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Il turismo delle radici e l’identità italiana — Tourism of the origins and Italian identity

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Tempo di lettura: 13 minuti
di emigrazione e di matrimoni

 

Il turismo delle radici e l’identità italiana

Ci siamo tutti chiesti almeno una volta nella vita “chi sono?”, oppure “da dove vengo?” e sono domande tanto naturali quanto inevitabili. E queste domande diventano particolarmente delicate e importanti per i figli e i discendenti di emigrati, perché loro sono soggetti a pressioni che i ragazzi autoctoni non sentono.

Già iniziare la scuola nel nuovo paese senza conoscere la lingua locale, come succede spesso ancora oggi in paesi con grandi comunità di immigrati, vuol dire sentirsi già diverso dai coetanei. A questo possiamo aggiungere i nomi “strani”, la pelle scura e magari una religione non gradita, come era il cattolicesimo nei paesi protestanti fino a non tanto tempo fa in termini storici. A questo possiamo persino aggiungere cibi “esotici” per i gusti locali che i figli di immigrati portano a scuola per il pranzo.

E questo non sparisce del tutto con il passare delle generazioni perché non poche famiglie italiane all’estero hanno continuato le tradizioni dei nonni e bisnonni, anche dopo 3, 4 5 e più generazioni che le rendono diverse dai loro vicini non italiani.

Infatti, questi sono i potenziali soggetti che il progetto del “Turismo delle radici”, annunciato recentemente dalla Farnesina, cercherà di attirare nel nostro paese tramite i progetti attualmente in fase di stesura dalle Regioni che sono responsabili per i rapporti con le nostre comunità all’estero in tutti i cinque continenti.

E abbiamo iniziato proprio dalle due domande perché sono quelle che iniziano il nostro percorso verso la propria identità personale.

Ma la nostra identità non è formata solo dal DNA come alcuni sostengono scioccamente, cioè “se hai sangue italiano sei italiano”, che leggiamo regolarmente sui social.

La nostra identità è formata dalla nostra famiglia, il DNA appunto, le scuole che facciamo, la lingua o le lingue che parliamo e in alcuni casi la lingua che NON parliamo, le nostre esperienze di vita, amicizie, e così via.

Ogni giorno sulle pagine social dedicate agli italiani all’estero vediamo qualcuno dichiarare “sono 100% (italiano), e voi cosa siete?”. E inevitabilmente arrivano “anch’io 100%, nonni dalla (regione d’Italia)”, oppure denunce di prove Dna fasulle semplicemente perché dimostrano che il loro DNA ha tracce di vari gruppi, che non sarebbe una sorpresa per chiunque conosce un minimo della Storia non solo della nostra penisola, ma soprattutto del Mediterraneo.

E queste dichiarazioni di “identità” devono darci gli spunti per capire che il “Turismo delle radici” è un modo molto particolare di cercare la propria identità personale da parte di chi è nato e cresciuto all’estero, e spesso non trova le risposte giuste nel paese di nascita.

I futuri partecipanti saranno italo-americani, italo-argentini, italo-australiani, italo-britannici, italo-brasiliani, e così via, in cerca della parte italiana della loro identità personale, e molti di loro non sanno spiegare esattamente che cosa cercano, tanto meno cosa si aspettano quando partiranno per il Bel Paese.

Nella maggioranza dei casi l’Italia che immaginano è composta dalle promozioni di Roma, Firenze e Venezia e pochissimo delle altre innumerevoli città d’Arte. Nel caso dei paesi d’origine, l’immagine è quella descritta dai genitori, nonni o bisnonni che raramente si conforma con i paesi che troveranno nel loro turismo delle radici.

Nella stragrande maggioranza dei casi il livello pratico del loro italiano sarà abbastanza basso, considerando che pochi di loro hanno avuto l’opportunità di studiarlo in scuole e ci sono state molte famiglie all’estero, in modo particolare negli Stati Uniti, ma non limitato solo a quel paese, che hanno deciso di non insegnare loro la lingua italiana per costringerli a diventare “cittadini modelli” del loro nuovo paese. Quindi negando loro una parte importante della loro identità.

E in risposta alla frase “sono 100% italiano” che abbiamo citato sopra, pochi di loro vedono le incongruenze di quella frase perché, ovviamente, come potresti essere “100% italiano” se non parli la lingua?

E questa mancanza di conoscenza della lingua è anche il motivo fondamentale per cui sanno poco o niente della vera grandezza del loro Patrimonio Culturale personale.

Quindi il turismo delle radici avrà due effetti importanti per i futuri partecipanti e su come percepiranno la loro “identità italiana”.

Il primo è di mostrare a loro le meraviglie che si trovano in ogni regione del paese che spesso non sono conosciute in altre regioni della stessa Italia, tantomeno all’estero.

Ma il secondo effetto è ancora più importante, di dare loro il desiderio di rinforzare la parte italiana della loro identità e il primo passo essenziale per fare questo è di incoraggiare loro ad imparare la nostra lingua, l’unica chiave per aprire il forziere della nostra musica, cinema e letteratura che spesso non sono stati tradotti in altre lingue e che, in ogni caso, devono essere ascoltati o visti nella lingua originale per poter rendersi conto della vera bellezza di questo Patrimonio.

Incoraggiarli a imparare la lingua avrà anche altri effetti che saranno trattati nel prossimo articolo, ma, prima di concludere questo articolo, dobbiamo parlare anche di un tema che fa parte dell’identità italiana che sentirà gli effetti del turismo delle radici, la cittadinanza italiana.

La legge italiana di cittadinanza italiana è semplice, chi nasce da genitore italiano(a) è cittadino italiano, perciò, sin dal primo giorno il neonato ha un’identità italiana.

E allora, in base a questa constatazione solo apparentemente semplice, sappiamo davvero quanti cittadini italiani ci sono nel mondo?

Secondo l’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residente all’Estero) ci sono poco più di sei milioni di cittadini italiani all’estero, un milione dei quali nella sola Argentina. Però il turismo delle radici avrà conseguenze imprevedibili partendo proprio dall’AIRE e arrivando persino alla politica in Italia.

Difatti, un aspetto importante di gran parte dei partecipanti del turismo delle radici sarà quello di disegnare l’albero genealogico della famiglia. Inizieranno le ricerche, generazione per generazione, magari iniziando dagli avi che sono emigrati nel nuovo paese, per poi disegnare le generazioni prima e dopo. Alcuni partiranno dalla presente generazione per rintracciare gli avi immigrati perché nel corso delle generazioni hanno perso la memoria di dettagli a causa del tempo passato.

Ma bisogna riconoscere un dettaglio importante, ma così ovvio che molti non l’hanno collegato al turismo delle radici. Cioè, TUTTI i figli nati da emigrati, almeno fino all’eventuale acquisto della nuova cittadinanza, sono nati cittadini italiani, non importa il fatto che siano nati all’estero.

Pochi di questi bambini saranno stati registrati al consolato italiano locale semplicemente perché in quasi tutti i casi i genitori non conoscevano la legge italiana, per loro la legge di cittadinanza essenziale era quella del nuovo paese di residenza, ma non cambia il fatto che per la legge italiana i loro figli erano e/o sono cittadini italiani.

Di conseguenza, TUTTI i discendenti di questi bambini sono cittadini italiani, anche se devono fornire la documentazione per dimostrarlo…

E quindi, nel prossimo futuro, nel corso delle loro ricerche sulle loro origini, molti dei loro discendenti scopriranno d’essere anche loro cittadini italiani e questo potrebbe creare problemi nel futuro per la politica italiana.

Prima di continuare, per fare questo discorso prenderemo in considerazione solo l’emigrazione italiana dal 1861, la creazione della nuova nazione Italia e quindi l’inizio reale del diritto di cittadinanza italiana.

In base a queste considerazioni non c’è dubbio che, se cominciamo a guardare le cifre delle decine di milioni di nostri emigrati nel corso degli ultimi 162 anni, molti di più dei sei milioni riconosciuti attualmente sono potenziali cittadini italiani, e la prova si trova in Argentina dove una gran parte degli iscritti all’AIRE è composta da discendenti di emigrati e non nuovi emigrati, oppure figli di emigrati italiani recenti. E questa considerazione vale per ogni paese di massiccia emigrazione italiana in quello stesso periodo, sia in Europa che oltre oceano…

E man, mano che i turisti delle radici cominceranno a capire la possibilità di avere la cittadinanza italiana, chissà quanti di questi turisti faranno domanda d’essere riconosciuti come cittadini italiani e il passaparola sarà poi il mezzo che assicurerà che sempre più persone sapranno di questa strada.

Certo, la cittadinanza fa parte integrale dell’identità personale e la legge italiana di cittadinanza permetterà questo diritto per le prossime generazioni.

Però, come paese, abbiamo l’obbligo di porci una domanda seria; vogliamo veramente trasmettere la cittadinanza all’estero in eterno ai discendenti dei nostri emigrati?

Ci immaginiamo già l’indignazione di molti gruppi, politici e no, sia in Italia che all’estero, che saranno scandalizzati nel solo leggere questa domanda, ma non è una considerazione di poco conto perché questo avrebbe effetto sul voto all’estero e quindi sulla composizione delle due Camere del Parlamento italiano a Roma.

E nel considerare questi effetti, come paese, e soprattutto il Parlamento, dovremo chiederci: è davvero giusto che gente fuori contatto con l’Italia da generazioni, che con ogni probabilità non parla la lingua italiana, non conosce la nostra Storia e la nostra politica, abbia il diritto automatico di ottenere la cittadinanza italiana?

Dobbiamo anche chiederci: sarà il caso di porre un limite di generazioni per l’ottenimento automatico della nostra cittadinanza? E nel proporre questo NON intendiamo dire di non permettere a coloro che sono nati oltre questo limite di poterla ottenere, ma di assicurare che siano ANCHE culturalmente italiani e che conoscano almeno la nostra lingua e con una conoscenza base della nostra Storia, magari tramite una corsia preferenziale per cittadinanza italiana.

In fondo, ci aspettiamo che giocatori di calcio con presunta cittadinanza italiana facciano un esame del genere per permettere loro di giocare in Italia, allora perché non farlo anche per ottenere la cittadinanza italiana con tutti i suoi diritti, compreso quello del voto?

La nostra identità è troppo importante per trattarla in modo leggero e il turismo delle radici sarà sicuramente l’occasione per risolvere vicende che sono state sospese da troppo tempo riguardo gli italiani all’estero.

Nel prossimo articolo parleremo dei benefici del turismo delle radici che, in ogni caso NON dovrà essere limitato solo a potenziali cittadini italiani, ma anche a tutti i discendenti di emigrati italiani nel mondo.

Tourism of the origins and Italian identity

We have all asked ourselves at least once in our lives “Who am I?” or “Where do I come from?” and asking them is as natural as it is inevitable. And these questions are especially delicate and important for the children and descendants of migrants because they are subject to pressures that the native children do not feel.

Starting school in the new country without knowing the local language, as still happens often today in countries with large immigrant communities, already means feeling different from your peers. And to this we can add “strange” names, dark skin and maybe an unwanted religion, as was Catholicism in Protestant countries until not long ago in historical terms. And to this we can even add “exotic” foods for local tastes that the children of immigrant take to school for lunch.

And this does not disappear completely with the passing of generations because quite a few Italian families overseas have continued the traditions of the grandparents and great grandparents, even after 3, 4, 5 and more generations, which make them different from their non-Italian neighbours.

In fact, these are the potential subjects of the “Tourism of Origins”, recently announced by Italy’s Foreign Affairs Ministry , which will try to attract to our country through the projects currently being drafted by the Regions which are responsible for the relations with our comm unities overseas in all five continents.

And we began right from the two questions because they are what begins our journey towards our personal identity.

But our identity is not formed only by DNA as some foolishly claim, that is, “if you have Italian blood, you are Italian” that we regularly read on the social media.

Our identity is formed by our family, so the DNA, our education, the language or the languages we speak, and in some cases the language we do NOT speak, our life’s experiences, friendships and so on.

Every day on the social media pages of Italians overseas we see someone declare “I am 100% Italian and what are you?”. Inevitably, come the comments such as “Me 100% too, grandparents from (Italian region)”, or claims of fake DNA results simply because the results show that their DNA has traces of various groups, which would not be a surprise for anyone who knows the slightest bit of the history not only of our peninsula but above all the Mediterranean.

And these declarations of “identity” should give us clues for understanding that the “Tourism of the origins” is a very particular way of looking for personal identity on the part of who is born and raised overseas and often does not find the proper answers in the country of birth.

The future participants will be Italian Americans, Italo-Argentines, Italo-Australians, Italo-British, Italo-Brazilians and so forth who are looking for the Italian part of their personal identity and many of them do not know how to explain exactly what they are looking for, let alone what they expect, when they leave for Italy.

In most cases the Italy they imagine is made up of the promotions of Rome, Florence and Venice and very few of the innumerable other cities of Art. In the case of the towns of origin, the image they have is of the town described by the parents, grandparents and great grandparents that rarely conforms with the towns they will find on their tourism of the origins.

In the vast majority of cases their practical level of Italian will be quite low considering that few of them had the chance to study it at school and there were families overseas, in particular in the United States, but not limited to that country, which decided not to teach them the Italian language to force them to become “model citizens” on their new country. Thus, denying them an important part of their identity.

And in reply to the phrase “I am 100% Italian” that we quoted earlier, few of them see the inconsistency of that phrase because, of course, how can you be “100% Italian” if you do not speak the language?

And this lack of knowledge of the language is also the fundamental reason they know little or nothing of the true greatness of their personal Cultural Heritage.

So, tourism of the origins will have two important effects for future participants and how they perceive their “Italian identity”.

The first is to show them the wonders that are found in every region of the country which are often unknown in other regions of Italy itself, much less overseas.

But the second effect is even more important, to give them the desire to reinforce the Italian part of their identity and the first essential step to doing this is to encourage them to learn our language, the only key for opening the treasure chest of our music, movies and literature which often are not translated into other languages and which in any case must be listened to or watched in the original language to be able to understand the true beauty of our Heritage.

Encouraging them to learn the language will also have other effects which will be discussed in the next article but, before concluding this article, we must also talk about an issue which is a part of Italian identity that will feel the effects of tourism of the origins, Italian citizenship.

Italy’s citizenship law is simple, the child of an Italian citizen is an Italian citizen and so, according to this only apparently simple observation, do we really know how many Italian citizens there are around the world?

According to the AIRE (Registry of Italian Citizens Resident Overseas) there are a little more than six million Italian citizens overseas, one million of which only in Argentina. However, the tourism of the origins will have unpredictable consequences starting precisely from the AIRE and even reaching Italian politics.

In fact, an important aspect of a large part of the participants of tourism of the origins will be that of drawing up their family tree. They will start the research generation by generation, maybe starting from the forebears who migrated to the new country to then draw up the generations before and after. Some will start from the present generation to retrace their migrant forebears because over the generations they have forgotten details due to the passage of time.

And we must recognize a major detail, but one that is so obvious that many people have not connected it to the tourism of the origins. That is, ALL the children of migrants, at least up to the acquisition of new citizenship, were born Italian citizens and it does not matter that they were born overseas.

Few of these children will have been registered at the local Italian consulate simply because in almost all the cases the parents did not know Italian law, for them the essential citizenship law was the one of the new country of residence, but this does not change the fact that under Italian Law their children were and/or are Italian citizens.

Subsequently, ALL the descendants of these children born overseas are Italian citizens, even if they must provide the documentation to demonstrate this…

And therefore, in the near future during the research of their origins, many of the descendants will discover that they too are Italian citizens, and this could create problems in the future for Italian politics.

Before continuing, to discuss this issue we will take into consideration only Italian migration from 1961, the creation of the new nation Italy and therefore the real beginning of the right of Italian citizenship.

On the basis of these considerations, there is no doubt that if we start to look at the statistics of the tens of millions of our migrants over the last 162 years many more than the six million currently recognized are potential Italian citizens and the proof is found in Argentina where a large part of the people registered in the AIRE is made up of descendants of migrants and not new migrants or the children of recent Italian emigrants. And this consideration also applies for every country of heavy Italian migration in the same period, in both Europe and overseas…

And as the tourists of the origins begin to understand the possibility of having Italian citizenship who knows how many of these tourists will apply to be recognized as Italian citizens and word of mouth will then be the means which will ensure that more and more people will know about this path.

Citizenship is, of course, an integral part of personal identity and Italy’s citizenship law will allow this right for the next generations.

However, as a country, we have a duty to ask ourselves a serious question: do we really want to pass on citizenship forever to descendants of our migrants overseas?

We can already imagine the indignation of many groups, political and non-political in both Italy and overseas, which will be outraged by merely reading this question, but it is not a trivial consideration because this would influence the vote overseas and therefore on the composition of the two Chambers of Italy’s Parliament in Rome.

And in considering these effects, as a country and above all the Parliament, we must ask ourselves: is it truly proper that people out of contact with Italy for generations, who in only probability do not speak Italian, do not know our history and our politics, has the automatic right to Italian citizenship?

We must also ask ourselves: will it not be appropriate to set a limit of generations for automatically obtaining our citizenship? And in asking this question we do NOT intend saying we must not allow those born after this limit to be able to obtain it but to ensure that they are ALSO Italians culturally and that they know at least our language and with basic knowledge of our history, perhaps via a preferential path for Italian citizenship.

After all, we expect football players with presumed Italian citizenship to take this sort of test to allow them to play in Italy, so why not do it also for obtaining Italian citizenship with all its rights, including the right to vote?

Our identity is too important to treat lightly, and tourism of the origins will surely be the opportunity to resolve issues about the Italian overseas which have been suspended for too much time.

In the next article we will talk about the benefits of tourism of the origins which in any case must NOT be limited only to potential Italian citizens but to all the descendants of Italian migrants around the world.

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