Diritti umani
Il 29° Kwibuka celebrato dall’Onu a Copenaghen. 13 aprile 2023 — 29th Kwibuka celebrated by the U.N. in Copenhagen. 13 April 2023
Il 29° Kwibuka celebrato dall’Onu a Copenaghen. 13 aprile 2023
di Sergio Bevilacqua, Sociatra Organalitico
Cari amici,
murakaze, grazie a U.N. e agli amici ruandesi per essere qui a U.N. City a Copenhagen.
Mi chiamo Sergio Bevilacqua, sono un sociologo clinico, il fondatore della Sociatria Organalitica, la nuova Sociologia del Terzo Millennio.
Ho operato per 50 anni su circa 1000 società umane, aziende economiche, pubbliche amministrazioni, Stati, famiglie, e ogni altro tipo di società umana che si possa immaginare.
La Sociologia Organalitica è una sociologia clinica, basata su un metodo di intervento simile a quello della psicoanalisi nel caso degli individui, quindi il meno violento concepibile, e rivolta non agli individui bensì alle società, alle organizzazioni umane.
Nel 2010 ho organizzato un importante Programma di Sviluppo Integrato tra l’Italia, con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri, e il Ruanda, con il patrocinio del governo del Paese.
Ricordando quell’importante programma, sono stato invitato all’ONU a Copenhagen in occasione del 29° Kwibuka per tenere una conferenza su come ho aiutato il Ruanda violentato dal genocidio più sanguinoso (non il più grande…) della storia umana, dove più di un milione di Tutsi sono stati massacrati con i machete dalla follia omicida.
Allora, cosa abbiamo fatto con il programma di sviluppo Italia-Ruanda. Attraverso un attento networking, abbiamo messo le aziende di entrambi i Paesi in condizione di dialogare e sviluppare comuni orizzonti economici prima sconosciuti.
Poi, a coronare il tutto, abbiamo tenuto tre convegni: uno a Roma presso la sede del bellissimo IsIAO (Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente), che ha purtroppo chiuso i battenti nel 2016, poi uno a Reggio Emilia presso la sede dell’Associazione Industriali, e un terzo presso la Camera di Commercio di Venezia.
Mi chiedono anche di dire qual è il mio punto di vista di sociatra organalista sui genocidi.
Non c’è violenza sistemica più grande del genocidio. Il genocidio esibisce un livello massimo di ostilità, in termini di intensità anche maggiore di una semplice guerra, in quanto avviene per la specifica volontà di eliminare caratteristiche peculiari della varietà della specie umana, sotto forma di elementi caratterizzanti una certa parte del la sua popolazione, senza apparenti interessi opportunistici connessi, come accade normalmente nel caso di guerre tra Stati, che sono fatte per ottenere spostamenti di valore, potere o facoltà da uno Stato all’altro.
Alcuni di questi genocidi si svolgono sotto forma di guerra civile, come il genocidio ruandese del recente 1994, a me familiare perché, come dicevo, nel 2010 sono stato ideatore del Progetto di Sviluppo Economico Italia – Ruanda, con il patrocinio di i Ministeri degli Affari Esteri e dello Sviluppo Economico dei due Paesi, nonché le realtà economiche e sociali dei due Paesi.
Il genocidio è il tentativo di estirpare dalla specie umana alcuni suoi tratti distintivi, spesso individuati in un particolare patrimonio genetico differenziato dal nome di razza, popolo, cultura. In Ruanda dal 7 aprile al 15 luglio 1994 si tentò l’eradicazione dell’etnia tutsi, con stragi di massa per oltre un milione di vittime.
Secondo la psicoanalisi e molte filosofie o religioni, gli esseri umani sono caratterizzati da aspetti sociali e coesivi, ma anche da fattori distruttivi e autodistruttivi (ostilità). Il genocidio rappresenta la più alta di queste seconde espressioni patologiche.
Le neuroscienze hanno meglio strutturato la biologia della coesione umana con la recente scoperta dell’esistenza di micro-organi nel sistema nervoso centrale umano, i cosiddetti “neuroni specchio”, che presiedono ai meccanismi di ripulsa della violenza nei confronti dei propri simili. Ma il cervello umano e il suo funzionamento sono molto più estesi e sistemici, e la sola esistenza di questo tipo di neuroni non è una condizione sufficiente per prevenire o evitare la violenza, anche organizzata, e quella di massa.
Infatti, al di là dei neuroni specchio, c’è l’esperienza degli atti, che è anche esperienza del funzionamento di quegli stessi neuroni. Il comportamento criminale omicida agisce nella piena consapevolezza della repulsione indotta da questi organi e, superandoli, vince i freni che l’organismo produce attraverso i segnali provenienti da essi.
Le persone che appartengono a organizzazioni criminali (bande, cosche mafiose, associazioni criminali di vario genere, ecc.) sentono la funzione propria di neuroni specchio solo nei soggetti appartenenti alla stessa organizzazione criminale e anche in modo meno forte, a causa della esperienza della violazione sistematica del principio biologico generale proprio dei neuroni specchio.
Ci sono 3 modi per la gravissima patologia sociale che chiamiamo genocidio:
- Il modo isterico
- Il modo ossessivo
- Il modo paranoico
Le tre vie sono sostanzialmente alternative, ad eccezione della seconda, quella ossessiva, che può manifestarsi anche come patologia di rinforzo molto pericolosa sulle altre due, provocando la ripetizione della violenza a oltranza. Esistono quindi interventi terapeutici volti alla risoluzione delle 3 patologie, che differiscono da caso a caso.
Il processo cognitivo relativo al genocidio consiste, in ogni patologia, nell’individuazione di elementi percettivi (marcatori identitari) che qualificano il gruppo, la società, la razza da eliminare: colore della pelle, statura, fattori biografici, comportamento, stile di vita, o altro. Realizzata questa identificazione, l’azione genocida deve strutturarsi su tre livelli prevalenti:
- Tecniche di identificazione, strumenti per effettuare l’eliminazione, struttura operativa della stessa, tempi e modalità di attuazione
- Creazione di condizioni psicologiche individuali che convincano all’attuazione dell’azione genocida da parte di ciascun “ostile”
- Creazione di motivazioni teoriche e valoriali condivise (effetto psicosociale dell’esaltazione di massa, imitazione, filosofie e sociologie devianti a sostegno della necessità dell’azione genocida).
In Ruanda, l’identificazione di coloro dell’etnia tutsi che dovevano essere eliminati sia stata basata su differenze fisiche rispetto all’aggressore hutu. Le numerose bande che compirono la strage spesso erano attrezzate in maniera artigianale, anche senza armi da fuoco, ottenendo comunque quantità di uccisioni di eccezionale efficacia.
Ciò è stato spiegato attraverso un certo fenomeno criminologico, per cui la motivazione violenta e sanguinaria invade le menti degli assassini e produce una forma di psicosi di massa: la mente si appoggia a strati primitivi del funzionamento neurologico del sistema nervoso centrale; uno stato parossistico, legato alla vista del sangue e al terrore dei perseguitati, si impadronisce dell’aggressore, rendendolo una bestia ingovernabile e feroce. Il processo di genocidio è stato innescato dalla credenza in atti di ingiustizia e sottomissione attuati sugli hutu dai tutsi, poi tradotti in rivolta e vendetta cieca e sanguinosa nei confronti di questi ultimi.
Come affrontare per sempre tali fenomeni disumani, non solo moralmente ma anche biologicamente? I fatti da attuare sono numerosi. Ne elenco alcuni:
- Formazione fin dall’infanzia sul processo “Differenza-tolleranza-integrazione”, basato sullo studio delle differenze di cultura, civiltà e biologia proprie dell’umanità
- Iniziative specifiche per controllare e reprimere manifestazioni violente come il bullismo e il razzismo.
- Formazione all’uso dei sistemi di comunicazione globale per il dialogo tra le diverse culture distribuite nel mondo
- Attenzione all’espressione di forme di aggressività, legate a sindromi biologiche individuali quali eccessi di testosterone e adrenalina e di una loro miscela.
- Formazione antropologica culturale sulle varietà delle espressioni umane in termini di arte e cultura.
L’esperienza con alcune di queste forme di prevenzione è stata implementata anche in Ruanda, grazie ai recenti governi che hanno adottato moderne istituzioni di tipo democratico. Il governo repubblicano del Ruanda è noto per essere quello che, ad esempio, ha dato più spazio alle donne politiche nei ruoli di vertice.
I valori della democrazia, il conseguente ruolo delle istituzioni educative e il ruolo proprio delle famiglie sono centrali e fondamentali per consentire finalmente all’umanità di liberarsi dal sinistro spettro della violenza razziale chiamato genocidio.
Nitwa Sergio ndi Umutalian Nkunda abanyaRwanda nu Rwanda. Ringrazio tutti e auguro la migliore fortuna al Popolo e alla nazione ruandese
29th Kwibuka celebrated by the U.N. in Copenhagen. 13 April 2023
by Sergio Bevilacqua, Organalytical Sociatrist
Dear friends,
murakaze, thanks, to the U.N. and to our Rwandan friends for my being here at the U.N. City in Copenhagen.
My name is Sergio Bevilacqua, I’m a clinical sociologist and the founder of Organalytical Sociatry, the new Sociology of the Third Millennium.
I have worked for 50 years on about 1,000 human societies, such as economic firms, public administrations, States, families, and every other kind of human society you can image.
Organalytical Sociatry is a form of clinical sociology based on a method of intervention similar to psychoanalysis that is applied to individuals, therefore the least violent conceivable, and not oriented towards individuals but towards societies and human organizations.
In 2010, I organized an important Integrated Development Programme between Italy, under the patronage of the Italian Ministry of Foreign Affairs, and the patronage of Rwanda’s government.
Remembering that important programme, Rwandan friends invited me to the UN in Copenhagen for the 29th Kwibuka to give a lecture on how I helped Rwanda that had been ravaged by the bloodiest, but not the greatest, genocide in human history, where more than one million TUTSI were slaughtered with machetes wielded in murderous madness.
So, what did we do with the Italy-Rwanda development programme? Through careful networking, we put companies from both countries in a position to dialogue and develop previously unknown economic horizons.
Then, to crown it all, we held three conferences: the first in Rome at the beautiful headquarters of the IsIAO (Italian Institute for Africa and the East), which closed its doors in 2016, the second in Reggio Emilia at the headquarters of the Associazione Industriali (Association of Manufacturers), and the third at the Venice Chamber of Commerce.
And they also asked me, as an organalytical Sociatrist, to state my point of view on genocides.
There is no greater systemic violence than genocide. Genocide exhibits an extremely high level of hostility in terms of intensity, even greater than a simple war, because it takes place due to the specific desire to eliminate characteristics peculiar to the variety of the human species in the form of elements typical of a certain part of its population, without apparent related opportunist interests, as normally occurs in the case of wars between States which are started to obtain shifts of value, power or authority from one State to another.
Some of them happen in the form of civil war, such as the Rwandan genocide in the not long ago 1994, which is familiar to me because, as I said, in 2010 I was the creator of the Italy – Rwanda Economic Development Project, with the sponsorship of the Ministries of Foreign Affairs and Economic Development of the two countries, as well as economic and social realities, as well as trade and business organizations between the two countries.
Genocide is the attempt to eradicate some distinctive traits from the human species, often identified in a particular genetic heritage differentiated by the name of race, people, culture.
In Rwanda from April 7 to July 15, 1994, the eradication of the Tutsi ethnic group was attempted, with mass killings with more than one million victims.
According to psychoanalysis and many philosophies or religions, human beings are characterized by social and cohesive aspects, and by destructive and self-destructive factors (hostility). Genocide represents the highest of the latter forms of such pathological expressions.
Neuroscience has better structured the biology of human cohesion with the recent discovery of the existence of micro-organs in the human central nervous system, the so called “mirror neurons,” which preside over the mechanism of the repulsion of violence toward one’s fellow human beings. But the human brain and its workings are much more extensive and systemic, and the mere existence of these kind of neurons is not a sufficient condition to prevent or avoid violence, even organized, and mass violence too.
In fact, beyond mirror neurons, there is the experience of the acts which is also the experience of the functioning of these very neurones: murderous criminal behaviour acts in full awareness of the rejection induced by these organs and, by overcoming them, overcomes the brakes that the organism produces through signals from them.
People who belong to criminal organizations (gangs, mafia gangs, crime syndicates of various forms, etc.) feels the function of these mirror neurons only in regard to subjects who belong to the same criminal organization, and in a weaker way due to having experienced the systematic violation of the general biological principle precisely by the motor neurones.
There are 3 methods to the very serious social pathology we call genocide:
- The hysterical method
- The obsessive method
- The paranoid method
The three pathways are substantially alternatives, except for number two, the obsessive pathway which can also manifest itself as a pathology of very dangerous reinforcement of the other two, leading to the repetition of the violence of genocide to the bitter end.
There are therefore therapeutic interventions aimed at resolving the 3 pathologies, which differ from case to case.
In each pathology the cognitive process related to genocide consists in the identification of perceptual elements to be eliminated (identity markers) that determine the group, society, race to be eliminated: skin colour, height, biographical factors, behaviour, lifestyle, or other. Having achieved this identification, genocidal action must be structured on three prevailing levels:
- Techniques of identification, tools for carrying out the elimination, operational structure for the same, timing and methods of implementation
- Creation of individual psychological conditions that convince each “hostile” member of the action to implement the act of genocide
- Creation of shared theoretical and value motivations (psychosocial effect of mass exaltation, imitation, deviant philosophies and sociologies to support the necessity of genocidal action).
In Rwanda, it appears that the identification of the people to be eliminated from the Tutsi ethnic group was based on physical differences compared to the aggressor Hutus. The numerous gangs that carried out the massacre often equipped themselves in a homespun manner, even without firearms, which, in any case, resulted in exceptionally effective number of kills.
This behaviour has been explained through a certain criminological phenomenon whereby violent and bloody motivation invaded the minds of the murderers and produced a form of mass psychosis: the thought then went to primitive layers of the neurological functioning of the central nervous system; a paroxysmal state, linked to the sight of the blood and terror of the persecuted, which took hold of the assailant, making him an uncontrollable, ferocious beast.
The process of genocide was triggered by beliefs in acts of injustice and subjugation implemented on the Hutu by the Tutsi, which were then transformed into revolt and blindly bloody revenge against the latter.
How do we deal forever with such inhumane phenomena, not only morally but also biologically? The facts to be pursued are many and some are:
- Training from childhood on the process of “Difference-tolerance-integration”, based on the study of differences in culture, civilization and biology peculiar to humanity
- Specific initiatives to control and suppress violent manifestations such as bullying and racism.
- Training in the use of global communication systems for dialogue between different cultures spread around the world
- Concentrating on the expression of forms of aggression, linked to individual biological syndromes such as excessive levels of testosterone and adrenaline.
- Cultural anthropological training on the varieties of human expressions in terms of art and culture.
The experience with some of these forms of prevention has also been implemented in Rwanda, thanks to recent governments which have adopted modern democratic institutions. Rwanda’s democratic government is known to be the one that, for example, has given more space to female politicians in top roles.
The values of democracy, the consequent role of educational institutions, and the precisely the role of families is central and fundamental to finally enabling humanity to free itself from that sinister spectre of race, gender, and people violence called genocide.
Nitwa Sergio ndi Umutalian Nkunda abanyarwanda nu Rwanda.