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Claudiano.jpeg: lo street artist dei grandi messaggi in formato mini
Claudiano.jpeg lo street artist toscano ideatore di collage micro sparsi per i muri di Bologna, di altre città d’Italia e del mondo, ci racconta la scelta di un’arte in formato mini e i temi a cui è particolarmente legato.
Ogni muro un varco, dove crepe o schizzi preesistenti completano l’habitat di creature in miniatura: lillipuziani in atteggiamenti romantici, ironici o sferzanti. Ma non lasciatevi ingannare dalle dimensioni, perché la scala ridotta dei personaggi, cela temi imponenti: dal modo di vivere le relazioni, alle dinamiche familiari e di vita, frutto della creatività di Claudiano.jepg.
Street artist, fotografo, illustratore e cantante toscano laureato in Fumetto e Illustrazione all’Accademia di Belle Arti di Bologna che si descrive come una persona sarcastica, pesante, con sindrome dell’impostore ma anche ironica, creativa e vivificata dall’amore. Tutti lati di sé che mostra ai cittadini di Bologna, di altre parti dell’Italia e del mondo attraverso collage in formato mini di omini, criceti e personaggi dello spettacolo, come Gianni Morandi e Lucio Dalla.
Un’arte particolare nata nell’impasse della disoccupazione, durante la quale prende il suo bagaglio artistico, la passione per i fumetti e i libri illustrati per bambini e adulti e cambia direzione di vita. Giunge così, sulle sponde del mondo dei lillipuziani che, in poco tempo, diventano un vocabolario espressivo scelto nel 2022 da brand come RILIEVI, per il quale crea una mini fashion week sui muri di Parigi; da Coldiretti Bologna e dalla Bologna Business School. Nel 2023, invece, riunisce nuovi personaggi nella prima personale, a cura di Succede solo a Bologna, “Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che è instagrammabile“.
Dirigiamoci, dunque, verso il mega mini-mondo di questo artista/moderno Gulliver che trae forza dalle relazioni e fa accadere l’incredibile.
Sapresti dirmi il momento in cui l’arte è entrata a far parte della tua vita?
«Quando ero molto piccolo; volevo fare il pittore. Ricordo che mi piaceva un sacco disegnare, mentre ora non lo sopporto. Infatti, faccio i collage. Preferisco l’immediatezza, perché con l’arte non ho molta pazienza».
Se dovessi assegnarti un mestiere, quale sarebbe?
«Quello che fa succedere cose».
Claudiano.jpeg perché questo nome?
«Tutte le mie amiche e amici mi chiamavano Claudiano. Durante la pandemia ho riportato in auge il profilo delle illustrazioni, che poi è diventato quello della street art e ho scelto jpeg, perché mi faceva ridere l’idea di essere associato a un formato di un file».
Tre aggettivi per descrivere la tua arte?
«Dissacrante, a volte romantica, disillusa…tre sono poche! (ride) E riflessiva».
La tua particolarità consiste nel realizzare micro-opere. A tal proposito, hai dichiarato a Close up art che i tuoi “interventi di street art in miniatura nascono da un’esigenza personale e quasi fisiologica“. Mi spieghi meglio?
«Ho cominciato a farli, perché pensavo di meritarmi qualcosa di più dalla vita che non stava prendendo una piega e questa cosa mi aveva stancato. Un art coach mi ha seguito per la realizzazione di un portfolio per l’iscrizione a un master di fotografia e quando ha visto i miei lavori fra illustrazioni, reportage, fotografie di ritratto, mi ha detto che era come se cercassi di essere 5/6 persone allo stesso tempo. Invece dovevo trovare linguaggio unico ed essere semplicemente un artista.
Così, sul muro dietro casa ho messo una porta in miniatura e un anziano con la maschera di Darth Vader. Questo lillipuziano funzionava benissimo e, quando l’ho visto sul muro, ho pensato fra me e me che potesse succedere qualcosa. Così ho iniziato e mi sono imposto di cambiare la mia vita nel minor tempo possibile. Più o meno è stato così. I primi 10 lillipuziani hanno avuto successo e poi il progetto ha cominciato a crescere; una cosa che aspettavo da 11 anni».
I temi delle tue micro-opere?
«Faccio tanto focus sulle relazioni perché mi stanno a cuore; le vedo sempre in modo ambiguo, bellissimo o bruttissimo. Anche la famiglia, il rapporto che si ha con l’amore (come si dimostra e si riceve), sono i temi sempre presenti, perché mi descrivono».
Quali caratteristiche deve avere il luogo dove andrà impressa?
«Dipende. Può darsi che ci sia un luogo più adatto di un altro per un personaggio, ma mi piacciono i muri che hanno già una storia e che non sono puliti. Mi piace che l’opera interagisca e sia integrata con l’ambiente come se ci fosse quasi nata; quando raggiungo quel risultato sono contento».
Hai messo a nudo ossessioni, pensieri e dubbi con la tua arte, dici sul tuo account. Qualche esempio di ossessione?
«Le relazioni, perché la realizzazione di questo sogno mi ha fatto capire quanto portare una sfera della tua vita in alto, ne lasci inevitabilmente qualche altra in basso. Devi essere molto lucido e capace di tenere un equilibrio e dedicare il giusto tempo alle cose. Mi ha fatto capire i limiti che non pensavo di avere e cos’è la felicità, che per me è l’amore di una persona. Molto banale, ma è l’amore che dà senso a quelli che sono i miei risultati».
Il collage che ti ha regalato soddisfazioni?
«Il Teletubbies che dice “E se i nostri genitori fossero andati in terapia?”. Genera sempre molte riflessioni da parte della gente; ognuno dice la sua. Ho riflettuto sempre su questa cosa e confrontandomi con amici o sconosciuti emerge sempre il tema di quanto, per certi aspetti, la comunicazione con i nostri genitori sia stata sempre un po’ negativa».
La vita da street artist é….
«Una vita che ti dà una prospettiva diversa. La cosa che non mi piace è che ormai quando vado in una città sento sempre il bisogno di fare e portarci una parte di me. Mi metto a guardare i muri, sembro un pazzo (ride). Nel periodo in cui ci ho dato dentro, specie in inverno, è stato molto stressante perché progettavo i lillipuziani dopo cena, fotografavo persone per riprodurre una scena e nel fine settimana di notte ero fuori a incollare con un carissimo amico. La cosa orribile è la sveglia presto.
È bello, invece, girare alle 4-5 di notte quando non c’è nessuno e tutto assume un’aria magica, e il fatto che da un messaggio, un’idea che lasci su un muro o sulle storie Instagram delle persone sconosciute ritrovano una parte di sé, mi contattano e nascono delle amicizie. Ho un gruppo di persone che mi sostengono virtualmente e questo è molto bello; per me è un onore regalare un momento di leggerezza a un* sconosciut*».
In relazione alle tue opere scrivi sempre su Instagram di avere “la malsana necessità di inventare mondi paralleli“. Quello che ti ha dato più soddisfazione e nel quale vorresti vivere stabilmente?
«Bella domanda! L’avevo progettato e animato: è un mondo sospeso che sta in una in bottiglia. Nel mondo ideale c’è l’essenziale, dei gatti ipoallergenici, una chitarra, una casetta, un Ape 50 e una bella vista sul mondo».
Ci sono state opere prese di mira da detrattori e che non hanno avuto una vita facile?
«Quasi tutte in realtà. Lucio Dalla con “Questa foto la metto su Tinder” e “Forse la bellezza vi fa schifo” che, magari, vista sul muro da una persona esterna ha tutta un’altra idea. Per me era una riflessione generale sul rapporto delle persone e la bellezza e sulle difficoltà a fruire della bellezza senza possederla. Una riflessione ad ampio raggio anche su temi come il potere che gli uomini vogliono avere sulle donne e tra virgolette il tema della violenza».
Altre sono stata apprezzate da alcune persone che ti hanno ringraziato per averli fatti ridere e aver reso Bologna più bella. Confermi?
«Sì, è una cosa bellissima. Penso sempre che non serva a niente quello che faccio e mi sono chiesto spesso “Quale ruolo ho in questo mondo?”. Quindi, cerco di fare la cosa che mi riesce meglio: scherzare di tutto, cercare il lato comico del brutto, della tristezza e della miseria. Mi ritengo una persona infinitamente pesante e triste, ma ho anche un lato che non accetta la tristezza e vuole ridere. Sarà che sono toscano e quindi mi piace fare ironia su tutto.
È bellissimo quando le persone mi dicono era una giornata di merda e mi hai messo buonumore, oppure quando i genitori mi dicono che i figli sono contentissimi quando trovano i miei lavori. Anche le piccole cose, intese in scala, fatte con materiale poverissimo e deperibile possono far succedere cose molto grandi. Quando accade è una rivincita personale».
Cosa rappresenta per te l’arte?
«Forse la versione migliore di me. È il mio canale di comunicazione con il mondo; a esprimermi ci metto un sacco di tempo e con l’arte riesco a farlo in maniera più immediata. Mi fa sentire utile e importante con me stesso e mi fa pensare di avere qualcosa da raccontare».
Che ne pensi degli attivisti per l’ambiente che vanno a colpire proprio le opere artistiche per protesta?
«Credo che abbiano molta ragione a protestare e siano molto consapevoli della crisi climatica in atto, ma al tempo stesso c’è quella forma di estremismo rivolto al patrimonio artistico che rischia di creare pesanti divisioni. Oltre a questo, c’è un eccessivo idealismo; sono richieste autentiche ma rinunciare al gas e ai combustibili fossili nell’immediato metterebbe il Paese in ginocchio. Molti perderebbero il lavoro e probabilmente ci sarebbero conseguenze molto gravi, e questo aumenterebbe le disparità sociali».
A gennaio e febbraio la tua prima personale “Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che è instagrammabile”. Cosa hai provato a esporre i protagonisti del tuo micro mondo?
«All’inizio c’era l’idea di usare le figure umane, poi mi sono voluto distaccare da ciò che era eccessivamente pop e che avevo già portato per strada. A fare queste cose c’è già Tv Boy (che non apprezzo particolarmente). Quindi, ho deciso di usare gli animali che nelle illustrazioni di inizio Novecento rappresentavano i vizi e le virtù delle persone; in particolare gli animali domestici timidi o paurosi, come topini e cricetini. È stato tanto emozionante e impegnativo».
A proposito di Instagram, sul social hai 33mila follower. Quanto è importante per te il mondo digitale?
«Mi piace molto il mondo digitale perché ti può mettere in contatto con chiunque. Nella vita reale non sarei mai arrivato a Cremonini che ha condiviso un mio lavoro e ho conosciuto poi di persona, oppure a Caparezza che mi ha scritto chiedendomi se poteva condividere un lavoro che avevo fatto su di lui. Il mondo di Instagram ha delle potenzialità enormi, anche se periodicamente faccio uno stacco, perché ogni tanto mi risucchia e porta via la concentrazione».
Puoi svelarci il prossimo lillipuziano che potremmo ammirare?
«Sarà una cassetta della posta con le gambe che si lamenta di ricevere solo pubblicità e poche lettere d’amore».