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Grecia: 60mila persone assediano il Parlamento per impedire alla Macedonia di cambiare nome

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Il piccolo Paese balcanico è l’omonimo di una regione greca e la Grecia pretende che lo Stato macedone cambi nome.

Domenica, nella capitale greca Atene, 60 mila manifestanti si sono riuniti davanti al Parlamento e diverse centinaia hanno provato ad entrare all’interno, percorrendo le lunghe scalinate dell’entrata principale, dove erano schierati 2.000 poliziotti in tenuta antisommossa che li hanno respinti servendosi di gas lacrimogeni. L’obbiettivo dei facinorosi era quello di occupare il Parlamento e impedire a quest’ultimo di autorizzare lo Stato della Macedonia a cambiare il proprio nome. Il piccolo Paese balcanico è ufficialmente riconosciuto dalle Nazione Unite come “Ex Repubblica   Jugoslava di Macedonia”, in quanto ex membro della Jugoslavia, che ha cessato di esistere nel 1991. Da allora ha avuto inizio una disputa diplomatica tra l’ex repubblica jugoslava e la Grecia, che, per quasi trent’anni, ha preteso che lo Stato balcanico rinunciasse a menzionare la parola “Macedonia” nel proprio nome. Il motivo della disputa consiste nel fatto che, nel nord della Grecia, si trova una regione chiamata Macedonia, la quale è confinante con l’omonimo Stato. Milioni di greci temono che lo Stato macedone possa avvalersi di tale omonimia per avanzare pretese territoriali a danno della Grecia, ma, nonostante le proteste, il primo ministro greco Alexis Tsipras ha continuato, e continua tuttora, a lavorare con il suo collega macedone Zoran Zaev per risolvere la questione. Lo scorso giugno i due si sono incontrati nella città macedone di Prepsa, per firmare un accordo in cui si autorizza lo Stato balcanico a cambiare il nome da “Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia” a “Repubblica  di Macedonia”.

Per essere valido, però, l’accordo deve essere ratificato dai Parlamenti dei due Paesi. La Macedonia, pur con alcune difficoltà, è riuscita a far approvare il trattato i primi di gennaio, mentre la Grecia si prepara a fare lo stesso entro questa settimana, ma non è detto che ci riesca. Secondo recenti sondaggi, il 70% dei greci è contrario all’accordo, perché ritiene che permettere allo Stato balcanico di utilizzare la parola “Macedonia”, anche nel nuovo nome, rappresenterebbe una “minaccia all’integrità territoriale della Grecia”. Inoltre, il premier Tsipras ha perso il supporto del suo principale alleato di governo e rischia di essere messo in minoranza nella prossima votazione parlamentare. Se si materializzasse questa ipotesi, Tsipras sarebbe costretto a dimettersi e a indire le elezioni anticipate. A quel punto l’accordo “sul cambio del nome della Macedonia” salterebbe e il Paese balcanico vedrebbe svanire ogni possibilità di entrare nell’Unione Europea, di cui la Grecia fa parte. In quanto membro dell’UE, lo Stato ellenico si è servito del suo diritto di veto per impedire l’ingresso della Macedonia nell’Unione Europea e per cercare, così facendo, di prevalere nella “disputa sul nome”.

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