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Gli Stati Uniti d’America, un ossimoro? Una lezione per noi

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Uno sguardo alla mappa del voto nazionale fa capire immediatamente che il paese è diviso culturalmente e questo ha avuto effetti devastanti sulla sua politica
di Gianni Pezzano
Per capire gli Stati Uniti d’America bisogna vedere la serie di documentari dei Fratelli Burns della Guerra di Secessione. Non solo spiega questo capitolo importante della Storia del paese, ma in Shelby Foote, uno storico americano dell’epoca, hanno una voce unica per far conoscere aspetti sconosciuti al pubblico d’oggi. In una puntata lui spiega che nelle scuole americane prima della guerra insegnavano “The United States of America ARE…”, cioè gli Stati Uniti d’America sono…, ma dopo è cambiato in “The United States of America IS…”, gli Stati Uniti d’America è. Una differenza sottile ma non indifferente per capire il loro concetto del paese.
Il Paese era stato fondato da tredici colonie britanniche, riconosciute nelle strisce della bandiera nazionale. Avevano deciso che la repubblica doveva avere una forma di federazione dove ogni stato avrebbe mantenuto diritti su alcuni aspetti fondamentali delle proprie amministrazioni. Questo conflitto di poteri era la motivazione degli stati secessionisti che si opponevano ai tentativi del governo centrale di abolire la schiavitù, vista da molti come una macchia su un paese che aveva la libertà come suo ideale principale. Alla fine della guerra alcuni ritenevano che i cambi causati dalla guerra avrebbero aiutato a unire di più il paese e quindi anche il cambio di grammatica. La recente campagna presidenziale dimostra che ancora esistono grandi differenze all’interno del paese.
Per dare solo alcuni esempi di forme amministrative statali; l’età della patente di guida e per poter bere alcolici cambia da stato a stato, le tasse statali variano, come anche regole di vario genere e persino le leggi elettorali, anche l’elezione del Presidente e dei parlamentari al Congresso e il Senato a Washington si svolgono con leggi statali e ogni stato le gestisce secondo le proprie regole. Perciò non è insolito vedere grandi società decidere dove mettere stabilimenti importanti secondo le regole vigenti e con le spese minime di gestione.
Questi sono esempi importanti per noi in Italia quando parliamo del Federalismo perché le differenze tra Stati possono creare conflitti inattesi quando vanno in concorrenza per attrarre industrie a stabilirsi nelle loro città. Non tutti i problemi vengono risolti perché gestiti dai governi locali invece di quello nazionale, anzi conflitti tradizionali tra stati e stati possono peggiorare situazioni a causa di queste concorrenze.
Ma la corsa per la Casa Bianca ha dimostrato un’altra realtà molto importante che era sottovalutata da tutti, iniziando dal Partito Democratico. Uno sguardo alla mappa del voto nazionale fa capire immediatamente che il paese è diviso culturalmente e questo ha avuto effetti devastanti sulla sua politica. I centri grandi sulle coste del paese a est ed ovest hanno votato maggiormente per Hillary Clinton e gli stati centrali, compresi quelli che comprendono il cosiddetto “Bible Belt”, cioè la “cintura biblica” di stati con maggioranze religiose, che comprende gli stati di Arkansas, Mississippi, Alabama, Tennessee, Georgia, South Carolina, Kentucky e North Carolina, hanno votato per il repubblicano Donald Trump.
Non aver capito le preoccupazioni e lo stato d’animo di questi stati è stato lo sbaglio essenziale che è costato la vittoria alla Clinton. Queste differenze tra gli stati essenzialmente rurali e conservatori in ogni senso della parola con le metropoli enormi come New York e Los Angeles dimostra che gli Stati Uniti non sono poi uniti quanto molti credono.
I motivi per queste differenze non si trovano semplicemente nelle varie fedi religiose degli stati, ma anche in altri fattori che erano già stati visti nell’altro voto importante di quest’anno, quello del Brexit. Paragonare le mappe elettorali dei due paesi farà vedere subito che le grandi metropoli britanniche hanno votato in grandissima maggioranza per rimanere nell’UE e invece i centri rurali hanno deciso per l’uscita dalla comunità europea.
Questi risultati si possono leggere in vari modi secondo le politiche personali di ciascuno, ma in entrambi i casi vediamo le paure di cittadini rurali per la presenza di immigrati e stranieri nel loro paese, come anche contro poteri centrali che considerano nocivi agli interessi dei residenti dei centri urbani.
Nel corso dei quasi due anni della campagna presidenziale gli americani si sono resi sempre più conto che non esiste il modello unico de “l’americano” standard come pensano molti all’estero, ma che il modello cambia da zona a zona e che molti di loro hanno un lato xenofobo e ultraconservatore non evidente all’osservatore forestiero, sia all’estero che nella capitale nazionale.
Sono problemi che gli americani devono affrontare, ma sono problemi che si trovano in quasi ogni democrazia moderna. Ne avremo una prova in Francia nella loro campagna presidenziale e anche noi in Italia dobbiamo affrontare il problema perché la Lega domina in alcune regioni italiane, ma la sua incapacità di costruire è la prova lampante che anche nel nostro paese esistono le stesse divisioni e timori che hanno portato alla vittoria di Trump negli USA.
Impariamo da queste lezione dell’estero perché, in ogni senso, sono esempi rilevanti anche per noi perché, a dispetto delle differenze di lingue e di culture, le differenze essenziali tra individui non esistono, abbiamo tutti gli stessi timori e le stesse speranze e agiamo tutti secondo questi nostri aspetti innati. Se vogliamo migliorare la vita per tutti dobbiamo capire e trovare le soluzioni adeguate.