Italiani nel Mondo
Il passaporto italiano rende più italiano?- Does the Italian passport make you more Italian?

Il passaporto italiano rende più italiano?
Iniziamo questo articolo sapendo bene che qualcuno prenderà in giro l’articolo per via della domanda del titolo perché potrebbe sembrare così ovvia da essere sciocca.
Però, la domanda serve da spunto per porre tre quesiti che, come paese, dobbiamo farci perché, nel risolverli, capiremo meglio come avvicinare gli italiani nel mondo al loro paese di origine, per il bene di tutti.
Certo, l’apparente ovvietà del titolo è che, per poter avere un passaporto italiano, devi per forza avere la cittadinanza italiana e questo, almeno in teoria, dovrebbe significare che il cittadino sia italiano sotto ogni aspetto. Questo è vero per chi nasce e cresce in Italia, ma, nella stragrande maggioranza dei casi, non lo è affatto per gli italiani nel mondo.
Infatti, per la nostra legge, tranne nei casi di naturalizzazioni di chi è residente in Italia, nasce cittadino chi ha almeno un genitore cittadino italiano al momento della nascita.
Però, parlando degli italiani all’estero, che sono in generale discendenti di emigrati italiani, in non pochi casi risalendo alla seconda metà dell’800, in modo particolare nelle Americhe, una percentuale di loro nasce cittadino italiano, ma, per poter fare domanda per il passaporto, deve fornire alle autorità consolari all’estero le prove d’avere la cittadinanza, presentando la documentazione della linea ininterrotta di cittadinanza dall’avo emigrato fino al cittadino di oggi, un’impresa non facile, e ogni generazione che passa significa anche un costo non indifferente per i richiedenti, spesso utilizzando agenzie per sbrigare le pratiche, aggiungendo altri costi alla domanda.
Senza dimenticare i non pochi casi di passaporti ottenuti tramite documentazione falsificata, come leggiamo nei giornali da anni ormai.
Come esempio, possiamo indicare il mondo del calcio europeo che ne sa qualcosa dopo gli scandali che hanno colpito club europei, italiani e non, per poter iscrivere giocatori come comunitari per evitare i limiti dei giocatori extracomunitari. Un caso recente a questo link
Poi, questo si estende oltre il calcio. Non dubitiamo che esistono anche molti in giro per il mondo pronti a spendere cifre importanti per poter avere un passaporto ora considerato tra i più potenti nel mondo perché dà accesso agevolato a quasi 200 paesi.
Ed è qui che ci troviamo al primo quesito ispirato del titolo: anche se ufficialmente cittadino italiano dopo la procedura descritta sopra, si può considerare “italiano” qualsiasi individuo che non conosce la nostra lingua, al punto che spesso non sa nemmeno come si pronuncia il proprio cognome, che sa poco o niente delle origini della famiglia in Italia, e sa ancora meno della nostra Cultura e Storia?
La risposta è ancora più ovvia del titolo dell’articolo, no. Infatti, il titolo dell’articolo si riferisce all’identità personale e non lo stato legale dell’individuo.
NON mettiamo in dubbio che ci siano discendenti di emigrati italiani che si considerano “italiani”, ma la loro identità non è affatto solo italiana, bensì composta dalle tradizioni di famiglia rimaste dopo le generazioni, ed i ricordi di famiglia, anche se di gioventù, come anche l’educazione, la lingua, le esperienze e le tradizioni del paese di nascita/residenza.
Perdipiù, ricordiamoci che queste persone non conoscono la nostra lingua non solo per il passaggio delle generazioni, ma anche perché i sistemi scolastici di molti paesi non hanno dato loro la possibilità di studiare l’italiano a scuola.
Inoltre, dobbiamo anche fare notare un aspetto particolare che spesso viene dimenticato.
Una grande parte dei nostri emigrati, spesso per poter comprare case/terreni proibiti a non-cittadini, oppure semplicemente per poter lavorare, hanno assunto la cittadinanza del loro nuovo paese di residenza e quindi, fino al cambio della legge di cittadinanza del 1992, questo voleva dire rinunciare formalmente alla cittadinanza italiana, spesso compresi i figli minorenni nati in Italia che non hanno potuto avere voce in capitolo all’epoca e che, per lla legge italiana, non potevano riottenerla. Tristemente, il Parlamento a Roma non ha modificato mai la nostra legge di cittadinanza per poter risolvere questi casi…
In parole povere, i figli dei nostri emigrati nati DOPO questi cambi di cittadinanza non hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Oltre al fatto che i discendenti dei figli nati prima del cambio, con le eccezioni nominate sopra, sono TUTTI cittadini italiani, anche se a loro insaputa.
Il risultato di queste situazioni è che interi rami di innumerevoli famiglie di origini italiane all’estero sono composte da cittadina italiani (o potenziali tali) e gli altri di chi non ne ha diritto.
E qui arriviamo al secondo quesito ispirato dal titolo: Questi discendenti senza cittadinanza italiana sono meno “italiani”, dei loro fratelli, sorelle o cugini con la cittadinanza?
Di nuovo la risposta è ovvia, non esiste differenza pratica di identità italiana tra di loro. Hanno lo stesso grado culturale di italianità.
E queste considerazioni devono fare parte di qualsiasi dibattito non solo sulla cittadinanza stessa, ma anche su come incoraggiare i nostri parenti e amici a partecipare a progetti come il “Turismo delle Radici” per aiutarli a scoprire non solo le loro origini, come anche per scoprire la vera grandezza della loro Patrimonio Culturale che è MOLTO più grande di quel che sanno all’estero.
Utilizziamo un esempio triste per mostrare questo aspetto dell’identità italiana all’estero.
Qualche giorno fa abbiamo fatto un giro di pagine social degli italiani in tre paesi e abbiamo deciso di controllare l’archivio di foto in ciascuna di loro. La scoperta è stata impressionante in senso negativo, abbiamo scoperto un grandissimo numero di foto di piatti italiani, ma quasi niente delle meraviglie contenuto nel nostro paese.
Scoperte come queste devono darci la chiave per capire come aiutare gli utenti di queste pagine a diventare più e più italiani, ed il passaporto NON dovrebbe avere un ruolo determinante perché dobbiamo indirizzare questi sforzi a TUTTI i discendenti.
E qui arriviamo al nostro terzo quesito: ricordando che tutti i figli/discendenti dei nuovi cittadini italiani nati all’estero avranno anche loro la cittadinanza dei loro paesi di nascita/residenza, è giusto che questa situazione legale legata alla cittadinanza italiana duri in eterno per chi è all’estero da molte generazioni?
Considerando che il passaporto italiano dà anche la possibilità/diritto di votare Deputati e Senatori al Parlamento a Roma che prenderanno decisioni che avranno effetto sulla vita di chi abita in Italia, ma NON a chi li ha eletti, la riposta dovrebbe essere un forte no.
Di nuovo, sentiamo già le proteste di lettori che diranno che “chi ha nasce italiano è italiano”, ma credo che abbiamo già dato la risposta a commenti del genere nelle spiegazioni sopra.
Quindi, essere italiani non dipende dal possedere il passaporto, ma fa parte essenziale della nostra identità personale tramite le nostre famiglie e allora, chi all’estero non ha il passaporto NON è meno italiano di chi ce l’ha. Semmai sono italo-americani, italo-argentini, italo-australiani, e così via, ma sempre discendenti di italiani sono, come il sottoscritto.
E ci sarebbero modi per aiutare loro a diventare più italiani.
Il primo modo sarebbe di insegnare la nostra lingua ai nostri parenti e amici all’estero e, di conseguenza, finalmente permettere loro di conoscere la nostra lingua e Cultura per bene che è il primo passo vero verso diventare più italiano.
Infatti, qualsiasi nostra promozione culturale internazionale nel futuro deve avere questo scopo nel suo programma. Però, dobbiamo capire che programmi del genere avranno successo solo se pensiamo al lungo termine, e non all’immediato futuro come facciamo fin troppo spesso.
Anzi, la RAI potrebbe già cominciare a presentare programmi del genere nel suo palinsesto internazionale. E bisogna ricordare che la RAI ha già fatto un lavoro del genere in Italia stessa con un programma TV storico degli anni ‘60: “Non è mai troppo tardi” con Alberto Manzi indirizzato agli adulti analfabeti dell’epoca, ottenendo grande successo, come ricordato nel filmato sotto:
Il secondo modo sarebbe facile da programmare per il prossimo futuro, rendere più facile l’accesso a libri italiani tradotti in altre lingue, oppure con sottotitoli per il cinema e televisione, così gli italiani all’estero potranno cominciare ad apprezzare quel che fino ad ora non hanno potuto leggere o vedere, e questo succede già con successo nei servizi internazionali online come Netflix e Amazon Prime.
Il terzo modo sarebbe di incoraggiare gli italiani all’estero a partecipare a progetti come il “Turismo delle radici” per vedere di persona il paese moderno che è l’Italia perché, purtroppo, per molti di loro l’immagine che hanno nella mente è quella del paese devastato dalla guerra ricordato dai nonni emigrati decenni fa e raccontato ai nipoti, un paese che non esiste più.
Ed in effetti questi tre passi sono i migliori modi per avvicinare i nostri parenti e amici all’estero al loro paese d’origine.
Infine, vogliamo concludere parlando della cittadinanza. Se vogliamo continuare a dare la nostra cittadinanza ai discendenti nati all’estero, vorremmo suggerire ai Parlamentari a Roma di porre un limite di generazioni all’acquisto automatico per coloro nati all’estero, magari fino alla terza generazione nata all’estero, che di solito ha ancora contatti con i parenti in Italia.
Però, oltre la terza generazione potremmo dare ai discendenti dei nostri emigrati una corsia preferenziale per la nostra cittadinanza, ma deve essere soggetta a condizioni come il sapere parlare la nostra lingua e avere almeno una conoscenza discreta della nostra Cultura, con tanto di prova di entrambi. E anche con una condizione specifica, che questa corsia sia limitata soltanto a coloro che intendono tornare in Italia per motivi di studio, oppure per trasferirsi per sempre, e NON come mezzo di poter più facilmente ottenere un visto in un terzo paese come fanno molti ora…
Does the Italian passport make you more Italian?
We start this article knowing full well that some people will make fun of the article due to the title because it could seem so obvious as to be foolish.
However, the title serves as a starting point to ask three questions that, as a country, we must ask ourselves because, in answering them, we will better understand how to bring the Italians around the world closer to their country of origin, for the good of all.
Of course, the apparent obviousness of the article is that, to have an Italian passport you must first necessarily have Italian citizenship and this, at least in theory, should signify that the citizen is Italian in every way. This is true for those who are born and raised in Italy, but in most of the cases this is not at all true for the Italians overseas.
In fact, according to our law, except for the naturalizations of those who are resident in Italy, those who have at least one parent an Italian citizen at moment of birth is an Italian citizen.
But, speaking of the Italians overseas, who are generally descendants of Italian migrants, not infrequently going back to the second half of the 19th century, particularly in the Americas, a percentage of them are born Italian citizens, but to be able to apply for the passport you must demonstrate to the Italian Consular authorities overseas the proof you have citizenship by presenting the documentation of an uninterrupted line of Italian citizenship from the migrant ancestor to today’s citizen. Not an easy task, and every generation that passes also means a not indifferent cost for the applicants, often using agencies to hasten the application, adding more costs to the request.
Without forgetting the not rare cases of passports obtained through falsified documentation as we have been reading in the newspapers for years now.
As an example, we can point to the world of European football that knows something about it after the scandals that have hit European clubs, Italians and non-Italian, to be able to register players as European Union players to avoid the limits of non-EU players. One recent case.
And then, this extends beyond football. We have no doubt that there are a lot of people around the world ready to spend significant suns to be able to have a passport that is now considered one of the world’s most powerful because it gives easy access to almost 200 countries…
And it is here that we find the first question inspired by the title: even if officially an Italian citizen after the procedure described above, can any individual who does not know our language, to the point that he or she often does not even know how to pronounce his or her surname correctly, knows little or nothing of the origins of the family in Italy, and knows even less about our Culture and history, be considered “Italian”?
The answer is even more obvious than the title of the article, no. In fact, the title of the article refers to personal identity and not the individual’s legal status.
We do NOT doubt that there are descendants of Italian migrants who consider themselves “Italian”, but their identity is by no means only Italian, but rather made up of the family traditions that remain after the generations and the memories of the family, even if they are childhood memories, as well as the education, experiences, and traditions of the country of birth/residence.
In addition, let us remember that these people do not know our language not only due to the passage of generations, but also because the school systems of many countries did not give them the chance to study Italian at school.
Furthermore, we must also highlight a specific aspect that is often forgotten.
A large part of our migrants, often in order to buy houses and properties forbidden to non-citizens, or simply to be able to work, took the citizenship of the new country of residence and therefore, until the change of Italy’s citizenship law in 1992, this meant formally renouncing Italian citizenship, often including the underage children born in Italy who did not have a say in the matter at the time and who, according to Italian Law cannot have it restored. Sadly, the Parliament in Rome has never modified the citizenship law to be able to resolve these cases…
Simply put, the children of our migrants born AFTER these changes of citizenship did not obtain Italian citizenship. As well as the fact that the descendants of the children born before the change, with the exceptions mentioned above, are ALL Italian citizens, even if unknowingly.
The result of these changes is that entire branches of countless Italian families overseas are made up of Italian citizens (or potential ones) and others who are not entitled to it.
And here we come to the second question inspired by the title: Are these descendants without citizenship less “Italian” than their brothers, sisters, or cousins with citizenship?
Once again, the answer is obvious, there is no practical difference in Italian identity between them. They have the same degree of cultural Italianness.
And these considerations must be part of any debate not only on citizenship itself, but also on how to encourage our relatives and friends overseas to participate in projects such as “Il Turismo delle radici” (Tourism of the origins) to help them discover not just their origins, and also to discover the real greatness of their Cultural Heritage what is MUCH bigger than what they know overseas.
Let us use a sad example to demonstrate this aspect of Italian identity overseas.
A few days ago, we did a round of the social media pages of Italians in three countries and we decided to check out the photo archive of each of them. The discovery was disheartening, we discovered a vast number of photos of Italian dishes, but almost nothing of the marvels found in our country.
Discoveries such as these must give us the key for understanding how to help the users of these pages to become more and more Italian and the passport should NOT have a decisive role because we must direct these efforts to ALL the descendants.
And here we come to the third question: Remembering that all the children/descendants of the new Italian citizens born overseas will also have the citizenship of their countries of birth/residence, is it right that this legal situation connected to Italian citizenship lasts forever for those who have been overseas for many generations?
Considering that the Italian passport also gives the holder the possibility/right to vote Deputies and Senators to the Parliament in Rome, who will make decisions which will affect the lives of those who live in Italy but NOT to those who voted for them, the answer should be a strong no.
Once again, we can already hear the protests of readers who will say that “who has Italian blood is Italian”, but we believe we have already answered comments such as this in the explanations above.
Therefore, being Italian does not depend on possessing a passport, but is an essential part of our personal identity through our families, and so those who live overseas who do not have an Italian passport are NOT less Italian than those who have one. If anything, they are Italian American, Italo-Argentine, Italo-Australian, and so forth, just the author of this article.
But there would be ways to help them become more Italian.
The first way would be to teach our language to our relatives and friends overseas and consequently they will finally get to know our language and culture well, which this is the first real step towards becoming more Italian.
In fact, any international promotion of our culture in the future should have this aim in its programme. However, we must understand that such programmes will be successful only if we think about the long term and not the immediate future as we do all too often.
Indeed, RAI could already start presenting programmes such as these in its international schedule. It must be remembered that RAI has already done such a task in Italy itself with a historic TV programme of the ‘60s, “Non è mai troppo tardi” (It is never too late), with Alberto Manzi, directed to the illiterate adults of the time, achieving great success, as remembered in the video below:
The second way would be easy to plan for the near future, to make it easier to Italian books translated into other languages, or subtitles for the movies and TV programmes, so that Italians overseas will be able to start appreciating what they have not been able to read and see to now, and this already happens successfully in international online services such as Netflix and Amazon Prime.
The third way would be to encourage Italians overseas to participate in projects such as “Il turismo delle radici” to see in person the modern country that is Italy because, unfortunately, for many of them the image in their minds is the one of the country devastated by war remembered by grandparents who emigrated decades ago and told to their grandchildren, a country that no longer exists.
And in fact, these three steps are the best ways to bring our relatives and friends overseas closer to their country of origin.
Finally, we want to conclude by speaking about citizenship. If we want to continue giving our citizenship to the descendants born overseas, we would like to suggest to our Parliamentarians in Rome to set a limit on generations of automatic acquisition for those born overseas, perhaps up to the third generation born overseas, which usually still has contacts with relatives in Italy.
However, beyond the third generation we would give the descendants of our migrants a fast track limited to the descendants of our migrants, but it must be subject to knowing how to speak our language and to have at least a reasonable knowledge of our Culture, with proof of both. And also with a specific condition, that this fast track be limited only to those who intend returning to Italy to study, or to move there forever, and NOT as an easier means to obtain a visa for a third country, as many now do…