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Diritti umani

I millennials e internet: i nativi digitali sono veramente diversi?

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Tempo di lettura: 4 minuti

Le neuroscienze esplorano se e come l’uso prolungato o intensivo di internet e tecnologie digitali durante l’adolescenza possa modificare lo sviluppo di alcune aree o di alcune funzioni cerebrali

di Antonio Virgili – pres. comm. Cultura Lidu onlus

 Tra i luoghi comuni che circolano oramai da tempo c’è quello secondo il quale i più giovani sono particolarmente abili nell’uso delle tecnologie informatiche.  E’ certamente vero che le persone più avanti negli anni hanno minore o nessuna dimestichezza con tali tecnologie, perché hanno vissuto una parte ampia della loro vita in assenza di esse, o quando queste tecnologie stavano appena cominciando a diffondersi.  Tuttavia dire che gli attuali adolescenti, o addirittura i bambini, come capita di ascoltare anche in seminari, siano non solo abili nell’uso ma anche “mentalmente” più “orientati” a tali mezzi appare una forzatura.  Anzitutto sembra si equivochi tra abilità tecnica (es.: come si accede, come si attivano i programmi) ed abilità nell’uso applicato (es.: come si cerca qualcosa), poi si confondono questi aspetti di uso con la competenza nella navigazione e di orientamento nei contenuti.  Infine, si ipotizza che avere tali abilità ed alcune competenze offra di per sé potenzialità positive notevoli.  

Il fatto è che, in analogia con quanto accadrebbe con una biblioteca, se saper leggere è il primo requisito di uso di un libro, poi seguono sapere come cercare dei libri attraverso gli schedari e pure essere in grado di trovare fisicamente tali libri, ciò non significa che si sia in grado di discernere circa i contenuti degli stessi libri, e neppure implica la capacità di usarne il contenuto in modo appropriato, cosa che richiede ben altre competenze e conoscenze.    Sarebbe preferibile dire che la maggior parte degli adolescenti è poco capace di usare correttamente internet dal punto di vista dei contenuti e resta esposta a grandi quantità di dati ed informazioni di scarsa attendibilità o addirittura pericolosi.  Lo testimonia, proprio in questo periodo, il fatto che su organi di stampa di un Paese europeo si è tornati a parlare dei molti timori dei genitori sull’uso di internet da parte dei più giovani. 

Secondo uno studio recentemente realizzato in Irlanda, tra genitori con figli dai 4 ai 14 anni, ben l’85% di essi esprime dubbi e timori sul tema e circa il 60% manifesta forti preoccupazioni sui contenuti ai quali i figli possono facilmente essere esposti attraverso internet.    La propaganda sull’importanza delle tecnologie nella formazione e nella didattica, tende a confondere gli strumenti con il fine; ciò che le rilevazioni di diversa fonte oggi riscontrano in Italia è, ad esempio, la presenza di masse di adolescenti abili -forse- nell’uso dei mezzi informatici ma a stento in grado di leggere e scrivere correttamente.   Ѐ lecito dubitare che tali adolescenti riescano a valutare criticamente i contenuti ed abbiano consapevolezza delle modalità d’uso degli stessi.   Così, saper leggere e sfogliare velocemente un vocabolario non è un criterio sufficiente per definire un bravo traduttore.   Ciò non diminuisce, s’intende, l’utilità di apprendere tali tecnologie, ma il loro uso ha molte più implicazioni, sia positive che negative.

Ci sono infatti diversi aspetti che possono diventare negativi nell’usare tali tecnologie e che appaiono meno in evidenza o sono trascurati.  Il primo è la possibilità di creare dipendenza, sia in relazione ad alcuni contenuti che rispetto alla modalità comunicativa.  Il secondo è la iper-valorizzazione delle immagini e di testi molto sintetici, che impoveriscono il linguaggio e quindi il pensiero.  Il terzo è il facile ed immediato accesso a contenuti ad alto impatto emotivo (violenza, scene di brutalità verso persone ed animali, pornografia commerciale, ecc.).  Il quarto è la facilità ad avviare o ricevere contatti a rischio (per scopi commerciali, adescamento, ecc.) con persone sconosciute, più volte dalla falsa identità, e la associata spinta a realizzare anche propri falsi profili personali.    Il quinto è la possibile alterazione, nel lungo periodo, di alcuni circuiti cerebrali e di alcune modalità di pensiero, poiché sia il cervello che le modalità di socializzazione sono in normale fase di trasformazione in questa fascia d’età. Ci si soffermi brevemente su tale aspetto, che coinvolge tutti i giovani sino all’età adulta, non per demonizzarne l’uso ma per orientare verso maggiore attenzione ed una formazione allo stesso uso del digitale che stenta ancora a svilupparsi.

Sono oramai diversi anni che le neuroscienze stanno esplorando se e come l’uso prolungato o intensivo di internet e tecnologie digitali durante l’adolescenza possa modificare lo sviluppo di alcune aree o di alcune funzioni cerebrali.   Studi condotti in numerosi Paesi, dalla Cina agli Stati Uniti, sino alle diversificate realtà europee, in relazione all’uso di videogiochi, all’uso di comunicare oramai prevalentemente attraverso social networks, ecc. hanno tutti, in vario modo e misura, confermato che i nativi digitali sono coinvolti in modificazioni comportamentali, comunicative, emozionali ed anche cerebrali non sempre transitorie.  Studi epidemiologici hanno rilevato che i disordini da gioco su internet (Internet gaming disorder, o IGD) e varie forme di dipendenza da Internet sono oramai tra i problemi e disordini mentali più comuni tra gli adolescenti.  Altri studi stanno esplorando le relazioni tra l’uso intensivo di Internet ed il volume della materia grigia, così come le diverse reazioni e coinvolgimento delle varie aree cerebrali nel favorire, o nell’essere modificate da, l’uso prolungato nel tempo.   Non ultimo, numerosi gli effetti sulle relazioni interpersonali, sugli stati emotivi e sulle risposte neuronali a situazioni di accettazione o rifiuto online, in quello che si può definire il nuovo contesto artificiale di socializzazione, che affianca o sostituisce il gruppo dei pari, che rinforza o indebolisce l’autostima, che fornisce modalità alternative di avvicinamento alla sessualità. 

  Gli adolescenti, e comunque la fascia di età dai 5 ai 18 anni, sta sperimentando situazioni in parte poco note agli stessi adulti e studiosi, il che accresce i possibili rischi sia dell’uso pilotato manipolatorio di tali tecnologie, sia degli effetti, non previsti, che possono manifestarsi.   L’esaltazione piuttosto acritica dei nativi digitali e delle grandi potenzialità dello strumento telematico, oscura questi altri delicati aspetti, che richiedono invece molta attenzione perché produrranno effetti nel medio e lungo termine e perché si rischia di avere una generazione abile nell’uso di Internet ma sempre meno in grado di gestirne i contenuti.  I nativi digitali non sono diversi, ma possono diventarlo nel tempo se non si gestiscono situazioni e contesti.  Se per alcuni gli strumenti digitali inducono ad un uso quasi rituale ed ossessivo, per altri potrebbero essere un canale positivo di azione per un mutamento sociale o di informazione per la prevenzione.  Tra luci ed ombre, forse, principalmente questi strumenti sono una presenza sempre più incombente, che attrae, distrae, assorbe tempo, ma registra tutto, che può offrire supporto ai meno dotati così come strumenti aggiuntivi ai malintenzionati, accompagnando le persone, a ciclo continuo, nell’arco dell’intera giornata. 

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