we do not know all the details, even though we now know where he came from, out of respect to his reserve I do not want to write it in this article because, deep down, it adds nothing to the theme we want to treat.
We do not live in a world where we are all the same. We have the same rights but each one of us has our own story and each one of these is a page in the History of Italian Migration for the very reason we are not all the same.
Success yes or no?
When we deal with Italians overseas many speak about “success” but nobody defines what that word means. Some speak of economic success as the yardstick but if a rich man dies alone and without a family as Corti did, can we truly say which one of the two was successful and who failed according to his “success”?
I knew an illiterate couple that left behind an inheritance of three children, all three university graduates and professionals, married to other professionals and grandchildren who, in their turn, were graduates and professionals. This couple did not make money but how can we say they were not successful in the truest sense of the word?
Some say that being famous is how to measure “success” and that may be. But must we really say that those accused in big criminal trials and who are certainly famous, are successful?
Corti’s story teaches us an important lesson. The fact that we remember him means that he left his mark on those he frequented and this is already a lot. But his story also tells us that we cannot ignore stories such as his because migrants leave for many reason and not all of them are “noble” as the clichés say.
As Italians and people of Italian origin we have the obligation to look at all the bases of our History because, after nearly two centuries of migration, we are spread over all the continents, including the Antarctic. Therefore, we must never think that our personal stories are “humble” because it is simply not true. Each story has something to tell us. Let us not lose this opportunity to do so…
Send your stories to: gianni.pezzano@thedailycases.com