Diritti umani
E’ in salvo la ventenne di origini pakistane costretta ad abortire dai genitori

Legata e poi fatta abortire la giovane trasferita con l’inganno da Verona in Pakistan, ha chiesto aiuto al governo italiano che è intervenuto in tempo. I genitori, che l’avevano segregata, volevano sposasse un uomo contro la sua volontà.
di Vito Nicola Lacerenza
Un lieto fine per Farah la ragazza pakistana, che con la famiglia si era trasferita dal suo Paese a Verona nel 2008. La giovane innamoratasi di un italiano era rimasta incinta e voleva sposarlo, ma i suoi genitori glielo hanno impedito e con una scusa l’hanno convinta ad andare in Pakistan a visitare il padre e altri familiari. Ma al suo arrivo in Patria il padre l’ha legata per otto ore in attesa dell’aborto , perché solo dopo aver perso il bambino, Farah avrebbe potuto sposare il marito scelto per lei dalla sua famiglia: un uomo pakistano, musulmano e residente nella sua nazione d’origine. Un luogo dagli usi e costumi del tutto diversi da quelli della città veneta, dove Farah, frequentando le scuole e frequentando amiche e amici italiani, si è integrata e in cui ha immaginato di trascorrere la vita con la persona amata. La ragazza non si è persa d’animo ed ha inviato messaggi agli amici in Italia che hanno avvisato la Farnesina che si è subito attivata con il governo pakistano.
Ora la giovane è salva ed in buone mani: la polizia locale che si è recata presso l’abitazione dei genitori l’ha trovata spaventata e molto provata. Resta in attesa del passaporto, bruciato al suo arrivo in Pakistan dai parenti aguzzini, e presto rientrerà in Italia. Un destino migliore di quello di Sana la ragazza italo-pakistana strangolata dal padre, perché colpevole di aver rifiutato il marito scelto per lei. Sana è stata attirata in Pakistan con una scusa, proprio come Fara, che, attraverso il suo cellulare di nascosto ha chiesto aiuto alle autorità italiane. Stesso il movente del comportamento criminale delle due famiglie, che non hanno potuto accettare la libertà di scelta in amore delle proprie figlie. Sebbene per moltissimi occidentali non ci sia nulla di male nella possibilità di scegliere autonomamente il partner maschile, per la cultura pakistana trasgredire alle imposizioni dei genitori è un oltraggio imperdonabile, tale da giustificare un aborto forzato. «Quando chiedo ai miei genitori perché hanno tolto la vita al mio bimbo, mi dicono che questo non è nulla rispetto a quello che ho fatto io- ha scritto Farah in un messaggio inviato ad un’amica dal Pakistan, dove si trovava prigioniera- Dicono che anch’io ho tolto la vita al loro rispetto nella società».