Arte & Cultura
Gastrite: il magazine infiammato sull’odio buono per i fastidi della vita

Cinque ragazze e un progetto: Gastrite magazine. Una rivista indipendente per rimanere aggiornatə sui fatti contemporanei, affrontati in modo cinico e politicamente scorretto. Ce ne hanno parlato le 5 ideatrici.
Ghiandole sudoripare allo stremo, battito cardiaco accelerato e una voglia impellente di urlare: manca meno del 5% di batteria e il PC sul quale sto scrivendo si spegnerà. Nervoso puro, da infiammare lo stomaco! Se anche tu, sei un essere umano intollerante ai piccoli fastidi del mondo e della vita, oltre a un maalox, dovresti “assumere” una o, se possibile, più pagine al giorno di Gastrite. Un magazine indipendente, cinico, irriverente e de-costruttivo nato dall’idea di 5 ragazze under 30: Francesca Mauri, Fabiola Papini, Rosa Coppi, Elisa Finesso ed Elisabetta Azzalini i cui destini si sono incrociati durante un corso virtuale per il percorso di laurea magistrale in Design della Comunicazione. Il compito è chiaro: creare un «artefatto editoriale sul disagio in qualsiasi sua forma».
Così, tra una chiacchierata e l’altra su ciò che queste ragazze amano odiare, sui pensieri scomodi e inespressi viene fuori Gastrite per «sdrammatizzare fastidio e odio, ribaltando la visione dei problemi» e non cadere nella spirale del pessimismo. Ma Gastrite, non è solo una visione cinica della realtà, perché ha anche un volto: quello sprezzante di una giovane correttrice di bozze sottopagata «costretta a leggere e rileggere articoli noiosi, a lato dei quali scrive e scarabocchia i suoi pensieri più sinceri e spietati».
In sella, quindi, al motto di «Una bella risata è meglio di mille mal di stomaco!» e con il vessillo del politicamente scorretto in vista, queste 5 ragazze hanno già dato alle stampe i primi due numeri del magazine: zero, sulla salute e uno, sul tema dell’educazione. All’interno dei magazine, da acquistare online sul sito di Morsi Editore e fisicamente presso alcune librerie e fiere (indicate sul profilo Instagram di Morsi e del progetto), il lettore troverà tanto, ma tanto “odio” e riflessioni su temi attuali plasmati con creatività, grazie anche alle collaborazioni con diversi artisti, per far ridere e far riflettere.
Ebbene, armatevi di brioschi o maalox, perché ne leggerete delle belle.
Chi sono le fautrici di Gastrite magazine? Descrivetevi
«Fabiola, apprendista Boomer. Mi piace il caffè e la maionese. Dopo mesi come infiltrata, nessunə si è accortə che sono di un’altra generazione. Ho scritto di Boomer, Millennial e Gen-Z.
Elisabetta, trend analyst. Suono il clacson ai ciclisti, mi piacciono le penne lisce e ho scritto di gentilezza, schwa e camerierə.
Elisa, entertainment creator. Nonostante la resting bitch face, sono simpatica. Forse. Vivrei di focacce e ho scritto di false credenze, giochi e quiz della patente.
Rosa, esperta di prossemica. Vivo serena nel mio piccolo spazio vitale, effondete un po’ più in là, grazie. Ho scritto di toccaccionə, pubblicità, esemplari social e imperatori.
Francesca, rules designer. Sono la ciclista a cui suona Betta, amo bere il brodo in tazza a merenda. Ho scritto di genitori, bambini e cappelli».
Come vi siete incontrate?
«Per sei mesi abbiamo lavorato “virtualmente” durante il corso frequentato al Politecnico di Milano. Alcune si conoscevano già, altre no. La prima volta che ci siamo viste di persona tutte insieme il magazine era già finito, e la prima frase che ci siamo dette è stata “Ma io ti facevo più alta/bassa!”. Un momento strano, ma molto bello».
Cosa vi lega?
«Cinque sfumature di uno stesso fastidio verso il mondo! E poi, naturalmente, l’amore (bleah, odiamo questa parola) verso il magazine, la grafica, le illustrazioni, e le battute stupide. Soprattutto quelle».
Quando avete creato il magazine perché avete scelto proprio il nome Gastrite?
«Il nome Gastrite per noi non rappresenta un disturbo qualsiasi, ma uno stile di vita. È una parola che brucia solo a pronunciarla, ha un suono che sfrigola e stride. Ed è la giusta via di mezzo tra il cugino Reflusso e la zia Ulcera. Gastrite è anche il nome proprio della protagonista della nostra rivista, sulla copertina di ogni numero, impegnata a odiare un argomento diverso. Lei è il nostro spirito-guida».
Quali sono i temi che trattate sul magazine Gastrite?
«Ogni numero è una sorta di monografia cinica su un tema contemporaneo sempre differente. Siamo un po’ come le vecchie di paese che dalla finestra cercano di captare tutto quello che si dice in giro, perciò in un certo senso gli argomenti che trattiamo sono un “pot-pourri generalista” della società in cui viviamo. Approfondiamo temi attuali con un approccio trasversale.
Gli argomenti a cui prestiamo più attenzione sono quelli critici per la nostra generazione come il lavoro, i diritti, la salute, ma abbiamo una spiccata preferenza per ciò che riguarda la società e la tecnologia, forse dovuta alle nostre sensibilità e competenze personali. Per ogni numero scegliamo un macrotema, che punzecchiamo cercando di tirare fuori gli aspetti che ci sembrano più succosi, e soprattutto su cui possiamo fare satira senza “pestare troppo i piedi” toccando temi più grandi di noi.
Anche se il politicamente scorretto è il nostro motto, a volte preferiamo toccarla piano e fare ironia sulla vita di tutti i giorni, con qualche affondo critico che possa comunque risvegliare, a parte il mal di stomaco, anche in qualche modo l’autocritica neə nostrə lettorə. Gastrite è quella rivista che leggi e a cui ripensi quando sei in fila alle poste, quando una commessa prova a convincerti in tutti i modi a comprare quel vestito “che ti sta proprio benissimo” (certo, come no) e a tutti gli altri fenomeni quotidiani che provocano bruciore di stomaco».
Com’è strutturata graficamente Gastrite?
«A livello grafico, ogni numero ha una coppia di colori contrastanti sempre diversa e un set di caratteri tipografici espressivi e giocosi. Il numero uno, ad esempio, impiega una decina di font, tutti rigorosamente open source. La rivista si sviluppa in quattro macro sezioni, ognuna delle quali si apre con un riferimento cinematografico e prosegue con articoli di diversa natura, interviste e rubriche. Nel corso di tutto il magazine ci sono moltissime illustrazioni e commenti realizzati da Gastrite stessa, che scrive e disegna i propri fastidi tra un paragrafo e l’altro. Proprio per questo, molte volte i commenti e i disegni si sovrappongono al contenuto testuale, per ribadire il susseguirsi di pensieri soggettivi e incalzanti.
Gli articoli all’interno del magazine sono impaginati secondo un layout molto vario, che ci divertiamo a rinnovare continuamente a seconda degli argomenti. A volte costringiamo ə lettorə a ruotare di 90° la rivista per leggere – quasi scomodamente – il format Zitti parla Gastrite!, un re-flusso di coscienza vomitato su carta dalla nostra alter ego Gastrite in persona, che racconta gli avvenimenti tremendamente fastidiosi della sua vita. Gastrite è una rivista molto densa di grafica, colori, testi e sottotesti, un po’ perché ci divertiamo un mondo a nascondere degli easter-egg, e soprattutto per coinvolgere attivamente chi sfoglia il magazine. Lo riempiamo di figure, tanto lo sappiamo che non viene quasi mai letto per intero».
Quale messaggio volete diffondere con questo progetto editoriale?
«Come dichiariamo nella nostra bio di instagram, se vuoi essere unə lettorə di Gastrite “non devi prenderla sul personale”. In ogni numero inevitabilmente odiamo alcune categorie di persone, ma questo non è un attacco, quanto più una critica nel senso di “interpretazione e valutazione” di alcune tendenze o atteggiamenti che, a nostro parere, nascondono un lato oscuro e contraddittorio.
Il fine ultimo, forse, è proprio smascherare l’altra faccia della medaglia, come abbiamo fatto nel numero zero attraverso la storia della prima lezione di yoga di Gastrite, che si è cimentata maldestramente in posizioni impossibili e mantra incomprensibili, circondata da Boomer impallinate con il newage. Spesso i personaggi che prendiamo in giro e di cui facciamo caricature imbarazzanti siamo noi stesse. Non stiamo assolutamente parlando delle persone ipocondriache, imparanoiate o dei giovani Boomer, noi siamo delle perfette Gen Z/Millennial/Nonloabbiamomaicapito…»
Accettate collaborazioni?
«Non solo le accettiamo: le cerchiamo costantemente! Siamo sempre aperte a ogni forma di collaborazione artistica sia per quanto riguarda il magazine vero e proprio, sia per i nostri canali social. Conoscere e cooperare con altre persone ci permette di ampliare la visione di Gastrite e scoprire nuovə compagnə di viaggio con cui smezzarci un maalox. Entrambi i numeri di Gastrite ospitano 16 illustrazioni inedite di giovani artistə fenomenali che si sono prestatə per rappresentare le loro ipocondrie, ansie e assurdità. Inutile dire che siamo state colpite allo stomaco dalla loro presa bene! Uno dei nostri obiettivi a lungo termine è dare spazio, all’interno del magazine, a un numero sempre maggiore di persone per creare una rete gastritica, non solo di critica verso il mondo attuale ma soprattutto di awareness e positività.
Nell’ultimo numero abbiamo ospitato Visionary e Nonseilibero*, due giovani realtà di attivismo digitale e non solo, mentre nel numero zero abbiamo intervistato le ragazze di Wovo Store per promuovere la loro campagna di prevenzione dell’HIV. Nei prossimi numeri vorremmo dare voce a progetti, artistə e scrittorə cinici e irriverenti che si identifichino nel mood di Gastrite. Se qualche lettorə dell’intervista fosse interessatə, siamo – quasi sempre – reperibili al nostro indirizzo email: gastrite.magazine@gmail.com! Offriamo gastroprotettori e gloria eterna».
Cos’ha Gastrite che altri magazine non hanno?
«Sicuramente un nome fuori dalla norma. E poi Gastrite nasce come una rivista di strada, cioè un prodotto editoriale che si può distruggere, ricomporre, scarabocchiare, strappare… Con questo progetto vogliamo creare una community che condivida questo stile di vita e far ridere – ma anche riflettere – il nostro pubblico sui tempi assurdi che stiamo vivendo».
Oggi, ad esempio cosa vi ha provocato la gastrite?
«Il governo, il covid, i 46°C all’ombra, il ventilatore che si rompe, la carta dello yogurt che si strappa male… molte cose».
Dove attingete per i temi da affrontare sulla rivista?
«Prima di tutto scegliamo un tema e ci lasciamo trasportare dai fastidi che ci suscita. Poi, andiamo più in profondità e ci documentiamo su canali di informazione più o meno mainstream, per contestualizzare il nostro fastidio nel panorama contemporaneo. Il nostro punto di partenza sono le principali testate giornalistiche online, dalle più tradizionali come Repubblica a pagine social più divulgative come Will, Factanza, Torcha e molte altre.
In parallelo al lato “serioso” della faccenda facciamo anche una ricerca su profili più leggeri (primo tra tutti Sapore di male) che cercano di sdrammatizzare gli argomenti dell’attualità attraverso la satira o il cinismo, per osservare anche realtà simili alle nostre. Scopriamo sempre che i fenomeni in questione coinvolgono tantə nostrə coetanei e non solo.
Ad esempio, nel numero zero abbiamo esplorato la tendenza a “curarsi su internet” e sviscerato (verbo non casuale) il tema da vari punti di vista: a partire dal mitico Yahoo Answer per finire aIla correlazione tra le “orme digitali” e le previsioni sulla diffusione del coronavirus. Siamo un po’ come dei parafulmini: cinque testimoni del nostro tempo che cercano di catalizzare l’attenzione su temi scottanti che coinvolgono la collettività».
La vostra visione del mondo è…
«Irritata ma curiosa, disillusa ma indistruttibile».
Se doveste “buttare giù da una torre” un falso positivo o un cinico/odioso che scegliereste?
«Grazie del trabocchetto. Probabilmente, salveremmo il cinismo per buttare giù l’ipocrisia, ma forse questa cosa potrebbe essere usata contro di noi».
Tre cose politicamente corrette che odiate?
«Dover salutare tuttə col sorriso. Uno sforzo incredibile che causa paralisi facciali e forti mal di testa. Fare la fila. Non si può solo passare davanti a tuttə e basta? Essere SEMPRE super cortesi. A volte è sopravvalutato».
Tre politicamente scorrette che amate?
«Dire la verità anche quando non bisognerebbe. Hai il quoziente intellettivo di un plancton? Problemi tuoi.
Mangiare l’ultimo pezzo di qualcosa che rimane nei vassoi comuni nel tavolo. Ma perché si lascia sempre? Se ho fame me lo mangio. Suonare il clacson ai ciclisti. E inveire contro di loro. Evviva l’automobile come luogo liberatorio».
“Odio” e cinismo ai tempi dell’odio social: capita spesso di vedere online leoni da tastiera o hater che attaccano gli altri e il magazine Gastrite, è un progetto sull’odio. Secondo voi c’è odio e odio?
«Secondo noi, l’odio è come il colesterolo: esistono quello buono e quello cattivo. Gastrite vuole trattare l’odio buono, quello che ti fa sorridere e che ti accompagna nei piccoli gesti del quotidiano. Un odio che non si genera dall’invidia o dal rancore, ma dall’inadeguatezza e dal disagio di ritrovarsi in determinate situazioni. Tutti odiamo i cani che abbaiano, la vecchietta che fa la predica o chi canta stonato al karaoke. Gastrite tratta di un odio ingenuo, che ci accompagna tutti i giorni per combattere le aspettative sociali che ci vogliono sempre raggianti, sorridenti e con pensieri armoniosi. Nessuno è così, tutti odiamo qualcosa. Gastrite ne parla per normalizzare questa sensazione e lo fa ridendoci sopra».
Avete già in mente i temi del prossimo numero?
«La redazione ne sta discutendo. C’è sicuramente un podio di argomenti che ci piacerebbe trattare, ma per il momento stiamo esplorando in giro. Per rimanere aggiornatə seguiteci su Instagram, per i prossimi numeri e non solo!».