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Il governo inglese cade a pezzi: dimessi un ministro e un segretario di Stato

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Tempo di lettura: 3 minuti

Sono  Boris Johnson e David Davis, volti simbolo della Brexit. Cresce l’incertezza politica. Grandi aziende  potrebbero abbandonare il Regno Unito

di Vito Nicola Lacerenza

Il ministro degli esteri inglese Boris Johnson e il Segretario di Stato per l’uscita dall’Unione Europea David Davis hanno lasciato il governo. Le loro dimissioni sono avvenute nell’arco di 24 ore e, sebbene il primo ministro inglese TheresaMay  abbia già sostituito i due politici, la crisi politica sembra ormai inarrestabile. Da mesi il governo di TheresaMay non è compattp sul “modo migliore” di lasciare l’Euro, ovvero di rendere operativa la Brexit per cui i cittadini del Regno Unito hanno votato due anni fa. Boris Johnson e David Davis sperano in una “Brexit dura”, in un’immediata uscita dal Mercato Unico europeo e in una totale indipendenza del Parlamento britannico dalle normative europee. Ma attualmente la politica commerciale del Regno Unito è ancora vincolata a quella europea che, se da un lato permette il libero scambio di beni e servizi all’interno del Mercato Unico, dall’altro impone agli Stati membri dell’UE numerosi oneri di produzione: norme severe sulla regolamentazione delle emissioni di sostanze inquinanti, restrizioni sull’utilizzo di sostanze chimiche nel processo produttivo, leggi sulla sicurezza del cibo e dei farmaci, sottoposti a dettagliati controlli di qualità. Rispettare gli standard europei risulta costoso per le aziende ed è per tale ragione che il ministro degli esteri inglese Boris Johnson e il Segretario di Stato David Davis auspicano per il Regno Unito  l’ “indipendenza” commerciale e politica. I Parlamenti dei Paesi Membri dell’UE non possono legiferare in contrasto con le norme approvate dal Parlamento Europeo, il che è inaccettabile per i sostenitori della “Brexit dura” come  Johnson e Davis.

Ma le case automobilistiche inglesi Land Rover e Jaguar, insieme alla compagnia aerea Britannica Airbus non sono dello stesso avviso. Le tre aziende hanno una catena di produzione che abbraccia diverse nazioni europee e una crisi commerciale o politica con l’UE inciderebbe pesantemente sul bilancio aziendale, mettendo a rischio decine di migliaia di posti di lavoro. Basti pensare che Airbus ha assunto 14.000 persone in Inghilterra. Il primo ministro inglese TheresaMay ha garantito che la Brexit si realizzerà senza mettere a rischio posti di lavoro e ha presentato nel Parlamento inglese un documento, approvato dal Gabinetto del Governo, che sottoporrà alle autorità europee. Si tratta di un accordo in cui il Regno Unito si impegna a restare nel mercato unico in cambio di maggiore autonomia, sia bancaria sia politica. Inoltre, nel  documento, il governo inglese si dice contrario alla creazione di una frontiera tra la Repubblica d’Irlanda (Mebro dell’UE) e l’Irlanda del Nord (Stato del Regno Unito), rifiutando, nello stesso tempo, la libera circolazione delle persone prevista dal  trattato di Maastricht.  Significa, in altre parole, che la volontà del governo inglese è quella di impedire ai cittadini europei di entrare nel territorio britannico senza passaporto e di risiedervi senza visto, permettendo invece che le merci continuino a circolare liberamente. Il Regno Unito nel 2016 ha esportato in  Europa  beni e servizi per un totale di 263 miliardi di euro, grazie alla libera circolazione dei prodotti prevista dalle norme europee.

TheresaMay non vuole rinunciare ai vantaggi offerti dal Mercato Unico Europeo ma desidera sottrarsi ai numerosi oneri che la partecipazione allo stesso richiede. Ecco perché è proprio il primo ministro inglese TheresaMay a riconoscere “il rischio” che l’Europa rifiuti di sottoscrivere il trattato. Il tal caso il Regno Unito potrebbe uscire dall’Euro senza alcun accordo bilaterale, visto che il termine per raggiungere un’intesa è stato fissato il 29 marzo 2019. TheresaMay è convinta che, se l’Europa rifiuterà di sottoscrivere l’accordo da lei proposto, non ci sarà più tempo per abbozzarne un altro. Per tale ragione ha chiesto al Parlamento inglese di prepararsi “ad ogni eventualità”, anche a quella di un fallimento delle trattative tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Una prospettiva che spaventa le aziende inglesi. La compagnia aerea Airbus sta già valutando l’ipotesi di lasciare l’Inghilterra.

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