Arte & Cultura
Giorgio Fantozzi, cantautore del nuovo millennio
Il 14 novembre a Rieti presso la Maison 57 al Palazzo Vecchiarelli, dalle 17:00 ci sarà la presentazione del suo album “Il Pastrano”
Di Francesca Rossetti
Roma, 9 novembre – Giorgio Fantozzi è un giovane e promettente cantautore con una storia molto particolare alle spalle, eccola.
Chi è Giorgio Fantozzi e come nasce la tua passione per la musica?
Io credo di essere un ragazzo molto comune, mi sono diplomato al liceo delle scienze sociali, sono sempre stato molto riservato, timido, la musica mi teneva compagnia durante le giornate e praticavo la kick boxing , almeno fino alla fine dell’estate 2010. In quel periodo infatti sono stato colpito da una malattia latente con cui ci sono nato, ma che è esplosa facendomi finire su un lettino d’ospedale. Ho rischiato la vita e proprio per questo, una volta uscito da quella situazione, i medici mi dissero che non potevo più continuare a praticare il mio sport, che era troppo pericoloso e che avrei dovuto cambiare stile di vita. La musica in tutto questo è arrivata sicuramente in modo inaspettato. Fino a quel momento infatti non avevo mai toccato uno strumento, la vita però ha preso una svolta improvvisa e io ho dovuto cambiare le mie abitudini, mi sono dovuto ricostruire da zero. Così un giorno, passando di fronte a un negozio musicale, decisi di spendere i soldi ricevuti al mio 18° compleanno per comprarmi una chitarra. Tornai a casa e cominciai a scrivere ciò che mi ero tenuto dentro da una vita e che non avevo mai avuto l’opportunità di dire. Non so spiegarmi perché è andata così, è accaduto tutto in modo totalmente naturale. Forse era già scritto.
Dal ring all’ospedale: come si è manifestata la malattia nella tua vita e quale ruolo ha giocato la fede in questo?
Frequentavo il 5° anno al liceo superiore e quella mattina, come spesso accadeva a dire il vero, avevo perso l’autobus e mio padre dovette accompagnarmi fino a scuola. Appena arrivato cominciai a perdere sangue dal naso, accadeva spesso e non sapevamo da cosa dipendesse, ma non era mai stato un problema così grande, quindi corsi in bagno per sciacquarmi il viso, mio padre mi seguì e dopo un po’ capimmo che la situazione stavolta era diversa. Il sangue non voleva saperne di fermarsi e fu necessario chiamare un’ambulanza e correre in ospedale, stavo morendo dissanguato. Le persone che mi erano intorno volevano farmi forza, ma temevano molto più di me quello che stava accadendo, i miei familiari erano terrorizzati, così decisi di dargli coraggio cercando di sorridere. Ricordo che non ero del tutto lucido in quel momento, la vista si annebbiava e compiere anche il più piccolo movimento era una vera e propria impresa, ma nel profondo sapevo che semplicemente non era finita. Credere in quella vocina nella mia testa che mi teneva ancorato alla convinzione che ancora non era giunto il mio momento è stato il motore che mi ha permesso di riprendermi, di non cedere. Credere è tuttora la forza che mi spinge ad andare avanti.
Di che cosa parlano le tue canzoni e cosa cerchi di comunicare al pubblico?
I testi delle mie canzoni spaziano in molti argomenti. Sicuramente tutti nascono dall’esperienza che ho vissuto e di come mi sono trovato a riscoprire la vita. Alla fine credo che il senso dell’album sia di far rendere conto della fortuna che abbiamo e di cui spesso ci dimentichiamo di avere. Troppo spesso infatti pensiamo che ogni piccolo ostacolo basti per rendere una giornata un inferno, ma quando sei ad un passo dal perdere ogni cosa, quando speri di poter rivivere ancora una volta anche solo quel piccolo ostacolo, allora cominci a capire la bellezza di ciò che ti circonda. La bellezza delle cose semplici e di come viverle sia la cosa migliore che ti possa capitare. Cominci a fare caso a quello che davi per scontato e capire quale è il suo vero valore. Se c’è una cosa che voglio trasmettere al pubblico è quella di andare avanti per la sua strada, godersi le cose piccole, le cose semplici, ma le cose vere. Non prestate attenzione alle cose effimere, non cercate di seguire chi è troppo costruito perché la bellezza pura è una cosa semplice. Se un viso è bello non ha bisogno di nessun trucco per essere migliorato.
Per fortuna ti sei ripreso dal coma: al tuo risveglio come era cambiato il mondo ed il rapporto con le persone rispetto a come le ricordavi prima?
La cosa che è cambiata maggiormente è come io ho cominciato a vedere il mondo. Ho aperto gli occhi su quante opportunità abbiamo e non è vero che certi treni passano una volta nella vita. Finché siamo vivi abbiamo sempre un’occasione, c’è sempre speranza e anche se raggiungere l’obbiettivo a volte è faticoso e ci sembra lontano, il viaggio vale la pena di essere vissuto. Sono diventato un positivo cronico. Questo è quello che ho poi raccontato nelle mie canzoni. I miei amici mi sono stati vicini e ho incontrato molte belle persone da quell’esperienza. Sicuramente sono sempre stato un tipo sensibile, ma forse adesso capisco meglio le difficoltà che si trova ad affrontare chi ha più bisogno di aiuto. Ad oggi mi sono arrivati moltissimi messaggi di persone che nutrono grande rispetto per me, c’è chi mi definisce come un esempio di vita e questo è veramente il regalo più grande che potessero farmi. Io mi sento veramente onorato. In definitiva il rapporto con le persone è migliorato senza dubbio. Io sono maturato e la cosa che mi fa stare meglio è vedere come le persone si sentono bene, sollevate e di buon umore ascoltando i miei pensieri e soprattutto le mie canzoni.
Hai studiato alla scuola di Mogol: quali importanti lezioni hai imparato da questo grandissimo Maestro e quali artisti famosi hai conosciuto?
Intanto è stato un vero onore conoscere e apprendere il più possibile da un maestro come Mogol. Io ho frequentato il corso e sono diplomato come autore di testi. Lui in questo insegna il modo come prendere le emozioni che noi scriviamo e unirle alla musica in modo da creare quell’unione che ti fa arrivare il più forte possibile un pensiero. Ti insegna il modo come amplificare la potenza delle emozioni che vuoi trasmettere attraverso il metodo di scrittura e composizione della canzone. Per me è stata importantissima quella scuola perché l’ho sentita come il completamento di un percorso che avevo iniziato da solo cominciando a scrivere non riuscendo però ad esprimere al meglio il potenziale delle canzoni. Alla fine non c’è mai una legge universale quando si parla di musica e di emozioni, loro viaggiano in un mondo a parte e non puoi sapere cosa colpiranno, però puoi indirizzarle e il maestro ti offre i metodi per cercare di aprire quella corsia che ti fa arrivare i colpi allo stomaco. Io ho conosciuto alcuni personaggi importanti grazie alla scuola. Oltre al maestro Mogol e suo figlio Cheope, ho studiato con Giuseppe Anastasi, autore delle migliori canzoni di Arisa come “La notte”, “Controvento” e “Sincerità”. Ho poi stretto una collaborazione con Stefano Pettirossi arrangiatore e produttore artistico dell’album “Mogol – Battisti in versione rock, New era” e Lele Anastasi, anche lui arrangiatore e produttore artistico che ha suonato tra gli altri con Michele Zarrillo e Antonello Venditti. Con loro abbiamo inciso il mio primo disco.
Come si intitolano i tuoi album e quando sarà presentato l’ultimo?
Il mio primo album si intitola “Il Pastrano” è uscito il 6 ottobre 2015 su Amazon mp3, iTunes, Google play, Spotify e tutti gli altri digital stores disponibili, ma anche in forma fisica. Lo presenteremo sabato 14 novembre 2015 a Rieti presso la Maison 57 al Palazzo Vecchiarelli, dalle 17:00.
Per info su presentazioni e concerti https://www.facebook.com/giorgio.fantozzi/