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Arte & Cultura

Franca Centaro, le foto dall’aura magica della ritrattista e fotografa di scena dell’Inda

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Franca Centaro foto
Tempo di lettura: 8 minuti

Franca Centaro e le foto scattate quando «il magma dell’attore è pronto per esplodere in scena». La ritrattista e fotografa di scena dell’Inda racconta la passione per la fotografia nata da ragazzina, una sua giornata tipo all’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, la mostra fino al 15 luglio a Ortigia “Il teatro racconta” e tanto altro.

L’odore di solventi pervade l’atmosfera di una piccola camera oscura a Roma. Qui, accade lo straordinario: i lineamenti, i sorrisi, gli sguardi fugaci e quelli malinconici, appaiono lentamente su un foglio bianco, incalzati dall’occhio attento e curioso di chi li ha “irretiti” e consegnati per sempre all’immortalità. 

In questo luogo magico, Franca Centaro osserva incantata le foto di papà Orazio, artista e fotografo ritrattista di personaggi noti come Totò, Mariangela Melato e Raffaella Carrà; ed è in quel preciso istante, che avviene la sua iniziazione al mondo della fotografia. Ritrattista e fotografa di scena dell’Inda (Istituto Nazionale del Dramma Antico), Franca Centaro nasce a Roma nel 1953 dove vive fino all’età di 17 anni per poi trasferirsi a Siracusa, dove studia ragioneria e lavora all’Ordine dei medici.

Ma l’amore per la fotografia pulsa sempre nel suo cuore. Memorabili rimangono, infatti, per lei gli anni nella Capitale al fianco del padre, che segue con la sua macchina fotografica analogica e dal quale apprende l’amore per il bello, il confronto con i soggetti immortalati e l’importanza delle sfumature generate da un’emozione. Insegnamenti preziosi, che diventano punti cardinali per la sua passione, anche quando il destino le fa visita nel 2010 e viene scelta come uno dei fotografi di scena del ciclo di rappresentazioni classiche che si tengono ogni anno al Teatro Greco di Siracusa.

Il movimento, l’interazione tra i personaggi e il pathos immortalati dall’obiettivo di Franca sono solo l’ultima fase di un percorso, basato sull’approfondimento, sul rispetto solenne della persona fotografata e della situazione vissuta. Scatti accurati ed emozionanti, dunque, che non sono passati inosservati alle riviste Vanity Fair, Repubblica, Rumor(s)cena, Sipario, Theatre Journal; sono stati scelti per il catalogo dell’Arte Moderna n53 del 2018 Editoriale Giorgio Mondadori ed esposti in diverse mostre e collettive, tra cui Anime e Pathos presso l’Università di Tor Vergata a Roma (2017) e la recente mostra Il teatro racconta fino al 15 luglio presso l’Art Gallery Mirabella a Ortigia.  

Ecco cosa ci ha raccontato davanti a un caffè Franca Centaro, fotografa dal carattere socievole, sempre aperto alle novità della vita e che rifugge gli scatti continui perché come ci confessa: «Devo essere io a decidere quando scattare, non la macchina. Devo essere consapevole di quello che voglio». 

Franca Centaro, i primi scatti: tra ricordi, bellezza e precisione

 Quando ti chiama a sé la passione per la fotografia? 

«Ho iniziato a scattare da ragazzina con l’analogico; ero attratta dalla magia che veniva fuori dalla macchina fotografica. Mio padre autodidatta (come me), che da sempre ama la fotografia e l’arte, mi ha trasmesso questo amore e parte della tecnica. Lui ha cominciato a fotografare nel 65’ personaggi all’epoca giovanissimi, come Ilaria Occhini, Paola Pitagora, Raffaella Carrà (madrina di mia sorella) e molti altri artisti diventati tutti suoi amici. Fino al 67’ ho vissuto in camera oscura ed ero con lui quando faceva i servizi fotografici anche alle 5 del mattino in via del Corso a Roma. Ho assorbito da lui la passione per la fotografia e, inconsapevolmente, l’ho incamerata giorno dopo giorno».   

Raffaella Carrà-Roma 1964 – Foto di Orazio Centaro

 Qual è l’insegnamento che tuo padre ti ha trasmesso sulla fotografia e che applichi ancora oggi? 

«La precisione, l’amore per l’estetica e la bellezza d’animo. Quello che ho applicato spesso è la sua capacità di entrare in contatto con le sue modelle. Prima di tutto, mi diceva, di instaurare un rapporto: la persona da fotografare si deve fidare di te, altrimenti non vedrai niente e non passerà nulla da quelle immagini, se non una foto ben fatta. Viceversa, se riesci a entrare in sintonia e farti mostrare quello che la persona è nella realtà e nel suo intimo, si compirà la magia e verrà un ritratto che colpisce. Poi lui, attraverso della musica stimolante metteva a loro agio le modelle per carpire la loro anima e la loro umanità. Alcuni soggetti, entravano talmente in simbiosi con lui che si commuovevano.

Tempo fa, Amanda Sandrelli mi ha contattato dopo averla fotografata a una serata a Palazzo Biscari a Catania. Arrivata a casa sua ha detto “Capirò subito se possiamo andare d’accordo o no, perché dopo i primi scatti di solito mando via il fotografo”. Sono rimasta 2 ore; siamo entrate subito in sintonia ed empatia. Lì ho messo in atto i ricordi di papà e come faceva». 

Amanda Sandrelli spettacolo di Milonga a Catania-Franca Centaro

 Ricordi i tuoi primi scatti?  

«Le mie prime foto, che decretavano il passaggio dall’analogico al digitale, le ho sperimentate a casa con i gatti e nella milonga. Le foto scattate ai miei gatti sono rimaste nel cuore, perché li prendevo negli attimi in cui erano più teneri o buffi; con le loro foto ho fatto anche una collettiva. In quel periodo ballavo il tango e, prima ancora che al Teatro Greco di Siracusa, mi sono formata nelle milonghe, dove fotografare era complicato per l’assenza di luce e per le persone in movimento. La milonga, però, è un posto dove c’è musica e ballando si esprimono emozioni, anche quando non ci si conosce; se riesci a carpire le emozioni di un abbraccio, uno sguardo o di un passo particolare hai fatto bingo, perché sono momenti speciali».  

Gaspi – Franca Centaro

Cosa rappresenta per te la fotografia? 

«Allineare l’occhio, il sentimento, il cuore e il pensiero. Rappresenta tutto, perché per me è un bisogno. Mi dà pace e nello stesso tempo mi scuote, perché vorrei sempre fare di più. Attraverso quello che faccio fisso un’immagine che rimarrà per sempre e la cosa che più mi esalta è che da un’immagine, una persona può venire proiettata ad esempio a una tragedia che ha visto. Quindi, la fotografia rappresenta moltissimo della mia vita perché è qualcosa di cui oggi non potrei fare a meno e se qualcuna delle mie foto riesce a trasmettere un’emozione, un palpito vuol dire che ho raggiunto l’obiettivo di quella che è una mia necessità».  

Franca Centaro foto della milonga

CUS Catania 2010 – Cristian y Virginia -Franca Centaro

Franca Centaro e gli scatti per l’Inda 

Nel 2010 entri a far parte dei fotografi di scena dell’Inda. Cosa hai provato? 

«Una forte emozione e una grande gioia. Un giorno, mentre ero a una rappresentazione hanno parlato di me al sovrintendente dell’Inda e mi hanno fatto provare subito in scena con degli scatti. Durante i miei primi tempi all’Inda, fortuna volle che ho scattato delle foto a Fedra (allora impersonata da Elisabetta Pozzi) di cui una rimasta memorabile; così da lì è iniziato tutto il percorso. Questo spettacolo era molto stimolante, lei era pazzesca e ci ho messo tutto il cuore per realizzare la foto di Fedra. La sentivo ed è riuscita».  

Fedra 2010 – Elisabetta Pozzi (Fedra) -Franca Centaro

Ci racconti una giornata tipo all’INDA? 

«Un mese prima vado dove gli attori svolgono le prove e comincio a sondare il campo: conosco la compagnia e la tragedia, cerco di catturare tutte le indicazioni del regista per me importantissime, perché devo sapere cosa va in scena, per fotografare il momento topico che rimane nell’immaginario di vede la tragedia. Attraverso il backstage, un lavoro molto stimolante, cerco di cogliere i momenti significativi come il pathos dell’attrice che ripassa. E viceversa, durante le prove, vivo con gli attori dal primo giorno, assisto alla lettura a tavolino quando ancora non si conoscono e al lavoro del regista che li sprona.

Vivo un culmine di emozioni e sono catapultata in un mondo, dove ho la possibilità di vedere la trasformazione degli attori, la loro metamorfosi nella mimica, nel corpo e nell’espressività. La trasformazione dell’attore è un arricchimento; infatti, gli scatti più belli li faccio quando già il magma dell’attore è pronto per esplodere in scena. Mi sento fortunata di poter fare tutto questo a casa mia».  

Franca Centaro, le foto spettacolari e la pazienza di saper attendere 

 La rappresentazione classica che hai fotografato e ti ha regalato più emozioni? 

Le Baccanti e le Coefore e Eumenidi, di Antonio Calenda e Daniele Salvo. Ne le Baccanti Calenda ha portato in scena il balletto della Martha Graham Dance Company di New York e lì ho fatto delle foto spettacolari. Queste ragazze hanno arricchito lo spettacolo, bello già di suo, e cercavo di interpretare tutto quello che loro dicevano attraverso il corpo e di fermarlo in uno scatto. Con Daniele Salvo sentivo ho vissuto molto il lavoro del regista, bravissimo dal punto di vista professionale e creativo.  

Quanto sono importanti la concentrazione e l’attesa per la riuscita di uno scatto? E quanto riesci a stare concentrata? 

«Non penso ad altro e mi immedesimo nella situazione. Cerco di non avere distrazioni, perché è un attimo: riesci a carpire oppure no. La concentrazione deve essere massima e cerco di “muovermi” e ottenere risultati quando è possibile. Quando c’è il teatro pieno non posso farlo, perché devo rispettare le persone che assistono allo spettacolo e gli attori. Ad esempio quando c’è silenzio assoluto non posso disturbare con il click degli scatti, per cui tutto il lavoro importante lo faccio durante le prove, l’antegenerale e la generale (la prova prima della prima)». 

Ti è mai capitato di immaginare uno scatto nel backstage e poi immortalarlo realmente sulla scena? Una sorta di scatto premonitore. 

Sì. Mi succede durante le prove degli attori, quando si riscaldano nei camerini e ci sono delle scene che, magari, non sono complete; me le immagino e poi succede. Lo scatto di Fedra è un esempio: me la sono immaginata con questa veste in scena e poi quando ho rivisto lo scatto nella selezione meticolosa mi sono resa conto di averla presa. Ne le Baccanti anche mi ero immaginata la scena di una ballerina che faceva la ruota con la gonna voluminosa e quello me l’ero immaginata.  

Baccanti Martha Graham Dance Company – Ph.Franca Centaro

Quali sentimenti ami cogliere di più con la tua macchina fotografica? 

«Il momento in cui la donna è al massimo del dolore e del dramma. Fotografo quello che arriva alla scena culmine. In Edipo a Colono, ad esempio, ho fotografato le due sorelle Antigone e Ismene. Sembra quasi un quadro mistico e spirituale, dove c’è un’estrema tenerezza e dolore; sono stata contenta del risultato». 

Franca Centaro foto Edipo a Colono

Edipo a Colono – Roberta Caronia (Antigone) e Eleonora De Luca (Ismene) – Franca Centaro

 Fino al 15 luglio all’Art Gallery Mirabella di Ortigia la mostra Il teatro racconta. Ce ne parli? 

«Il teatro racconta, è una mostra dai duplici significati. Racconta la storia dei personaggi, il processo per andare in scena e anche la mia vita. In quel “racconta” c’è un mondo dietro e racconto tutto quello che è legato alla realizzazione delle foto, c’è la vita dietro ogni scatto e in chi guarda, e si crea una sorta di un mix di sentimenti paura, angoscia e gelosia.

Racchiude la selezione di un periodo del Teatro Greco e ho voluto dare la possibilità alle persone di ricordare tutto quello che hanno visto o non hanno potuto vedere. Le foto in mostra le ho abbinate secondo un criterio di spiritualità». 

 Stai già lavorando agli scatti del nuovo ciclo di rappresentazioni di quest’anno: Agamennone, Edipo re, Ifigenia in Tauride e Orestea. Hai già in mente uno scatto premonitore? 

«Sì! Ma non posso dire nulla. Quest’anno con l’Agamennone per la regia di Davide Livermore, un professionista sensibile e dalla sua capacità di creare squadra nella compagnia, so già che sarà un anno speciale».   

Prossimo progetto?

«Un volume con una raccolta delle mie foto, al quale però voglio dedicare del tempo perché la selezione di foto nel loro racconto deve avere un valore».

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