Cinema & Teatro
Il Premio Internazionale Città di Castrovillari – Cultura, Lavoro e Progresso in movimento a Annalisa Insardà
Prestigioso riconoscimento alla carriera della giovane e versatile attrice.
Il premio, organizzato da Accademia Delle Arti, Dipartimento Letteratura con la collaborazione di Magnoli Arte Editore Pro Loco, Palia Culturala Kalabrija Teatro Festival è giunto alla IX edizione e, con importanti motivazioni, la giuria del Premio, diretto dal M° Rosalba Magnoli, conferisce il prestigioso riconoscimento ad una “Figlia talentuosa di Calabria”, Annalisa Insardà
Annalisa Insardà nasce in provincia di Reggio Calabria e infanzia e adolescenza la mostrano già protagonista. Lo sarà inizialmente nel mondo dello sport, pratica infatti il calcio a livello agonistico. Inizia gli studi presso l’Accademia drammatica della Calabria a Palmi e si perfeziona con stage dedicati dal canto al movimento scenico anche all’estero, Varsavia e Amsterdam, dove muove i primi passi nel mondo del teatro. In Italia prende parte a rappresentazioni classiche per il teatro di Siracusa ed all’estero torna negli spettacoli diretti da Stein
Debutta nel cinema con film quali L’ospite segreto, Lettere dalla Sicilia, Un battito di vita. È tempo di cambiare sarà il film che la vede vincitrice del Tropea Film Festival 2008 come miglior attrice.
Diviene volto della campagna Avis e partecipa a fiction quali Vivere, Ricominciare e Carabinieri. Presentatrice, doppiatrice e insegnante di recitazione scrive per Caffenews.it e Interlive.it. Cura due rubriche sul magazine Facciounsalto.it, di cui è tra le fondatrici.
Presidente degli Ambasciatori della Camera Regionale della Moda – Calabria ha tenuto stage formativi presso l’Università Vaticana.
A lei va il Premio cultura, lavoro e progresso in movimento del Premio internazionale Città di Castrovillari edizione 2021. Tra le motivazione le doti artistiche consolidate nella scuola del Teatro Classico, la formazione e ricerca internazionale, la versatilità artistica, “Figlia talentuosa di Calabria affermatasi nel panorama europeo ed internazionale”.
Motivazioni importanti quelle indicate dalla giuria del premio. Le va raccontarsi attraverso di esse?
Parlare di me non mi è congeniale, a maggior ragione quando su di me importanti personalità della cultura si esprimono. La lettura delle motivazioni mi inorgoglisce e nel contempo mi dà la consapevolezza di come, nonostante sembri il contrario, il duro lavoro e gli immani sacrifici di chi ha la mia vocazione vengano osservati, valutati, soppesati, e poi anche riconosciuti.
Certo non è un riconoscimento che conferma la dedizione a un’arte, ma sicuramente contribuisce a dare la sensazione di essere meno soli e inascoltati.
In quello che è stato scritto ritrovo soprattutto la mia volontà di mettermi in gioco completamente, faccia, nome, firma, risorse fisiche e intellettuali.
Recito ciò che mi riguarda, scrivo ciò che penso dopo aver osservato ciò che sento il dovere di combattere o sostenere.
Ciò che è facile e ordinario seduce terribilmente ed è per questo che, a parte l’impegno, a volte serve anche molto coraggio, quello di essere impopolari e rimanere soli. Ma la solitudine non è una condanna è “solo” lo spazio scomodo in cui le scelte prendono forma e finché si è scomodi si è nella ricerca.
Nella comodità anestetica sopraggiunge la morte, quella intellettuale, che non è risolutoria come quella fisica, anzi…
Un percorso artistico, il suo, che non ha visto soste e nel quale lo studio ed il palcoscenico non sono mai mancati. Quali sono stati i suoi riferimenti, ma soprattutto come è nata la sua passione e chi l’ha accompagnata nei primi passi?
Come mi piace spesso ricordare per l’assoluta anomalia della cosa, per la sua imponderabilità, io ho prima fatto il mio primo spettacolo teatrale e poi ho visto il mio primo spettacolo a teatro.
Cioè la prima volta che sono andata in scena, non avevo assolutamente percezione di cosa il teatro fosse, di cosa il contesto teatrale prevedesse, di cosa le leggi le regole teatrali imponessero.
Superai il provino all’Accademia d’Arte Drammatica della Calabria, frequentai i primi mesi di lezione, preparammo uno spettacolo da un testo di Marivaux e andai ad Amsterdam a recitarlo, al Festival Internazionale del Teatro. Prima di questo il nulla.
Io vengo da un piccolissimo paesino in cui non c’erano realtà o suggestioni artistiche che potessero in qualche modo indirizzarmi o contaminarmi. Non ho avuto esempi, non ho avuto modelli, ma già a quattro anni pronunciai la temibile frase “Da grande voglio fare l’attrice”, senza emulazione di alcuno, senza sapere da chi o cosa quella mia già granitica convinzione traesse origine. Non vengo da nessuna tradizione artistica né familiare né sociale, vengo dal grembo di mia madre; molte cose della personalità di ognuno di noi, evidentemente, si formano lì.
Vestire i panni altrui, raccontare sempre una vita non propria, quanto ingerisce nel quotidiano?
Molto. Si sospende la propria vita per fare posto a quella altrui, vita altrui che però – attenzione! – in ogni caso, in qualche modo, ci riguarda. Noi non facciamo altro che rappresentarla la vita, siamo il “Commentario della condotta sociale” per dirla alla G. B. Shaw, poggiamo un grandangolo sulle emozioni che determinati contesti provocano e facciamo vedere come ci si sente. Quindi ciò che raccontiamo, inevitabilmente, a qualche livello, ci riguarda tutti.
Una professione, la sua, che richiede studio, dedizione, tempi lunghi, e spesso attese. Cosa consiglierebbe, oggi, a chi si avvicina alla sua professione?
Di studiare . Di leggere molto, di osservare e confrontarsi con chi ne sa di più o che comunque la pensa diversamente. Di ampliare i punti di vista, aumentare il bagaglio culturale e cercare nella lingua valide e sempre nuove soluzioni espressive, arricchendosi di vocaboli che molto meno genericamente di altri ma anzi più dettagliatamente possano scendere nel profondo quando un concetto va particolareggiato.
Determinazione e impegno hanno accompagnato la sua carriera. Quanto è cambiata nel tempo e a cosa, volgendo lo sguardo al passato, dedicherebbe maggior tempo?
Sono cambiata radicalmente. Sono completamente un’altra persona e non solo per il ricambio cellulare che ci rende diversi in continuazione.
Oggi so che una grande attenzione va riposta nelle cose dello spirito (nessuno fraintenda la spiritualità con la religione). Da occidentali ci concentriamo esclusivamente sul nostro essere “esseri senzienti”, ma questo non può bastare.
Non possiamo escludere tutto ciò che non è tangibile o visibile, qui è l’errore, qui è la causa di tutti i dolori.
Ci identifichiamo col nostro personaggio sociale aderendo completamente ad esso, passiamo il tempo a nutrire l’io e non il sé, diventando definitivamente sordi alla nostra vera natura, quella dalla quale viene il benessere, quella che non conosce frustrazioni o invidie perché non deve rispondere a degli standard sociali ma deve esprimere esclusivamente la sua unicità.
Se tornassi indietro mi dedicherei di più a questo, al quale comunque, anche se con sensibile ritardo, mi sto dedicando adesso.