Attualità
Emigrazione al contrario, Italia verso Albania
Dopo gli albanesi sbarcati in Italia in cerca di fortuna, la crisi spinge molti italiani verso l’Albania per un lavoro.
di Vito Nicola Lacerenza
Sono oltre ventimila gli italiani emigrati in Albania negli ultimi anni. A dispetto del suo passato sovietico e della cronaca legata al narcotraffico, il paese balcanico è sempre più ambito dai nostri giovani, che vedono l’Albania come una “terra promessa” dove giocarsi una chance per il proprio futuro. Sembrano passati secoli dai giorni dell’agosto 1991 quando navi partite da Durazzo hanno sbarcato a Bari e Brindisi oltre ventimila profughi albanesi in cerca di lavoro. Ora, invece, si sta assistendo ad una vera e propria emigrazione al contrario. Un colpo di scena della storia dell’emigrazione. Ma come è stato possibile? «In Albania ci sono le condizioni per fare qualcosa che in patria non avrei potuto fare- ha detto Fabio Rocchi, giovane imprenditore toscano, impegnato nell’import-export di prodotti gastronomici italiani emigrato a Tirana capitale dell’Albania- Il problema è che in Italia non vedi la prospettiva.
Lavori 14-15 ore al giorno e i conti non tornano. Qui è diverso, grazie a ad un carico fiscale che va dal 7,5% al 15%». Un’ implicita critica agli scaglioni IRPEF italiani che vanno dal 23%-al 43%, anche se a rendere davvero appetibile il paese balcanico dal punto di vista imprenditoriale è il basso costo della manodopera locale. Basti pensare che un dipendente in Albania costa intorno ai 300 euro al mese. Una condizione ottimale per il business, che vede gli introiti alleggeriti dai contributi previdenziali, obbligatori in Italia per il lavoratore, ma non certo per la politica sociale, lontana anni luce dagli standard europei. È uno dei nei, insieme al narcotraffico e alla dilagante corruzione, che tuttora affligge questo paese, ma che non sembra, però, aver scoraggiato i nostri connazionali. «Quando sono arrivato in Albania, tutti mi prendevano in giro come se fossi sbarcato da un gommone. – ha conluso – Qui c’è un’energia e un attivismo che in Italia non ho mai riscontrato…non dico che qui è il bengodi, un posto dove i giovani arrivano e fanno i soldi facilmente…però per chi ha voglia di mettersi in gioco, ha un sogno, qui può ancora realizzarlo».
Prospettiva e dinamismo. È il mix che ha reso Tirana, una delle capitali più energiche dei Balcani. Per avere un’idea della metamorfosi che l’Albania sta vivendo basta soffermarsi su un nome, “Blloku”, ovvero “blocco”. Così è chiamato il quartiere chic di Tirana, che durante l’unione sovietica, di cui il paese faceva parete, era una zona off-limits, “bloccata”, appunto. Adesso è una specie di “gran bazar” pieno di ristoranti di alta cucina italiana, alberghi, moderni uffici, studi di ogni tipo e negozi di lusso, dove non è raro veder parcheggiate Ferrari e Lamborghini. Comunque, senza dover arrivare a tanto, questa piccola nazione sulla costa est dell’adriatico, ha dato soddisfazioni anche a coloro che erano semplicemente stanchi di una situazione di precarietà stabile. «Io in Italia ho sempre lavorato in nero, come moltissimi miei amici, e non ero mai pagato puntualmente- ha raccontato un operaio di 26 anni da un anno trasferitosi in Albania- Era tutto così incerto. So che potrà sembrare strano, ma l’Albania è stato il primo paese ad avermi regolarizzato. Per me è una realizzazione sapere che sarò retribuito regolarmente ogni primo del mese. È una bella sensazione.».