Italiani nel Mondo
Giornalisti: i volti sconosciuti della nostra Cultura – Journalists, our Culture’s unknown faces
Giornalisti: i volti sconosciuti della nostra Cultura
La morte il weekend scorso del giornalista Gianpaolo Pansa ha segnato la fine di una generazione di giornalisti italiani straordinari
La morte il weekend scorso del giornalista Gianpaolo Pansa non solo ha segnato la fine di una generazione di giornalisti italiani straordinari, ma ci dà l’opportunità di guardare con un occhio diverso il ruolo di questa categoria, spesso criticata da politici e dal pubblico, nel nostro orgoglio nazionale più grande, la Cultura.
Stranamente, con un’eccezione, i nostri grandi giornalisti sono sconosciuti all’estero perché scrivono in italiano e spesso trattano temi d’interesse solo per il nostro paese. Infatti, l’eccezione è Oriana Fallaci, che non solo aveva la base negli Stati Uniti, ma ha scritto su temi di grande interesse internazionale ed in inglese, e quindi ha potuto trovare da sola il proprio posto sul podio dei giornalisti internazionali. Per questo motivo Fallaci non è inclusa nell’elenco che vogliamo proporre in questo articolo, non per suo demerito ma come riconoscimento di questa capacità.
Inoltre, spesso si dice che “i giornalisti scrivono la prima bozza della Storia”, e mentre trattiamo questi grandi giornalisti teniamo questo ben in mente perché proprio per questo i nomi che stiamo per proporre ai nostri lettori internazionali, sono nomi che hanno anche dato contributi fondamentali per capire la Storia d’Italia e quindi anche la nostra Cultura.
Ora puntiamo il faro su alcuni dei nomi principali del nostro giornalismo, a partire da colui che era allo stesso tempo il giornalista italiano più controverso e il più importante.
Il primo testimone
Quando morì nel 2001 Indro Montanelli fu definito da molti come il “testimone al (20˚) secolo” e non solo in Italia. Nato nel 1909 il giornalista da Fucecchio in Toscana fu testimone di episodi fondamentali per la nostra Storia, come l’ascesa del fascismo, la guerra coloniale italiana in Eritrea (come ufficiale dell’esercito coloniale), la Guerra Civile Spagnola, l’invasione della Polonia nel 1939, l’invasione sovietica dei paesi baltici, le due guerre tra la Finlandia e l’URSS nel 1940, e come anche la “macelleria messicana” a Piazzale Loreto dopo la morte di Mussolini nel 1945.
Dopo la guerra ha continuato a fare l’inviato in Giappone, la divisione del sub-continente indiano in India e Pakistan, la guerra in Corea, le guerre di liberazione dalla Francia in Vietnam e Algeria, per finire la carriera come corrispondente internazionale con il servizio straordinario della Battaglia di Budapest nel 1956, quando l’URSS ha schiacciato la rivolta comunista ungherese.
Al ritorno in Italia ha fatto il cronista e opinionista fino alla sua morte all’età di 92 anni, ma queste parole semplici nascondono un uomo che poteva muovere centinaia di migliaia di voti con i suoi commenti, e i conflitti con Silvio Berlusconi a causa della rottura della loro collaborazione ne “Il Giornale”, fondato da Montanelli stesso, dopo l’entrata del magnate della politica nel 1994, sono la prova della sua importanza e immagine nel paese.
Inoltre, lui diede un contributo importante alla nostra Cultura, specificamente scrivendo una Storia d’Italia in 27 volumi, insieme ai collaboratori Roberto Cervaso prima e Mario Cervi poi, che hanno fatto conoscere anche al pubblico meno colto il nostro passato in modo semplice e conciso.
Ci vorrebbe un libro per raccontare la sua vita, ma il fatto che sia sconosciuto all’estero è una ferita all’onore sia del nostro giornalismo che alla nostra Cultura che deve essere guarita.
Ma come lui ci sono anche altri giornalisti che hanno fatto la prima bozza della Storia di moltissimi episodi fondamentali della nostra Storia e non solo.
Altri testimoni
Come Montanelli e Pansa, Enzo Biagi e Giorgio Bocca sono stati testimoni di episodi importanti del nostro paese. Nei loro articoli e poi nei loro libri hanno spiegato al lettore la guerra civile, che molti in Italia non volevano riconoscere come tale alla fine dell’ultima guerra mondiale.
Questi giornalisti hanno visto e raccontato i cambiamenti del paese devastato dalla guerra, la partenza di milioni di emigrati italiani per una vita nuova all’estero, l’evoluzione della nuova Repubblica italiana, il boom economico degli anni 60, gli “anni di piombo” del nostro terrorismo e la guerra quasi nascosta tra l’estrema sinistra e l’estrema destra nel nostro territorio, scandali e trionfi nazionali come anche episodi mai chiariti del tutto come almeno due tentativi di golpe in Italia come quello del “principe nero” Junio Valerio Borghese, e di Giovanni di Lorenzo il comandante generale dei Carabinieri, che ancora oggi creano scandalo quando vengono nominati in Italia.
Tristemente, questi nomi grandissimi stanno lentamente sparendo dalla memoria nazionale a partire dai giovani del paese. Però, se vogliamo davvero conoscere la Storia d’Italia e gli enormi cambi nelle nostre usanze e tradizioni, di tutti i tipi, abbiamo l’obbligo di tenere le loro opere alla luce del sole, perché nessuno meglio di loro ha potuto spiegare e descrivere ogni sfumatura della Storia e la Cultura che sempre nominiamo, ma che pochi conoscono davvero.
Poi, c’è un’altra categoria che dobbiamo considerare quando parliamo delle eccellenze del nostro giornalismo, ma, incredibilmente, pochi dei loro estimatori oggigiorno ricordano, oppure sanno, che le loro origini si trovano nelle redazioni dei giornali italiani.
Giornalisti/Autori
Dino Buzzati, Guido Piovene, Curzio Malaparte e Giovanni Guareschi sono nomi fondamentali della letteratura italiana del ‘900, ma le storie che loro hanno raccontato nei loro libri spesso ebbero origine nei servizi giornalistici. In un caso il luogo principale di un libro fu ispirato dal luogo di lavoro.
L’ispirazione di Fortezza Bastiani, il luogo del romanzo straordinario “Il Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati, definito da Indro Montanelli, il suo ex collega di lavoro dal Corriere della Sera, “il più grande romanzo italiano del 900”, fu proprio la sala di redazione del Corriere dove nella mente lui non vedeva giornalisti in attesa di sviluppi, bensì soldati in attesa eterna per la battaglia che non arriva mai. Infatti, leggendo i servizi di Buzzati si percepisce immediatamente l’origine del suo stile inconfondibile.
Possiamo vedere allo stesso modo le opere di Guido Piovene e la vita nascosta di Milano, o Curzio Malaparte che con i suoi libri “Kaputt” e La Pelle” raccontò l’Italia della guerra che lui vide sia da giornalista che da protagonista; ma colui che ha meglio ha raccontato l’Italia che vedeva e amava era sicuramente Giovanni Guareschi.
Con i suoi libri e i film ispirati da loro che avevano come protagonisti il prete don Camillo e il sindaco comunista di Brescello Peppone, Guareschi ci fa capire come nessun’altro le divisioni nella società italiana nei decenni dopo la seconda guerra mondiale. Si, i libri fanno ridere, ma forniscono anche dettagli del retroscena di quelle politiche che, un decennio dopo, diventeranno le ispirazioni prima delle proteste del 1968 e poi della nascita del terrorismo italiano che ancora oggi tormenta la coscienza nazionale.
Notizie e la Storia
Non c’è alcun dubbio che i giornalisti scrivono la prima bozza della Storia. Loro forniscono lo scheletro che permetterà agli storici del futuro di metterci la pelle, i muscoli e gli altri organi man, mano che gli inevitabili Segreti di Stato e la scoperta di documenti nascosti, a volte accidentalmente, ma, come il notorio “armadio della vergogna”, intenzionalmente offuscato da coloro che vorrebbero coprire le proprie tracce e responsabilità, vengono di nuovo alla luce.
Il giornalista ci fornisce le emozioni e l’atmosfera del giorno che documenti freddi non possono trasmettere, ma non conoscono che una parte della Storia di questi incidenti perché fin troppo spesso i veri responsabili e/o colpevoli e/o motivi degli incidenti non sono affatto evidenti.
Basta guardare gli sviluppi e le controversie e i processi infiniti legati, per nominare solo due dei tanti incidenti del genere della nostra Storia, agli attentati di Piazza Fontana del 1969 e alla Stazione di Bologna del 1980, per vedere i misteri che ancora oggi sono nascosti dagli occhi del pubblico che ha il diritto finalmente di sapere la verità.
Perciò, con la morte di Pansa, accogliamo l’occasione non solo per ricordare e onorare la sua vita e lavoro, ma anche il contributo fondamentale che lui e i suoi collegi illustri e meno illustri hanno dato alla nostra Storia e alla nostra Cultura.
Journalists, our Culture’s unknown faces
The death last weekend of the journalist Gianpaolo Pansa marked the end of a generation of extraordinary Italian journalists
The death last weekend of the journalist Gianpaolo Pansa not only marked the end of a generation of extraordinary Italian journalists but it gives us the opportunity to look in a different way at the role of this category that is often criticized by politicians and the public in our nation’s greatest source of pride, Culture.
Strangely, our great journalists, with one exception, are not known overseas because they write in Italian and often deal with issues that interest only our country. In fact, the exception is Oriana Fallaci who not only had her base in the United States but she wrote in English on issues of great international interest and therefore she could find on her own her place on the podium of international journalists. For this reason Fallaci will not be included in the list we want to propose in this article, not because she is unworthy, which she is not, but in recognition of this ability.
Furthermore, it is often said that “journalism is the first rough draft of history”, so let us bear this well in mind as we discuss these great journalists because for this very reason the names we are about to reveal have also given major contributions to the understanding of our history and therefore our Culture as well.
Now let us take the spotlight in hand and point it on some of the major names of Italian journalism starting with he who was at the same time Italy’s most controversial and most important journalist
The first witness
When he died in 2001 Indro Montanelli was defined by many as the “witness to the (20th) century” and not only in Italy. The journalist born in Fucecchio in Tuscany in 1909 was a witness to many very important historical episodes such as the rise of Fascism in Italy, Italy’s Colonial War in Eritrea (as an Italian colonial army officer), the Spanish Civil War, the German invasion of Poland in 1939, the Soviet invasion of the Baltic States, the two wars between the USSR and Finland in 1940 and also the so-called “Mexican butcher shop” in Milan’s Piazzale Loreto after Mussolini’s death in 1945.
After the war he continued to be a foreign correspondent in Japan, the division of the Indian sub-continent into India and Pakistan, the Korean War, the Wars of Liberation from France in Vietnam and Algeria and he ended his career as a war correspondent with the extraordinary series of articles of the Battle of Budapest in 1956 when the USSR squashed the Hungarian communist revolt.
On his return to Italy he was a reporter and opinion writer until his death at the age of 92, but these simple words hide a man who could move hundreds of thousands of votes with his comments and the arguments with Silvio Berlusconi due to the break in their collaboration in the newspaper “Il Giornale”, that Montanelli founded, after the magnate entered politics in 1994 are the proof of his importance and image in the country.
In addition, he gave a major contribution to our Culture, specifically by writing a 27 volume history of Italy, together with collaborators Roberto Cervaso first and then Mario Cervi, that let even the less educated members of our public know our past in a simple and concise way.
It would take a book to tell the story of his life but the fact that he is unknown overseas is a wound to the honour of both our journalism and Culture that must be healed.
And like him there are also other journalists who wrote the first rough draft of many major incidents in history and not only in Italy.
Other witnesses
Like Montanelli and Pansa, Enzo Biagi and Giorgio Bocca witnessed major episodes in our country’s history. In their articles and then in their books they explained to the readers the Civil War that many in Italy refused to recognize as such at the end of the last world war.
These journalists saw and told the stories of the changes in the country devastated by war, the departure of millions of Italian migrants to start a new life overseas, the evolution of the new Italian Republic, the economic boom of the 1960s, the “anni di piombo” (years of lead) as the years of terrorism in our country were known and the almost occult war between the extreme left and the extreme right in our country, scandals and national triumphs, as well as episodes that have never been fully explained such as at least two attempted coups d’état in Italy by the ex-Fascist “Black Prince” Junio Valerio Borghese and Giovanni di Lorenzo, the commanding general of the Carabinieri both of which today still cause outrage when they are mentioned in the country.
Sadly, these great names are slowly disappearing from the nation’s memory, starting with young people. However, if we truly want to know Italy’s history and the enormous changes in our habits and traditions, of all types, we have a duty to keep their works in the limelight because nobody better than they was able to explain and describe every shade of the history and Culture that we always mention but few truly know.
And then there is another category that we must consider when we talk about the excellence of our journalism but, incredibly, few of their admirers today remember, or know, that their origins were in the newsrooms of Italian newspapers.
Journalists/Authors
Dino Buzzati, Guido Piovene, Curzio Malaparte and Giovanni Guareschi are fundamental names of Italian Literature in the 20th century but the stories they told in their books often originated in news reports. In one case, the setting of a book was inspired by that very workplace.
The inspiration for Fortress Bastiani, the setting for Dino Buzzati’s extraordinary novel “Il Deserto dei Tartari” (The Tartar Steppe), that his former colleague at Milan’s Il Corriere della Sera newspaper, Indro Montanelli, called “the greatest Italian novel of the 20th century”, was the Corriere’s newsroom where in his mind he did not see reporters waiting for developments but instead soldiers waiting eternally for a battle that never came. In fact, when you read Buzzati’s newspaper reports you can easily sense the origins of his unmistakeable style.
We can say the same for the works of Guido Piovene and Milan’s hidden world, and also Curzio Malaparte who, with his books “Kaputt” and “La Pelle” (The Flesh), told the story of the war in Italy that he saw as both a journalist and a protagonist. But the person who best narrated the Italy he saw and loved was surely Giovanni Guareschi.
With his books and the films inspired by them that have as their protagonists the priest Don Camillo and the communist mayor of Brescello Peppone Guareschi let us understand as nobody else could the divisions within Italian society during the decades after the Second World War. Yes, the books make us laugh but they also provide details of the background of that political period that a decade later would become the inspiration firstly for the 1968 protests and then the birth of Italian terrorism that still torment’s Italy’s conscience today.
News and History
There is no doubt that journalist write the first rough draft of history. They provide the skeleton which will allow historians in the future to fill in the skin, muscles and the other organs as the inevitable state secrets and the other documents that were hidden, sometimes accidentally but, like the notorious “cupboard of shame”, hidden intentionally by those wanted to cover their tracks and responsibility, come to light once more.
Journalists give us the emotions and the atmosphere of the day that cold documents cannot transmit but they know only part of the history of these incidents because all too often the true people responsible and/or guilty parties and/or reasons for the incidents are not at all evident.
We only have to look at the developments and the infinite controversies and trials connected, to name only two of the many such incidents in our history, the bombings of the bank in Milan’s Piazza Fontana and the Bologna railway station, to see there are mysteries that are still hidden today from the eyes of the public that has all the right to finally know the truth.
So, let us consider this when we are tempted to yell “Fake news” at an unwelcome news item because, if the journalist does not knew exactly all the details, how can we judge whether or not a news item is “fake”?
Therefore, with Pansa’s death let us take this opportunity to not only remember and honour his life and work but also the fundamental contribution that he and his illustrious and less illustrious colleagues have given to our history and culture.