Arte & Cultura
Cina : nuovo codice penale disattende diritti umani
Amnesty International monitora il nuovo codice penale cinese e denuncia: non tiene conto dei diritti umani
Roma, 21 luglio – Il primo Gennaio 2013 sono entrati in vigore gli emendamenti al Codice di Procedura Penale apportati dall’undicesimo Congresso Nazionale del Popolo della Repubblica Popolare Cinese – quinta sessione. Si tratta del secondo cambiamento del Codice del 1979, dopo quello avvenuto nel 1996. In sostanza una modifica attesa da 15 anni. Amnesty International ne ha analizzato per sei mesi l’attuazione ed è arrivata alla conclusione che il nuovo codice di procedura penale cinese ha reso legali una serie di violazioni dei diritti umani mentre i pochi miglioramenti introdotti non vengono rispettati. Ma quali sono le modifiche che rappresentano un passo in avanti per il diritto procedurale penale cinese in tal senso? La riforma riguarda le forme di custodia a disposizione degli agenti di polizia e mira a limitare i poteri della stessa nel mantenimento della segretezza della detenzione dell’indagato e a garantirne i diritti di difesa. In effetti nel progetto del Congresso Nazionale del Popolo che ha portato alla riforma viene menzionato per la prima volta all’articolo 2: “il rispetto e la protezione dei diritti umani”
Notifica di arresto – L’attuale art.83 del CPP prevede che la detenzione dell’indagato venga notificata alla famiglia entro 24 ore dal sequestro a meno che essa non risulti impossibile oppure ostacoli le investigazioni relative a casi di sicurezza nazionale e attivitá terroristiche. Si differenzia cosi’ dal precedente art. 64 che si limitava a prevedere la mancata notifica solo nei casi in cui essa fosse impossibile da emettere e fosse di impedimento alle indagini. Ma non vi è obbligo a notificare né il luogo della detenzione né le ragioni a sostegno della stessa. L’istituto nel quale i diritti di difesa dell’indagato risultano maggiormente compressi é quello degli arresti domiciliari o “residential survelliance”. Esso comprende sia gli arresti domiciliari presso il luogo di residenza proprio dell’indagato, sia quelli presso una residenza cosiddetta “designata” applicabili ai casi ove non ci sia una fissa residenza o in cui l’accusa riguardi reati volti a danneggiare la sicurezza nazionale, di terrorismo e di grave corruzione. Allo stesso tempo, anche se gli articoli 73 (3) e 33(2) prevedono il diritto dell’indagato, a cui viene applicata la misura degli arresti domiciliari, di ricevere assistenza da un avvocato, l’articolo 37(4) prevede che sia a discrezione degli inquirenti approvare gli incontri tra l’avvocato e il cliente nei casi implicanti i reati riguardanti la sicurezza nazionale, il terrorismo e grave corruzione, lasciando evidenti scappatoie agli inquirenti a seconda dei casi affrontati. Di fatto questi reati continuano a essere usati per punire chi esercita il suo diritto alla libertà d’espressione e altri diritti umani Non esiste poi alcuna normativa che regolamenti i luoghi in cui viene “designata” la residenza per gli arresti domiciliari, con la conseguenza che gli arrestati oltre a non ricevere assistenza legale sono detenuti in luoghi segreti.
Istituto della prova – Il diritto di esclusione dei mezzi di prova illegalmente ottenuti é stato affermato esplicitamente. L’art. 54 comprende l’abolizione delle prove e le dichiarazione ottenute dall’indagato attraverso l’uso della tortura, la violenza, le minacce o altri mezzi illegali e mezzi di prova fisici o documentali collezionati in violazione della procedura investigativa. Gli agenti di polizia cosí come la procura hanno l’obbligo di convalidare i mezzi di prova e di escludere quelli illegalmente raccolti. In confronto al codice del ’96, la legge di riforma prevede che l’indagato o il suo rappresentate abbiano il diritto di proporre alla corte la verifica dei mezzi di prova, fornendo il materiale a supporto della loro illegalitá, anche se ancora non é spiegato in quale fase del processo dovrá essere svolta tale verifica.
Pena di morte – Resta la pena di morte anche se il nuovo art. 239 del Codice di Procedura Penale Cinese, prevede che la Corte Suprema possa approvare o meno la sentenza emanata e nel caso in cui non la confermi, inviare la sentenza alla corte di grado inferiore competente, oppure emettere una nuova sentenza. Per quanto riguarda la partecipazione del difensore dell’imputato nei procedimenti di revisione dinnanzi alla Suprema Corte, il nuovo art. 240 obbliga quest’ultima ad interrogare l’avvocato difensore e, se lui stesso lo richiede, ad ascoltare la sua versione. Prima della riforma l’ascolto del difensore era solo facoltativo. Tuttavia, anche adesso che é divenuto obbligatorio, i requisiti di legge richiedono che sia un avvocato abilitato a svolgere la funzione ed in Cina i soggetti che vantano tali qualitá sono molti pochi. Ad aggravare la situazione, il fatto che agli avvocati abilitati non é concessa la possibilità di visionare i fascicoli del processo né incontrare l’imputato.
Avvocato difensore – Dunque nemmeno questa riforma é riuscita a migliorare la posizione dell’avvocato difensore e ad attribuirgli maggiori poteri nelle fasi procedimentali. Partendo dalle indagini preliminari, anche se ora viene riconosciuto come avvocato difensore e non piú “rappresentante degli interessi del cliente”, il suo apporto alla causa rimane marginale. L’articolo 48 prevede che, dopo la richiesta della famiglia o amici di assumere un avvocato difensore, l’autoritá sia obbligata a passare la richiesta e a concedere un primo incontro con l’avvocato entro le prime 48 ore dalla domanda (questa previsione non si applica nel caso degli arresti domiciliari). Si obbligano le forze di pubblica sicurezza, il procuratore ed il giudice ad assicurare agli indagati e imputati per reati punibili con la pena di morte o l’ergastolo di essere rappresentati da un legale. Tuttavia non vi è chiarezza sulle procedure che permettono al difensore di denunciare gli abusi o gli errori della polizia, del procuratore e della Corte. L’accesso alla documentazione puó avvenire solo una volta che la polizia ha concluso le indagini e inviato al pubblico ministero per sua disamina e approvazione. Ció nonostante, pur prevedendo la possibilitá per gli avvocati di accedervi , é tuttora pratica comune per il pubblico ministero mettere a disposizione solo il materiale da lui scelto. Le investigazioni difensive, di conseguenza, sono consentite solo dopo aver ottenuto il permesso dal Tribunale, dal procuratore nonché della vittima e dalla sua famiglia. Rispetto alla fase processuale, non ci sono grandi miglioramenti. Nella fase delle indagini preliminari l’avvocato é obbligato a non falsificare o distruggere prove cosí come a non suggerire al cliente di falsificare o distruggere prove. Moltissimi avvocati sono stati condannati in quanto i loro assistiti hanno testimoniato in maniera difforme rispetto alle dichiarazioni rese/estorte con mezzi di tortura durante le indagini. Il 4 aprile l’avvocato Wang Quanzhang aveva obiettato sulla legalità del modo in cui un suo cliente, un praticante della Falun Gong di Jingjiang (provincia dello Jiangsu) aveva reso le dichiarazioni, ossia mediante la tortura. Il giudice non solo ha respinto l’obiezione ma ha ordinato l’arresto dell’avvocato per aver reso disturbo in aula.
Conciliazione – Per quanto attiene a questo istituto inesistente nel nostro Paese la legge ha esteso l’ambito di applicazione a tutti i reati dolosi la cui pena applicabile prevista non superi tre anni di detenzione, e per tutti i reati colposi la cui pena applicabile prevista non superi i sette anni di detenzione; non viene concessa ai recidivi che hanno commesso un altro crimine nei precedenti cinque anni. La mediazione deve avvenire su iniziativa della vittima e richiede un sincero pentimento dell’indagato da dimostrare attraverso compensazione, scuse o altre modalitá. Le sedute di conciliazione vengono presiedute da una pubblica autoritá: giudici, procuratori, agenti di polizia, che controllano la legittimitá di tutti i requisiti e possono attribuire all’indagato uno sconto della pena. Quest’istituto é stato bersaglio di numerose critiche. Da un lato le sedute di riconciliazione consistono in realtá in una vera e propria negoziazione sul prezzo ove la parte, se ricca, riesce a “comprare” lo sconto della pena, se povera é costretta ad accettare l’intera pena prevista. Dall’altro, l’istituto é spesso vittima delle pressioni dei ruoli istituzionali; sono la stessa Suprema Corte e il Procuratore Generale che favoriscono l’utilizzo della riconciliazione premiando o promuovendo le pubbliche autoritá locali che lo praticano. Inoltre é la sola volontá della vittima a far accedere all’utilizzo dell’istituto, coinvolgendo l’indagato anche contro la sua volontá.