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Il Congresso Americano accusa il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, di aver venduto i dati personali degli utenti

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Con solo dieci“likes” scopri chi sei. Zucherberg si scusa: «E’ stato un mio errore».

 

di Vito Nicola Lacerenza

Postare una foto, mettere un like ad un commento, fare un click su un link apparso sul profilo. Piccoli gesti quotidiani, nell’era high tech, compiuti dagli oltre 87 milioni di utenti Facebook, i cui dati sarebbero stati venduti dal fondatore del social network, Mark Zuckerberg, alla società di consulenza e comunicazioni britannica Cambridge Analytica. Autrice dell’imponente campagna mediatica a favore dell’allora candidato alle presidenziali americane 2016 e cliente dell’agenzia, Donald Trump. E proprio su Trump sono attualmente concentrate le indagini del procuratore Robert Mueller, che intende fare piena luce sull’eventuale utilizzo dei dati personali in possesso dell’agenzia che ha diretto la campagna  di Donald Trump nell’elezione del Presidente degli StatiUniti. Informazioni che, secondo gli inquirenti, sarebbero state utilizzate dalla Cambridge Analityca per compilare un quiz conosciuto dagli psicologi come “test della personalità”. Cinque semplici domande sul modo di essere e di comportarsi, capaci di svelare ai tecnici della società britannica l’orientamento politico della persona, in modo da poterlo modificare a proprio piacimento attraverso messaggi subliminali inviati ad arte sul profilo personale dell’utente, che diventa un vero e proprio “libro aperto”, per l’agenzia d’oltre Manica, semplicemente mettendo “mi piace” ai vari contenuti postati su facebook.

Sono sufficienti 10 likes, secondo gli esperti della comunicazione, per sapere “chi sei”. Ne servono 150, invece, per permettere ad un informatico di conoscere di una persona più dettagli di quanti non ne sappiano i genitori e 300 per essere al corrente della vita di qualcuno più del suo partner. Dati indicativi del potenziale informativo di facebook, che  Cambridge Analityca nega di aver mai avuto a disposizione. Inoltre, anche se le indagini dimostrassero il contrario, sarebbe impossibile determinare il reale impatto che l’utilizzo dei dati personali avrebbe avuto sulle elezioni americane del 2016. Intanto Zuckerberg, dopo essersi difeso dall’accusa di aver messo in vendita la privacy degli utenti, ha comunque ammesso come “non sia stato fatto abbastanza per impedire che facebook venisse usato come un’arma” e si è assunto le responsabilità di quanto accaduto dicendo: «E’ stato un mio errore. Chiedo scusa». Una presa d’atto del fatto che, in ogni caso, i dati personali degli iscritti al social network sono finiti nelle mani di qualche ignoto malintenzionato. “Scuse” a parte, molti osservatori sono rimasti colpiti dalle 836 mila azioni facebook vendute dallo stesso fondatore  Zuckerberg, proprio nella settimana in cui il titolo, quotato in Borsa, ha perso 73 miliardi di dollari.

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