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Politica

Divina (LN): trasformare Banche popolari in Spa vanifica gli sforzi di PMI e dei territori di appartenenza

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‘Per ora è solo un decreto, sarà il Parlamento a decidere’ – dice Sergio Divina. Ma le sorti del Investment Compact voluto dal Governo vedono, oltre al dissenso della Lega, anche il no dei sindacati di categoria e di NCD

Sergio_Divina5Roma, 21 gennaio – “Il Governa si appresta a modificare il regime operativo delle Banche Popolari. Poi sarà il turno delle BCC ossia delle Casse rurali. Stranamente questi due tipi di istituti di credito sono quelli che meglio hanno superato i momenti di crisi dal 2008 ad oggi” è il commento ‘a caldo’ di Sergio Divina, vicecapogruppo al Senato in quota Lega Nord, subito dopo l’annuncio del  Governo di trasformare dieci Banche Popolari in società per azioni entro i prossimi 18 mesi. “La conoscenza del territorio, degli imprenditori, dei clienti ha fatto si che le Casse rurali, ancorchè toccate dalla crisi, non dovessero sopportare le sofferenze che invece hanno toccato fortemente tutte le altre banche italiane ed europee. I direttori delle Popolari e delle Rurali, in virtù delle conoscenze personali, hanno erogato crediti a clientele molto più affidabili e raramente sono incappati in incagli e sofferenze dovute alla scarsa solvibilità dei debitori” spiega Divina, “Le grandi banche, invece, hanno operato con altri sistemi, facendo più finanza che credito ed abbiamo visto importanti salvataggi solo grazie agli aiuti governativi, sia attraverso i Tremonti-bond sia diretti come da ultimo il Monte dei Paschi di Siena”. La riflessione di Sergio Divina si ricollega all’essenza stessa delle banche popolari, istituti di credito costituiti in forma di cooperativa e che limitano all’1% del capitale la massima possibilità di partecipazione per ogni socio, a meno che lo statuto della banca stessa non preveda limiti più bassi. In pratica, ogni socio delle banche popolari può esprimere nell’assemblea degli azionisti un solo voto, indipendentemente dal numero di quote possedute. Quindi le banche popolari non sono mai scalabili, poiché nessun soggetto (e soprattutto nessun’altra banca) può arrivare ad acquisire da solo il controllo diretto della maggioranza dei voti nell’assemblea. La nomina degli amministratori di ogni istituto deve dunque avvenire con un ampio consenso tra tutti gli azionisti, quasi come il funzionamento delle economie di una grande famiglia dove tutti si conoscono tra loro. “Ora il Governo vorrebbe cancellare l’importante esperienza delle banche capitarie, dove ogni socio ha un solo voto, – incalza Divina – per sottoporle tutte alle regole civilistiche dell’azionariato societario, dove contano solo i soci con più quote e le dimensioni della società”. In termini più chiari con il decreto Investment Compact il governo cancella il voto capitario (un voto per ogni azionista) e anche il limite dell’1%. Con questo decreto tutte le banche popolari con un patrimonio superiore agli 8 miliardi dovranno trasformarsi in spa nei prossimi 18 mesi e dunque diventeranno di fatto scalabili da qualsiasi soggetto terzo, come una qualsiasi società per azioni. “Noi Trentini rischiamo di veder vanificato più di un secolo di esperienze cooperativistiche, che hanno permesso, attraverso le Casse rurali, anche a territori con pochissime risorse di poter giocare la carta della mutualità, sola che ha permesso nel corso del secolo scorso di veder crescere e prosperare aree e territori penalizzati geograficamente, che altrimenti avrebbero solo subito il fenomeno migratorio” spiega Sergio Divina con riferimento ad una realtà che conosce molto bene “Il testo avrà la forma del decreto legge, ancorchè non esista nessuna forma di urgenza per procedere, ma questo perlomeno consentirà al Parlamento ed a noi senatori, in sede di conversione, di poter esprimere tutta la nostra contrarietà a questa operazione” conclude in attesa che il decreto approdi in Aula, tenuto conto anche della reazione negativa sulla manovra, oltre quella della Lega, anche da parte dei sindacati di categoria e del Nuovo Centrodestra, alleato di governo.

 

 

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