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Diritti umani

Confermata la condanna a 33 anni all’iraniana Nasrin Sotoudeh

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Un giorno buio per i diritti umani, ieri la magistratura iraniana ha confermato la condanna per l’avvocato donna Nasrin Sotoudeh, in carcere per aver difeso i diritti delle donne in Iran e vincitrice del premio Sakharov nel 2012

Di T. Primozich

Non ha presentato ricorso l’iraniana Nasrin Sotoudeh che il mese scorso era stata condannata in primo grado dal tribunale del suo paese a 38 anni di carcere e 148 frustate per aver difeso i diritti delle donne. A seguito della condanna era intervenuta Amnesty International con una campagna ed una raccolta firme e molti paesi del mondo avevano espresso sdegno e disapprovazione.  La donna, in carcere dal giugno del 2018, non ha voluto fare ricorso contro la condanna pur avendo 20 giorni di tempo perché ritiene il processo contro di lei illegittimo. Le accuse mosse dalla magistratura e che hanno portato alla sentenza definitiva di 33 anni di carcere sono legate al suo lavoro di avvocato: “propaganda contro lo Stato”, “istigazione alla corruzione e alla prostituzione”, e “essere apparsa in pubblico senza hijab”. Una serie di ‘pretesti’ che hanno di fatto interrotto la sua attività in difesa di donne che hanno protestato contro l’obbligo   di portare l’hijab e la protesta della stessa Sotoudeh contro la pena di morte che ancora vige in Iran. Paladina dei diritti umani in un paese dove domina la shari’a, nel 2012 Nasrin Sotoudeh aveva vinto il Premio Sakharov per la libertà di pensiero, ma subito dopo era stata arrestata e condannata a cinque anni che stava scontando, quando nel marzo scorso ha subito il nuovo processo che vede la condanna di ieri. Il tutto senza mai aver avuto diritto ad un difesa, dato che nel giugno 2018 la magistratura iraniana ha approvato una lista di soli 20 avvocati per la difesa di imputati di crimini contro la sicurezza nazionale, non tenendo in alcun conto i circa 20.000 avvocati iscritti all’albo.

Nasrin Sotoudeh, avvocato che ha difeso molte donne e giovani, rei solo di anelare ad una libertà di pensiero all’interno del regime di Teheran, era stata più volte intervistata ed era apparsa in televisione e in tribunale senza il velo obbligatorio per le donne in Iran. Uno dei tanti obblighi che ha fatto esplodere una protesta di piazza nel gennaio 2018 durante la quale, secondo l’Osservatorio sui diritti umani in Iran,  sarebbero stati effettuati 8.000 arresti arbitrari, sarebbero state uccise almeno 58 persone e 12 tra quelli imprigionati sarebbero morti sotto tortura. Tra i temi che hanno visto la Sotoudeh in prima linea anche la lotta alla pena di morte, ancora in vigore in Iran che risulta essere  uno tra i Paesi con più alto numero di esecuzioni capitali all’anno insieme alla Cina. Vilipendio del profeta Maometto, apostasia, omosessualità, adulterio, consumo di alcol e gravi offese all’Islam sono reati equiparati all’omicidio volontario e puniti con la pena capitale in Iran, ancora oggi, mediante impiccagione, fucilazione o decapitazione. Ma può anche accadere di essere semplicemente torturati o subire amputazioni di arti. Un giorno buio per i diritti umani quello che ha visto la condanna definitiva di Nasrin Sotoudeh che obbliga ad un  fattivo impegno  tutta la comunità internazionale a favore della sua improrogabile e urgente liberazione, in ottemperanza anche del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici 0.103.2 firmato dall’Iran nel 1975

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