Arte & Cultura
Giustizia, Lidu: sistema cinese rischia di contagiare occidente
Scarpa, segretario dell’associazione umanitaria, lancia allarme: diritti umani chimera in qualsiasi paese che come la Cina non mette al centro dell’attenzione i diritti fondamentali della persona
Roma, 25 luglio – “Il nuovo codice di procedura penale approvato dall’undicesimo Congresso Nazionale del Popolo della Repubblica Popolare Cinese , rileva la natura meramente illusoria dei miglioramenti, in termini di diritti umani, che le autorità cinesi presentano con questo nuovo apparato legislativo” ne è convinto Riccardo Scarpa, docente di diritto Costituzionale e segretario nazionale di Lidu onlus ( Lega Italiana Diritti dell’Uomo).
Si tratta di un codice che ha colmato un vuoto legislativo di circa 15 anni, tanto è il tempo che si è dovuto attendere per un rinnovamento di leggi che privavano i cittadini in Cina di qualsiasi tutela giuridica in ambito processuale.
Ma cosa è cambiato davvero?
“ E’ vero che l’articolo 83 del nuovo codice prevede che la detenzione dell’indagato venga notificata alla famiglia entro 48 ore dalla carcerazione ma si precisa subito che ciò può avvenire solo qualora la comunicazione non ostacoli investigazioni relative alla sicurezza nazionale e attività terroristiche” – risponde Scarpa e aggiunge “giova ricordare che ogni manifestazione di dissenso politico è considerata dall’autorità cinese una minaccia alla sicurezza nazionale e quindi l’articolo citato non tutela assolutamente chi si batte per la libertà di pensiero o di credenza” .
Quindi il fatto che sia prevista una notifica di comunicazione avvenuto arresto alla famiglia dell’indagato non permette nessun intervento legale della stessa in difesa del proprio parente?
“ Basta pensare che lo stesso articolo 83, pur informando la famiglia con notifica non prevede obbligo ad informare né sul luogo di detenzione e neppure sulle ragioni che hanno prodotto la detenzione. Si tratta di un governo dispotico che con l’annuncio del nuovo codice intende ancora beffarsi del mondo intero”
Quali sono allora i reali diritti dell’indagato?
In realtà nulla di nuovo sotto il sole orientale: se gli articoli 73 e 33 di questo nuovo codice di procedura penale prevedono formalmente il diritto dell’indagato, a cui venga applicata la misura degli arresti domiciliari, di ricevere assistenza di un avvocato, l’articolo 37 recita che sia discrezione degli inquirenti approvare gli incontri tra avvocato e cliente, tenuto conto sempre dei casi di minaccia alla sicurezza nazionale e terrorismo e cioè dei reati sfacciatamente contestati ai dissidenti politici ed in primo luogo agli attivisti che propugnano e difendono i diritti dell’uomo. Inoltre nessuna norma prevede regole per scegliere i luoghi in cui designare la residenza per arresti domiciliari. Se si considera che così da sempre questo governo barbaro ha sequestrato detenuti è facile trarne le conseguenze”.
E riguardo la tortura largamente applicata come metodo coercitivo per ottenere confessioni nel passato in Cina? E la pena di morte?
“L’attuale articolo 54 parla di inutilizzazione delle prove strappate con la tortura, la violenza, le minacce ed altri mezzi illegali, e anche la possibilità dell’indagato di fornire prove dell’uso di questi mezzi illegittimi ma non si dice nulla sui mezzi procedurali per poter esercitare questa facoltà. Se ne deduce che a una persona orrendamente torturata non venga offerto uno spazio processuale per poterlo dimostrare. Quanto alla pena di morte, che viene applicata in Cina anche per reati contro il patrimonio come un qualsiasi furto, l’articolo 239 del nuovo codice prevede la possibilità che la Corte suprema confermi la sentenza ed invii il processo ad una Corte di grado inferiore oppure emetta una nuova sentenza. Per altro l’articolo 240 dà facoltà di intervenire nelle procedure davanti alla Corte suprema solo a pochissimi avvocati, di provata fedeltà al regime a cui è stata graziosamente concessa questa possibilità”.
Dunque nessuna possibilità di difesa?
“Se si considera che l’articolo 48 consente solo agli imputati con reati punibili con la pena di morte o con l’ergastolo di avere assicurata una qualche forma di difesa nelle fasi preliminari del processo, ma senza chiarire attraverso quali procedure, e che il diritto all’accesso alla documentazione del processo da parte dei difensori è di fatto subordinato alla facoltà del pubblico ministero di scegliere il materiale al quale concede l’accesso si avrà un quadro abbastanza preciso degli “ incisivi mutamenti” che il nuovo codice apporta per la difesa dei diritti dell’uomo. Se si considera inoltre che in genere, i giudici cinesi hanno la consuetudine di ordinare l’arresto degli avvocati che asseriscono che le affermazioni del cliente sono state estorte con la tortura, il quadro è completo”.
“ Voglio concludere tuttavia con un parallelo che è importante evidenziare perché l’esperienza cinese, dove la giustizia è una longa manu del regime che governa il paese, non produca duplicati anche in occidente in assenza di indirizzi politici che mettono al primo posto i diritti fondamentali dell’uomo” afferma Riccardo Scarpa al termine del colloquio.
“Intendo dire – spiega Scarpa, lanciando un allarme- “che la consuetudine dei Pubblici Ministeri di incriminare gli avvocati è ultimamente abbastanza diffusa anche in Italia, ad esempio nel foro di Milano. Mi riferisco ad un’infinità di casi che non compaiono sui giornali ma che sono noti nel circuito professionale di cui faccio parte”.
Su quest’ultima affermazione il segretario Lidu ha preso impegno con la nostra redazione di fornire casi nel concreto, in cui gli imputati non siano persone celebri su piano politico ma semplici cittadini con “problemi di giustizia”.