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Diritti umani

Il diritto d’ espressione nell’era dei social

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Divulgare notizie false e tendenziose che fanno presa sui pregiudizi dei lettori mette in grave pericolo il diritto di essere informati correttamente sugli eventi della vita con grave rischio delle scelte future della popolazione

 

Di Gianni Pezzano

 

Ci sono concetti che accettiamo senza riserve perché fondanti della nostra vita. Due di questi sono il diritto d’opinione e d’espressione e sappiamo che senza questi due diritti la Democrazia moderna sarebbe impossibile. Come tutti le idee importanti i cambi del tempo e in questi casi gli sviluppi tecnologici ci impongono di proteggerli in modo che saranno sempre attuali e non minacciati da coloro che cercano di storpiarli.

In primo luogo dobbiamo capire che il diritto d’espressione e d’opinione hanno limiti imposti dalle loro nature e anche dalla legge. Il fatto che possiamo dire o pensare qualcosa non vuol dire che sia necessariamente vero. Malgrado le prove scientifiche schiaccianti ci sono ancora quelli che credono che il mondo sia piatto e come questo ci sono altre teorie complottistiche che vanno avanti senza alcuna prova concreta.

Questi due diritti sono limitati dalle leggi di tutti i paesi con  la diffamazione, la calunnia e l’incitamento a odio razziale. Perciò non possiamo esprimere opinioni verso persone, siano politici o privati, senza il rischio d’incorrere in sanzioni penali e civili. L’esistenza di leggi del genere è la prova palese che questi diritti non devono ledere i diritti altrui. Però, gli sviluppi tecnologici e particolarmente l’espandersi dei social media degli ultimi anni li hanno messi a dura prova.

La recente campagna elettorale americana vinta da Donald Trump ha visto un’esplosione di dibattiti internazionali sul social media che ha dimostrato il peggior volto del dibattito civile. Chi ha seguito questi dibattiti ha visto non solo un livello bassissimo di scambi con epiteti ingiuriosi verso Trump, Clinton e gli altri interlocutori, ma anche una diffusione di notizie false e diffamatorie. Infatti, in vista delle elezioni di quest’anno il Governo Tedesco ha già annunciato controlli severi dei social media con la minaccia di sanzioni pesanti, fino a €500.000.00, agli amministratori dei siti e i piattaforme per la divulgazione di notizie false.

A peggiorare la situazione sono due fattori importanti. L’esistenza di gruppi che utilizzano i social media per motivi di bassa politica e il fatto che Facebook e Twitter sono diventati luoghi di troll, pagati e non, che interferiscono in dibattiti su temi scottanti.

Nei due mesi dalle elezioni presidenziali americane abbiamo visto le accuse di interferenza dei servizi segreti russi nella campagna elettorale. Le accuse non erano d’aver fatto brogli elettorali, impossibili poi nel contesto americano per il fatto che la grande varietà di leggi elettorali sono statali. Le interferenze hanno coinvolto le fughe mirate di notizie ed email su Hillary Clinton e la divulgazione di notizie false per danneggiare l’immagine dal candidato democratico, come anche l’uso di troll pagati sui siti più seguiti come quelli dei maggiori quotidiani americani per creare scompiglio tra gli interlocutori.

Da esperienza personale tra i miei viaggi in questi dibattiti online, controlli delle pagine dei “contributori” più controversi spesso trovavano profili nuovi e privi di qualsiasi riferimento personale e in alcuni casi quando abbiamo indicato questi profili come troll i diretti interessati sono spariti immediatamente dai dibattiti insieme ai loro profili.

Ma sbaglieremmo se pensassimo che questo dibattito faccia parte solo del mondo del social media. Ci sono quotidiani, programmi televisivi e anche politici che fanno la loro parte. La divulgazione di notizie senza controlli solo perché sembrano confermare linee politiche, o frasi frettolose per attirare l’attenzione del pubblico come vediamo fin troppo spesso,  non fanno altro che indebolire i due concetti più cari al mondo moderno.

Questa soluzione non si troverà presto e il motivo non si trova nella tecnologia. La soluzione si trova nella mente degli esseri umani e nella tendenza di trovare qualsiasi modo, lecito e non, per promuovere le proprie cause. Senza scordare poi che tanti credono solo a quelle notizie che confermano i propri pregiudizi, invece di accettare che a volte quel che crediamo non sempre coincide con i fatti.

La soluzione si troverà solo a lungo termine e deve iniziare in quel luogo dove dovremmo imparare a ragionare, la scuola. Se non insegniamo ai nostri alunni come ragionare e come svolgere dibattiti ragionati e civili perché ci meravigliamo del livello basso dei dibattiti nel nostro paese?

 

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