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Attualità

Il mondo western con Wilfried Leichert

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Il mondo del lontano Far West in un’intervista a Wilfried Leichert.

di Francesca Rossetti

Il mondo del lontano Far West da sempre è protagonista di tanti film e telefilm, da “Alla conquista del West” a “La casa nella prateria” solo per citare alcuni nomi fra i piu’ famosi e ne parliamo con un grande esperto, Wilfried Leichert.

Chi è Wilfried Leichert e come nasce la passione per il genere west nel cinema?

“Il cittadino tedesco Wilfried Leichert è un matematico e sinologo. Ha lavorato per aziende internazionali in diversi paesi dell’Asia, soprattutto in Cina. Ora è in pensione. Cresciuto negli anni ’50 e ’60, ha visto e letto molti film e libri occidentali, così come generazioni di giovani prima e con lui. Ha un fascino devoto da tutta la vita per il cinema e in particolare per il classico western americano.”

Quali sono i piu’ importanti registi e film in questo senso e quali messaggi comunicano?

“I più importanti registi di film western nell’era “classica” sono stati John Ford,  Howard Hawks, Anthony Mann, Budd Boetticher, Delmer Daves e Sam Peckinpah, senza dimenticare gli altri.

John Ford ha vinto 4 volte l’Oscar come miglior regista (ma nessuno per nessuno dei suoi western) ed uno dei suoi film piu’ importanti è stato “The Searchers” (1956) – “Sentieri Selvaggi”.

Gli altri registi insieme a lui hanno in gran parte costruito il canone del western classico come è conosciuto oggi. Ognuno di loro ha le sue caratteristiche e sono ricercati dalla critica spesso lungo una linea “d’autore”, nel senso che loro e il loro lavoro sono analizzati secondo il proprio approccio individuale.

John Ford in particolare ha lavorato molto per stabilire un mitico West con spesso una critica intrinseca delle situazioni sociali e poi è stato uno dei primi a smantellare il mito.

Anthony Mann era noto per il suo western in qualche modo psicologico con un eroe leggermente isterico, spesso interpretato da James Stewart. Budd Boetticher è noto per il suo “Ranown Cycle”, composto da una serie di 7 film con l’attore Randolph Scott. Sam Peckinpah a suo modo aveva messo un freno al western classico e spesso trionfante con il suo nichilista “Il mucchio selvaggio” (1969).”

L’influenza sul mondo politico di allora e di oggi ed il ruolo degli USA rispetto agli altri Paesi del mondo

“L’influenza del genere western sul popolo americano dell’epoca non può essere sottovalutata. Centinaia di film di serie B economici (i cosiddetti oaters) hanno attirato la gente al cinema e in seguito sono state trasmesse dozzine di serie in TV. Anche se uno non desiderava guardare un western, era quasi impossibile evitarlo quando era giovane. Così generazioni di Americani (e non solo loro) sono cresciute con il western e  sono state educate con le sue ideologie. Il western, i registi e gli studi sono stati influenzati dai movimenti sociali e politici americani (ad esempio il New Deal negli anni ’30, la guerra di Corea nei primi anni ’50 e infine la guerra del Vietnam). I politici americani fino ad oggi hanno sempre usato un linguaggio simbolico di stampo occidentale per comunicare con la gente.

Una parte del sentimento americano per la supremazia e l’unicità sono certamente supportati dai film occidentali.”

Il mito americano come Golden State e cosa si intende con “età dell’oro”

“L ‘”età dell’oro”, come la chiamava Mark Twain, arrivò alla fine del XIX secolo con la creazione di una moderna industrializzazione dell’America. Twain ha usato questo termine come commento ironico sulla corruzione e l’avidità.

La “Golden Age” si riferisce agli anni ’50 quando  l’America ebbe una crescita economica senza precedenti, che aumentò anche lo stipendio e il reddito di molte famiglie, andando di pari passo con un aumento dei consumi.

“Golden State” è il soprannome della California, lo stato che ha registrato un’elevata crescita economica nel corso dei decenni.”

Il ruolo dei pionieri e dei primi conquistatori delle terre dei pellerossa: rapporto fra conquistatori e conquistati

“I primi coloni inglesi arrivarono in Nord America all’inizio del 1600. Gli indiani spesso li accolsero amichevolmente e li aiutarono a sopravvivere nei primi anni.

Con l’arrivo di sempre più coloni e con un’ideologia, secondo cui questa terra era un potere di Dio dato all’Uomo Bianco, essi iniziarono a usurpare la terra degli indiani e si verificarono conflitti armati. I “bianchi” non hanno mai accettato gli indiani come persone alla pari, con i propri diritti e bisogni. Questa storia è andata avanti per quasi 200 anni. Gli indiani erano di culture molto diverse, nomadi, indiani stanziali dediti all’ agricoltura e all’allevamento di bestiame. Ridotti da guerre, epidemie (portate dai coloni bianchi), carestie e trasporti forzati in altre aree, all’inizio del XX secolo si stima che ne fossero rimasti solo 250.000. Ancora oggi questo genocidio è una ferita aperta nella storia americana.”

Da “Via col Vento” di Fleming del 1939 a “Lincoln” con Daniel Day Lewis del 2012: cambiamenti storici ed epocali

“Né “Via col vento” o “Lincoln” sono visti dai critici cinematografici come western, ma come drammi ambientati nel periodo della guerra civile (che include “Young Mr. Lincoln” di John Ford con Henry Fonda).

Più del 90% del genere western è ambientato in un periodo di 35 anni, dal 1865 al 1900, dopo la guerra civile.

Il western ha subito cambiamenti drammatici. Da numeri di produzione travolgenti a una quasi scomparsa negli anni ’70 e resurrezione in seguito. La realtà della guerra del Vietnam e il movimento per i diritti civili in America erano in netto contrasto con le idee eroiche dell’Occidente, quindi i film western ebbero scarso successo negli anni ’70.Eppure il cambiamento è sempre stato insito nei film occidentali.

“Stagecoach” (1939) (Ombre rosse) era già un film fortemente politico, che commentava una nuova società ai tempi del “New Deal”, “The Ox Bow Incident” (1943) (Alba Fatale) affrontava criticamente il “ Il linciaggio” dei suprematisti bianchi e “Mezzogiorno di fuoco” (1952) tratta criticamente la caccia alle streghe comunista di Mc Carthy negli anni ’50, solo per citarne alcuni. Il western ha sempre commentato lo status quo sociale e politico dell’America!”

John Wayne, Giuliano Gemma, Michael Douglas: come è possibile definire il ruolo del cowboy agli occhi dell’immaginario collettivo?

“Per quanto ne so, Michael Douglas non ha mai realizzato un western, ma suo padre Kirk molti. Non desidero commentare il western all’italiana in quanto rappresenta una serie di film in qualche modo diversa, che non commenta l’America dall’interno. Anche se chiaramente Sergio Leone ha realizzato uno dei migliori western di sempre con “C’era una volta il West”.

John Wayne è stato certamente l’incarnazione dell’eroe occidentale per decenni e ha avuto una profonda influenza sulla nostra visione dell’uomo americano. Bertolucci ha riferito in un’intervista che da bambino e da giovane aveva cercato di imitare l’andatura di Wayne per apparire più virile.

Ancora una volta già nei classici possiamo osservare altri ruoli come un omosessuale Montgomery Clift, un ribelle James Dean o Marlon Brando o un sensibile Paul Newman. In “Red River” Wayne e Clift sono in diretto confronto per un nuovo genere di leadership così come un effeminato James Stewart con Wayne in “L’uomo che ha sparato a Liberty Valance”.

Paul Newman è Billy the Kid in “The left handed gun” in cui ripercorre la sua infanzia suonando il flauto, mentre Robert Mitchum interpreta un eroe affetto da mania di persecuzione in “Persued” (1947).

Oggi possiamo osservare Clint Eastwood che gioca con il suo ruolo di Macho o Christian Bale che piange per la perdita del suo amico in “Hostiles”.

Il ruolo maschile nel genere western è costantemente riprodotto e ridefinito.

Ma gli eroi occidentali di ieri e di oggi sono Superman, Batman e altri  tipo Rambo e simili.”

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