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Diritti umani

“Ghetti” per i rifugiati in Danimarca, dove ogni reato si punisce col doppio della pena

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Sono abitati per lo più da immigrati musulmani che devono attenersi agli usi e costumi danesi per non essere perseguiti legalmente dal Governo di estrema destra.

di Vito Nicola Lacerenza

La Danimarca è attualmente governata da un partito di estrema destra il cui principale obiettivo è quello di distruggere le periferie urbane più degradate, denominate “ghetti”. Sono 25  aree suburbane abitate prevalentemente da rifugiati provenienti da Paesi islamici come Siria, Iraq, Afganistan  e Turchia. Moltissimi immigrati sono disoccupati o percepiscono redditi bassi e l’unico modo che hanno per arrivare a fine mese è quello di usufruire dei sussidi statali: aiuti alimentari, istruzione, sanità  e abitazioni gratuite. La Danimarca, come ogni Paese europeo, ha sofferto una prolungata crisi economica, a cui è seguito un aumento esponenziale della pressione fiscale, che pesa per il 50% sul reddito dei danesi, sempre meno disposti a destinare i fondi pubblici per gli aiuti agli abitanti dei ghetti, che, secondo il primo ministro danese Lars Løkke Rasmussen, “allungano i loro tentacoli sulle strade dove  le gang alimentano l’insicurezza”. Gli scontri armati tra bande criminali, dedite allo spaccio di droga, sono molto frequenti nei ghetti, in cui la cultura islamica “costringe le persone a sposarsi anche se non si amano  e considera le donne meno importanti degli uomini”. Per il premier danese Lars Løkke Rasmussen, i musulmani sono i rappresentanti di un’ “anti-cultura” incompatibile coi valori occidentali. Ecco perché il governo Rasmussen ha fatto approvare in Parlamento una legge che obbliga i “bambini del ghetto” a frequentare, fin dai primi anni d’età, un corso di 25 ore settimanali sui “valori danesi”, in cui, oltre all’educazione e alla cultura locale, si approfondiscono temi inerenti alla religione cattolica, come il significato del Natale e della Pasqua.

L’obiettivo del corso è quello di far sì che le nuove generazioni di musulmani “assimilino”  la cultura danese, rifiutando quella islamica. Alle famiglie non è permesso interferire col “processo educativo” d’integrazione senza essere perseguiti legalmente. Per i genitori che rifiutano di mandare i bambini al corso di “valori danesi” è prevista la sospensione del sussidio statale, mentre per coloro che inviano per “troppo tempo” i figli nei Paesi islamici d’origine, nella speranza che apprendano gli usi e i costumi musulmani, sono previsti quattro anni di carcere. Un altro provvedimento, preso dall’attuale governo danese, riguarda la lotta alla criminalità all’interno dei ghetti, dove, da poco, ogni reato viene punito col doppio della pena. Ma non tutti i disegni di legge del governo di  Lars Løkke Rasmussen sono stati approvati in Parlamento, specie quelli ritenuti più estremi. Come la proposta di impedire ai “giovani del ghetto” di uscire di casa dopo le 20:00 e di applicare alla caviglia un braccialetto elettronico per permettere alla polizia di localizzarli.

 

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