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Italiani nel Mondo

Cosa sappiamo davvero di “loro”? – What do we know really about “them”?

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Tempo di lettura: 11 minuti

di emigrazione e di matrimoni

Cosa sappiamo davvero di “loro”?

“Loro” sono tutti gli italiani, sia in Italia che all’estero

Sin da quando questo giornale ha istituito la rubrica “Italiani del mondo” due anni fa abbiamo un progetto preciso in mente per il futuro. Il progetto è ambizioso e per alcuni è irrealizzabile ma non per questo non dobbiamo provarci.

Anzi, in questo periodo abbiamo avuto le prove e quindi la certezza del bisogno di un progetto del genere, quello finalmente di raccogliere le storie e le esperienze dei nostri amici e parenti all’estero, che non sono soltanto cifre da considerare quando si parla del voto all’estero, oppure una bandiera da sventolare per motivi personali o politici.

Infatti, dalle reazioni dei nostri lettori e dagli scambi che facciamo ogni giorno sui social ci rendiamo sempre più conto che non solo abbiamo bisogno di un progetto del genere, ma anche che, il giorno che finalmente potremo annunciarlo avremo gente pronta a dare il proprio contributo.

Nel frattempo, proprio a causa di queste reazioni e scambi, vogliamo fare qualche considerazione su quel che leggiamo perché ogni giorno ci rendiamo sempre più conto che la realtà dei nostri parenti e amici all’estero è molto più grande e complicata di quel che pensiamo.

Chi sono?

Partiamo da quella che sembra la domanda più banale. Chi sono “loro”, dal titolo dell’articolo?

Dall’introduzione la risposta potrebbe sembrare ovvia, ma “loro” sono tutti gli italiani, sia in Italia che all’estero. Siamo tutti membri di una grande famiglia internazionale, però temiamo che i rapporti tra gruppi non siano buoni e chiari come molti vorrebbero. E questo è proprio il motivo per cui abbiamo deciso di scrivere questo articolo.

In effetti, la domanda deve essere divisa in due. La prima, cosa sanno gli italiani in Italia degli italiani all’estero? e la seconda, cosa sanno gli italiani all’estero dell’Italia odierna?

La risposta alla due domande è la stessa, poco o (purtroppo) niente. Molti lettori, particolarmente in Italia, saranno sorpresi da questa riposta, però non si rendono conto delle condizioni delle comunità italiane all’estero e in modo particolare i pronipoti degli originali emigrati che comprendono che la maggioranza degli oltre 85 milioni discendenti  calcolati dalla Farnesina, non parlano la nostra lingua, non sono mai stati in Italia e quel poco che sanno del paese d’origine viene da ricordi tramandati da generazione a generazione di città e paesini in Italia, che oggi sono cambiati totalmente nei decenni dalla partenza dei bisnonni.

Ed è proprio il punto della lingua che è la chiave per avvicinare i molti rami degli italiani in giro per il mondo.

Lingua

Quel che in teoria dovrebbe accomunare tutti gli italiani nel mondo è la nostra lingua, però non è mai stato così sin dalle prime emigrazioni. Anzi, fin troppo spesso è proprio il motivo di equivoci tra italiani in Italia e quelli all’estero.

In primis, c’erano già emigrati italiani prima ancora della fondazione d’Italia nel 1861. Basta pensare a James Matra, nato a New York, che era a bordo della nave del celebre navigatore inglese il Capitano Cook, quando ufficialmente scoprì l’Australia nel 1770. Perciò, le prime comunità italiane all’estero parlavano uno dei tanti dialetti del paese non ancora nato.

Poi, come vediamo nelle fiction televisive, le ondate di emigrati prima e dopo la Grande Guerra, erano composte maggiormente da gente di origini rurali, che avevano fatto pochissima scuola e quindi non  parlavano l’italiano, bensì i loro dialetti ed erano questi dialetti che parlavano in casa e non l’italiano.

Infatti, il Brasile ci fornisce una prova straordinaria di questo con il riconoscimento ufficiale del “Talian”, una versione locale del dialetto veneto di molti degli immigrati, che è stato riconosciuto come una lingua ufficiale del paese. Quindi le comunità italiane all’estero parlano una “lingua franca” composta un pò dell’italiano, più i dialetti e infine da parole dalla lingua ufficiale del paese. Vediamo ogni giorno gli equivoci creati da queste lingue franche.

Tristemente questi equivoci attirano gli sfottò e commenti sdegnosi da parte di utenti italiani che fanno parte delle pagine dedicate agli italiani all’estero, spesso perché considerano questi paesi come possibili mete per le loro migrazioni.

Genitori e nonni

Come abbiamo notato in articoli del passato i genitori, nonni e bisnonni hanno passato ai giovani una versione particolare del loro paese d’origine, e il risultato è che quelli della terza generazione in poi nati all’estero hanno un’idea datata e molto falsa dell’Italia odierna.

Purtroppo, queste idee hanno creato stereotipi ed idee che hanno viziato come vedono la crisi del COVID-19 che ha colpito per prima l’Italia e ora sta affliggendo molti altri paesi.

A loro turno, gli italiani in Italia non hanno un’idea vera di quel che è accaduto all’estero ai loro parenti e amici. Sanno solo che gli italiani all’estero parlano in un modo strano, hanno idee sbagliate del Bel Paese e le loro usanze spesso sono molto diverse di quelle in Italia.

Gli italiani in Italia non possono capire i compromessi e cambi necessari per poter avere una vita nuova in un paese lontano, peggio ancora se in un altro continente. La prova di questo è una domanda che attualmente fa il giro di varie pagine degli italiani negli Stati Uniti, che chiede quanti non hanno potuto imparare l’italiano perché i genitori e/o nonni ne avevano proibito l’uso con i figli, benché spesso lo parlassero tra di loro.

Quel che gli italiani in Patria e i discendenti dovrebbero chiedersi è perché gli adulti abbiano preso una decisione così drastica. Solo una cosa è certa, che non l’hanno mai detto ai più giovani.

Questo sono solo alcuni punti da considerare quando ci chiediamo cosa sappiamo degli “altri” e perché dobbiamo porre rimedio a questa situazione.

Progetto

Infatti, il progetto che abbiamo in mente sin da prima dell’inizio della rubrica degli “italaini nel mondo” è quello di realizzare un progetto internazionale per raccogliere le esperienze, documentazione e le testimonianze degli italiani all’estero e non limitato solo a chi è emigrato.

Ormai la grande maggioranza delle comunità italaine è composta da più generazioni e sappiamo da molte fonti, e non solo da chi ci scrive in risposta ad articoli, che non pochi dei discendenti sentono il richiamo del paese d’origine che non sempre riconoscono e hanno voglia di rintracciare le proprie origini.

Perciò, come abbiamo già fatto in passato, questo giornale si offre come “palco” per chi vuole raccontare le proprie esperienze, oppure la Storia della propria famiglia. Per ora lo facciamo in due lingue, l’italiano e l’inglese, però sappiamo che una volta che avremo i mezzi, dobbiamo espandere ad altre lingue, partendo dallo spagnolo e il portoghese, le lingue di due tra i paesi più importanti della nostra emigrazione, l’Argentina e il Brasile di cui sappiamo pochissimo.

Ma il passo più importante sarà quando potremo finalmente lanciare una rete internazionale per raccogliere queste storie ed esperienze. Però, prima dobbiamo compiere due atti doverosi.

Se davvero vogliamo avvicinare chi è in Italia con chi è all’estero dobbiamo fare due passi. Il primo, rendere i programmi di RAI Italia al mondo più accessibili a coloro che non conoscono la nostra lingua perché così comincino a capire più e meglio cosa sia l’Italia odierna. Il secondo passo è di incoraggiare e rendere più facile per i residenti all’estero imparare la nostra lingua, così potranno imparare a conoscere il proprio patrimonio culturale personale e anche per rintracciare le proprie radici che spesso sono difficili per motivi fuori il controllo dei discendenti.

Per chi dice che questi passi costano soldi diciamo di si, poi risponderemo che aumentare i contatti con i nostri parenti e amici all’estero vuol dire anche aumentare il numero di persone che verrebbero nel Bel Paese in cerca del proprio passato, e non di poco considerando che parliamo di oltre 90 milioni di persone in giro per il mondo. Cioè un potenziale aumento enorme di turisti nel Bel Paese e quindi i soldi sarebbero più che ripagati nel futuro.

Siamo tutti italiani, o di discendenza italiana, allora cominciamo finalmente a conoscerci, non abbiamo niente da perdere, ma abbiamo moltissimo da guadagnare, in ogni senso.

di emigrazione e di matrimoni

What do we know really about “them”?

“They” are all the Italians, both in Italy and overseas

Since this newspaper instituted the “italaini nel mondo” (Italians around the world) column two years ago we have had a precise project in mind for the future. The project is ambitious and for some unrealistic but this is not a reason not to try it.

Indeed, during this period we have had proof and therefore the certainty of the need for such a project, that of finally gathering the stories and experiences of our relatives and friends overseas who are not just numbers to be considered when we talk about the overseas vote in Italian elections or a banner to wave for personal or political reasons.

Indeed, from the reactions of our readers and our discussions every day on the social media we realize more and more that not only do we need such a project but also that the day we will finally be able to announce it we would have people ready to give their contribution.

In the mean time, precisely because of these reactions and discussions, we want to make a few considerations on the reality of our relatives and friends overseas because we are realizing more and more that the reality of our relatives and friends overseas is much bigger and complicated than what we think.

Who are they?

Let us start from what seems the most trivial question. Who are “they” of the article’s headline?

From the introduction the answer seems almost obvious but “they” are all the Italians, both in Italy and overseas. We are all members of a great international family, however we fear that the relations between the groups are not as good and clear as many would like. And this is precisely the reason why we have decided to write this article.

Indeed the question must be divided into two. The first, what do the Italians in Italy know about the Italians overseas?, and the second, what do the Italians overseas know about today’s Italy?

The answer to both questions is the same, little or (unfortunately) nothing. Many readers, especially in Italy, will be surprised by this answer; however, they do not understand the conditions of the Italian communities overseas and especially that the great grandchildren of the original migrants who make up the vast majority of the more than 85 million descendants calculated by Italy’s Foreign Ministry, do not speak our language, they have never been in Italy and what little they know about their country of origin comes from memories handed down from generation to generation of cities and towns that today are completely changed in the decades since the great grandparents’ departure.  

And it is precisely the point of the language that is the key to bringing the many branches of Italians around the world closer.

Language

What in theory should bond all Italians around the world is our language, however, this has never been so, starting from the first migrations. Indeed, all too often this is the very reason for the misunderstandings between Italians in Italy and those overseas.

Firstly, there were Italian migrants even before the foundation of Italy in 1861. We only have to think of James Matra who was born in New York who was aboard the ship of the famous English sailor, Captain James Cook when he officially discovered Australia in 1770. Hence, the first Italian communities overseas spoke one of the many dialects of the country that had not yet been born.

And then, as we see on the Italian television series, the waves of migrants before and after the Great War were mainly made up by people from farming areas who had very little education and therefore did not speak Italian but their dialects and these dialects were what they spoke at home, not Italian.

In fact, Brazil gives us extraordinary proof of this with the recognition of “Talian”, a local version of the Venetian dialect spoken by many migrants, as an official language of the country. Therefore, the Italian communities overseas speak a “lingua franca” composed of some Italian, even more dialect and finally words from the country’s official language. We see this every day in the misunderstandings created by these shared languages.

Sadly these misunderstandings attract the derision and disdainful comments from Italian users who take part in the pages dedicated to Italians overseas, often because they are considering these countries as possible destinations for their own migration.

Parents and grandparents

As we have noted in previous articles, the parents, grandparents and great parents passed on to the children a particular view of their country of origin and the result is that those of the third and later generations born overseas have an outdated and very false idea of today’s Italy.

Unfortunately these ideas have created stereotypes and ideas that have stained how they see the COVID-19 crisis that hit Italy first and is now hitting many other countries.

In turn Italians in Italy have no real idea of what happened to their relatives and friends overseas. They only know that the Italians overseas speak in a strange way, they have wrong ideas about Italy and their habits are often very different from those in Italy.

Italians in Italy cannot understand the compromises and changes needed to be able to start a new life in a country far away, worse still if this is in another continent. The proof of this is in a question currently doing the rounds in the various pages of Italians in the United States asking how many of them could not learn Italian because their parents and/or grandparents had banned its use with the children, even though they spoke it amongst themselves.

What the Italians in the mother country and the descendants should ask themselves is why the adults made a drastic decision. Only one thing is certain, they never told the children.

These are only some of the points to consider when we ask ourselves what we know about “them” and why we should remedy this situation.

Project

In fact, the project we have in mind since the start of the “italaini nel mondo” column is that of creating an international project to collect these experiences, documentation and testimonies of the Italians overseas and not limited only to those who migrated.

Today the vast majority of the Italian communities are made up of a number of generations and we know from many sources, and not only from those who write in reply to articles, that many descendants feel the call of their country of origin, a call they do not always recognize, and have a desire to trace their origins.

Hence, as we have done in the past, this newspaper offers to be a “platform” for those who want to tell their experiences or their family’s history. For now we are doing this in two languages, Italian and English, however we know that once we have the means we will expand to other languages, starting with Spanish and Portuguese, the languages of Argentina and Brazil, our migrations two most important countries about which we know very little.

But the most important step will be when we will finally be able to launch an international network to collect these stores and experiences. But before doing this we must perform two dutiful acts. 

If we really want t bring those who live in Italy and those who live overseas closer we must take two steps. The first is to make RAI Italia’s television programmes more accessible to those who do not know our language so they can start to understand today’s Italy better. The second step is to encourage and make it easier for residents overseas to learn our language so that they will be able to know their personal cultural heritage and also to trace their origins, which is often difficult for reasons beyond their control.

To those who say that these steps cost money, we say yes and then we will reply that increasing the contacts with our relatives and friends overseas also means increasing the number of people who would come to Italy in search of their past and this is not a few considering that we are talking about more than 90 million people around the world. In other words, an enormous potential growth in tourists to Italy and therefore the money would be more than repaid in the future.

We are all Italians or of Italian descent, so let us finally start to know each other, we have nothing to lose but we have a lot to gain, in every sense.

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