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Italia

Crotone, delitto D’Arca, nella quinta udienza parlano i parenti della vittima

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Il 21 Gennaio 2021 si è svolta la quinta udienza del processo D’Arca, sono stati escussi i testi delle parti civili e le parti civili stesse.

È emerso il dolore della vedova interrogata dall’avv.to Procopio e della figlia Grazia la cui vita è stata stravolta dalla perdita del padre. Interrogata dagli Avv.ti Jessica Tassone e Simona Manno è anche emerso il profondo dolore che ha pervaso il nipotino Marco Antonio al quale è stato spiegato che il nonno è volato in cielo come un angelo.

Sono stati interrogati i fratelli e le sorelle del defunto dall’ avvocato Gallo, tutti controinterrogati dall’avvocato Laratta. Gli imputati hanno rinunciato al loro esame, previsto per l’indomani.

Come si sono svolti i fatti che hanno portato all’uccisione di Stefano D’Arca

La lite tra D’Arca e Cortese sarebbe degenerata la notte del 7 marzo alla chiusura del bar Moka di Luciano Cortese padre di Giuseppe, per la perdita di una schedina. Stefano D’Arca avrebbe danneggiato una zuccheriera e una vetrina, forse era ubriaco. Giuseppe Cortese chiamò il padre Luciano che, con l’ausilio di alcuni dipendenti, separò il figlio e D’Arca, ma neanche lui riuscì a riportare la calma.

Allora il giovane chiamò il nonno, che abita a due passi da lì ed è il titolare dell’hotel Concordia.

Lo stesso Giuseppe Cortese a quel punto prese una pistola in uno sgabuzzino e tornò sul posto, ritrovandosi con D’Arca che inveì verbalmente. «Ti sei preso una pistola per spararmi?». Quindi D’Arca venne allontanato dal bar dal padre del ragazzo che, a quanto pare insieme al nonno, a quel punto affrontò D’Arca che con atteggiamento di sfida disse al giovane che non avrebbe avuto il coraggio di sparare.

Il nonno sostiene di aver impugnato lui l’arma e di aver sparato.

Sette i colpi partiti da quella maledetta calibro 7,65 con la matricola abrasa, cinque dei quali raggiunsero al petto D’Arca, che morirà in ospedale poco dopo.

Il nonno chiamò l’ambulanza del 118 e la polizia, dichiarando: “abbiamo sparato a qualcuno che ci ha aggrediti… ci siamo difesi”. Ma la polizia intervenuta sequestrò a casa del nonno un’altra pistola clandestina. La vicenda fu ricostruita rapidamente dagli agenti della Squadra Mobile della Questura grazie anche alla visione delle immagini registrate dagli impianti di videosorveglianza, da cui emerge un quadro inquietante.

Il proseguimento del processo

Dopo il rinvio a giudizio degli imputati del delitto Francesco Pezziniti e Giuseppe Cortese, cinque giorni fa si è aperto il dibattimento in Corte d’Assise a Catanzaro che chiarirà le modalità dell’omicidio di Stefano D’Arca che fin dall’inizio è apparso agli inquirenti, supportati dalle immagini di una telecamera, come un atto di giustizialismo personale dei due imputati contro il D’Arca che, forse in stato di alterazione dovuto ad alcol, si era reso molesto solo con le parole. Al contrario nonno e nipote avrebbero reagito a colpi di pistola. Gli agenti intervenuti sul posto infatti, durante l’interrogatorio che seguì all’omicidio di D’Arca, misero Giuseppe Cortese di fronte all’evidenza del possesso della pistola, e lui ammise indicando il luogo dove l’aveva riposta dopo gli spari.

Le parti civili del processo sono l’avv. Jessica Tassone per D’Arca Graziella, l’avv. Emanuele Procopio per Valeria Scoleri e l’avv. Simona Manno per il nipote Filoramo Marco Antonio. Gli avv.ti Fabrizio Gallo, Marco Malara e Agnese Garofalo per i fratelli e la mamma di D’Arca.

Graziella quali sono state le emozioni mentre testimoniavi? (n.d.r. si tratta di Graziella D’Arca, figlia di Stefano D’Arca)

Ieri quando ho testimoniato per ricordare mio padre, sono state tante le emozioni contrastanti, la rabbia è stata predominante perché cercano sempre di screditarlo dicendo come non vere, oltre il danno la beffa.

Non si rendono conto che hanno spento una vita dietro la quale c’era e c’è una famiglia.

Mio padre mi manca, mi manca in tutto siamo stati inseparabili e un proiettile di una dannata pistola me l’ha portato via come il vento fa con le foglie.

Però nel dolore che ho provato nel raccontare, sono stata felice nel descriverlo come era nella realtà,e non come vogliono farlo sembrare.

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