Salute
Green Pass e obbligo vaccinale: l’Italia seguirà il modello francese?
I contagi risalgono e dal 21 luglio, in Francia ci sarà l’obbligo del Green Pass per tutti gli eventi sociali, mentre da agosto sarà obbligatorio anche per bar, ristoranti e mezzi pubblici. Mentre si continua a discutere su un eventuale obbligo vaccinale e l’Italia si chiede se sia il caso di adottare il modello francese, noi ci chiediamo: tutte queste misure, ormai, hanno ancora senso?
di Giulia Di Felice
“Se non agiamo da oggi il numero di casi continuerà ad aumentare fortemente e darà vita a ricoveri in aumento dal mese di agosto”. Queste le parole pronunciate dal Presidente francese Macron nel messaggio rivolto, a reti unificate, a tutto il paese la scorsa domenica. Nuove misure restrittive, dunque, a più di un anno dall’inizio della pandemia e a più di sei mesi dall’inizio della campagna vaccinale in Europa. Dal prossimo 21 luglio, in Francia, per chi ha più di 12 anni sarà necessario il Green Pass per poter accedere ad eventi con più di 50 persone. Dai primi di agosto, invece, diventerà obbligatorio per poter accedere praticamente ovunque: bar, ristoranti, mezzi pubblici. Parallelamente, ispirandosi al modello Italia, le nuove misure stabiliscono vincoli ancor più restrittivi per il personale sanitario francese: chi non sarà vaccinato entro il 15 settembre, rischia la sospensione dal lavoro.
Obbligo vaccinale: è davvero necessario?
Sebbene la decisione di imporre – anche se in modo indiretto – la vaccinazione al personale sanitario possa avere effettivamente senso, specie in Francia, dove la percentuale di medici e infermieri non vaccinati è quasi del 40%, ha senso istituire un obbligo, non più così tanto indiretto, per tutti gli altri ambiti della quotidianità? Ha senso, giunti a questo punto, impedire a chi non ha voluto – o non ha ancora potuto – vaccinarsi di poter praticamente uscire di casa? E, soprattutto, cosa penseremmo se l’Italia dovesse ispirarsi al modello francese e proporre la stessa identica soluzione? Dopo più di un anno e mezzo dall’inizio della pandemia, potremmo sentirci di rispondere che no, forse questa non è la strada giusta. È la strada semplice, perché con un foglio ci si libera di ogni responsabilità e si finge di garantire il ritorno alla normalità ad una fetta di popolazione. E gli altri?
Non parliamo di antivaccinisti convinti o di cospiratori che credono che i vaccini portino il 5G. Parliamo di persone che hanno bisogno di rassicurazioni, che avrebbero avuto bisogno di una campagna di comunicazione più efficace sulla questione vaccini. Parliamo di persone che sono in coda da settimane e che non riescono a vaccinarsi perché continuano a spostare le date delle dosi. Parliamo, anche, semplicemente, di quelle famiglie con figli adolescenti che non se la sentono di far vaccinare i propri figli e che si vedrebbero costrette a spendere fior di soldi in tamponi per ogni evento sociale.
Chi gestirà tutta la logistica dietro i Green Pass?
Una simile misura non è ancora stata approvata in Italia ma già saltano fuori i primi desiderosi di imitare la Francia e il suo operato, senza riflettere sulle conseguenze che una misura del genere potrebbe avere – di riflesso – su tutto quel comparto che per colpa di Covid-19 ha quasi rischiato di chiudere. Parliamo di attività aperte al pubblico, di negozi, palestre, bar e ristoranti, che verrebbero penalizzati ancora una volta. Tutto questo perché, come sempre, si arriva già alla fine della strada senza però accorgersi del resto. Un esempio fra tutti: chi dovrebbe gestire la logistica? Chi dovrebbe occuparsi di controllare i Green Pass all’accesso ad un ristorante? Il ristoratore – o un suo dipendente – per poi inoltrarli alle autorità, perdendo ulteriormente tempo prezioso che potrebbe invece occupare cercando di risanare la propria attività? Oppure in ogni palestra si dovrà monitorare, oltre all’abbonamento, anche il Green Pass di ogni iscritto, ricordandosi delle scadenze?
Inoltre, abbiamo abbastanza laboratori in grado di riuscire a sostenere un così alto numero di tamponi rapidi in caso dovesse davvero diventare obbligatorio il Green Pass anche solo per uscire a mangiare una pizza? Riusciremmo a sostenere il ritmo di così tanti tamponi, ogni weekend, prima della consueta cena fuori e del consueto aperitivo? Ma, soprattutto, il Green Pass ci darà davvero la sicurezza di essere fuori pericolo? La questione di un eventuale obbligo vaccinale è molto delicata e sicuramente non può essere presa alla leggera. Così delicata, infatti, che anche l’UE si è pronunciata a riguardo ribadendo che spetti ad ogni Stato Membro prendere le proprie decisioni in merito. Ferma restando, infatti, l’importanza della copertura vaccinale come unica reale via d’uscita dalla pandemia, imporre un tale obbligo rischierebbe di sollevare più proteste che risposte positive.
La necessità di misure concrete che si basino su una ripresa e non su divieti
Insomma, la misura francese sembra non essere completamente idonea e funzionale per essere applicata, né in Francia, né nel resto d’Europa. Con questo, ovviamente, non si vuole dire che non sia necessario trovare misure che aiutino nella prevenzione dei contagi né tantomeno sminuire l’importanza della campagna vaccinale. Tuttavia, si vuole riflettere su come, ancora una volta, le misure prese non servano davvero a tutelare i cittadini ma a far discutere e far sentire al sicuro solo una fetta di popolazione, quella così fortunata da non avere dubbi, da non avere problemi economici e da non aver subito ritardi nella somministrazione delle dosi dei vaccini. Così facendo, continua a venire meno l’interesse reale nei confronti di una reale ripresa economica, di misure che anziché vietare consentano, che anziché togliere diano e che garantiscano seriamente la ripresa della normale vita sociale.