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Arte & Cultura

Caterina Capalbo e il mondo dell’Arte

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Tempo di lettura: 5 minuti

Caterina Capalbo storica dell’arte ha da poco pubblicato il testo “Roma Città Aperta – Un film non del tutto svelato”

Di Francesca Rossetti

Caterina Capalbo è storica dell’arte ed ha da poco pubblicato un bellissimo libro del quale ci parla oggi.

Chi è Caterina Capalbo e come nasce l’interesse per il mondo dell’arte?

Sono una storica dell’arte che ama scrivere e lo fa seguendo il suo intuito e la sua curiosità come è successo per questo mio ultimo libro Roma città aperta un film non del tutto svelato. Ciò che ti regala la storia dell’arte è un metodo per osservare cose che agli occhi altrui sfuggono, è uno strumento in più per capire la realtà.   

Devo a mio padre l’amore per l’arte.  Sin da piccola la domenica mi portava al parco ma anche alla Galleria Borghese o ai Capitolini o alla Galleria d’arte moderna. E questo era per lui un fatto di normalissima educazione in un tempo in cui la fruibilità del museo era molto più facile di adesso. Era un mondo senza prenotazioni.

Poi la passione scoppiò all’università dove conobbi le migliori menti della storia dell’arte. Era un tempo felice. Quando in aula si abbassavano le luci per proiettare sullo schermo le immagini noi studenti in platea restavamo come ipnotizzati   A ogni click da una diapositiva all’altra si accendeva la nostra emozione. Ero talmente convinta della mia scelta che feci tutti gli esami in due anni.

Di che cosa parla “Roma Città Aperta – Un film non del tutto svelato” e cosa cerca di comunicare ai lettori?

Un capolavoro ha sempre qualcosa da rivelare a chi lo guarda con occhi nuovi.  Ci sono sempre curiosità da colmare. Altri frammenti da aggiungere alla comprensione generale di un’opera. Nel totale rispetto del film, e senza la pretesa di averne esaurito l’analisi, io mi sono posta fondamentalmente due domande intorno a Roma città aperta: una è di carattere storico-politico “chi sono i partigiani a cui si riferisce il film?” l’altra è di carattere narrativo “perché in un film tanto tragico ci sono anche piccole gag che fanno sorridere?”.  

Nel film è come se parlassero due Italia: una è drammaticamente raccontata nella storia del film nell’arco temporale fra il 1943 e il ’44, l’altra è sottintesa nei tempi della lavorazione del film all’inizio del 1945. Si trattò di un momento cruciale per la nostra nazione. Fu una transizione che comportò anche la guerra civile e gli sceneggiatori calibrarono le scelte narrative in funzione di una pacificazione tra italiani.

In questa tragica parabola storica si colloca la maturazione di Rossellini verso una nuova visione politica premessa indispensabile per realizzare Roma città aperta. E nel libro spiego come avvenne questa metamorfosi durante la permanenza in Abruzzo nell’estate del 1943, prima per girare il film Scalo merci, poi per sfuggire alle retate naziste nella città occupata e al trasferimento nella Repubblica di Salò. Ma, tra le pagine non ci sono solo Rossellini e gli interpreti di Roma città aperta, c’è anche, come ispiratore di un nuovo cinema, Luchino Visconti regista di Ossessione. E c’è il variegato mondo dei cineasti come Massimo Girotti, Amedeo Nazzari e Clara Calamai. Come Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, Alida Valli e la giovanissima Carla Del Poggio, o la Miriam di San Servolo, alias Miriam Petacci sorella di Claretta. Ci sono la propaganda e la censura prima fascista poi angloamericana. E c’è la fantasia irriverente del giovane Federico Fellini ingaggiato come aiuto sceneggiatore di Sergio Amidei e autore delle parti comiche nel film.   

Questo e molto altro si troverà leggendo: parlare di un film così importante impone uno studio a largo raggio.

Segreti ed episodi non conosciuti sul set del capolavoro di Rossellini

Il film venne girato in un momento storico difficile e ancora molto pericoloso. Roma era una città libera ma occupata e la guerra continuava al nord in una sanguinosa guerra civile. Gli alleati, attraverso una commissione di esperti, controllavano ogni sceneggiatura, e qualunque testo inerente il mondo dello spettacolo che fosse un film o uno spettacolo teatrale. Se aggiungiamo che mancava di tutto per realizzare il film, dai costumi all’elettricità, dalla pellicola ai microfoni, fu un’impresa quasi impossibile e pur di realizzarla si arrivò a molti compromessi.  

Come quegli artisti del rinascimento che lasciavano come firma il loro autoritratto nell’opera, Rossellini inserì nella sceneggiatura del film qualcosa che si riferiva al suo vissuto di quegli anni difficili con uno scopo ben preciso. Questo elemento è rimasto nell’ombra, trascurato o sottovalutato. Tutto può trasformarsi in un segreto se non viene compreso e non si svela. Da qui il sottotitolo del mio libro. Io ho portato alla luce questa verità storica che amplificano la strategia comunicativa del film. 

Il ruolo della protagonista Anna Magnani ed il suo rapporto col regista

Anna Magnani è la donna che rappresenta Roma nel 1943: occupata, straziata, ma indomita e orgogliosa. È l’Italia che rinascerà dalla polvere. Anna Magnani, nel 1943, è un’attrice comica, lavora in film comici, diremo oggi di cassetta, con Aldo Fabrizi. Poco prima di essere ingaggiata da Rossellini per Roma città aperta recita nello spettacolo Il Cantachiaro in cartellone da settembre del 1944 al teatro Quattro Fontane. Nel libro spiego come l’attrice entrò nel cast sostituendo Clara Calamai, la protagonista di Ossessione. Parlo del suo sodalizio artistico con Fabrizi e di quello che sarà l’inevitabile amore per Rossellini finito con un piatto di spaghetti in testa al regista. Del resto Anna era una forza della natura e Rossellini non possiamo negare che sia stato “uno sciupafemmine”.

Cosa si intende con neorealismo cinematografico italiano e quali sono stati i maggiori esponenti nel mondo della letteratura e del cinema?

Nel 1943 fu il film Ossessione di Visconti a squarciare il velo della realtà sapientemente occultata dai film di propaganda o dai miti di un’Italia eroica e dominatrice. Nell’attendismo generale si doveva capire cosa stava succedendo fuori dai recinti del regime. Il neorealismo cinematografico fu una necessità cognitiva. Fu un’esigenza narrativa e letteraria oltre che storica. In letteratura il realismo e il verismo brutalmente ci pongono di fronte a due scelte inarrivabili: la realtà o la verità? Ecco, nel film di Rossellini c’è la ricerca di entrambe le cose e se, come spiego nel libro, emerge persino una strategia comica per bilanciare la drammaticità questa è sempre parte integrante del neorealismo.  

Il neorealismo cinematografico italiano con Visconti, De Sica, De Santis, Rossellini, Blasetti, Lizzani, Germi e altri ancora è oggi l’archivio immagini della nostra storia. Un settore importante della nostra cultura.  Ed è curioso pensare che mentre i fatti e la vita reali diventavano gli obiettivi del cinema l’arte italiana, satura di iperrealismo figurativo, si spostava sull’astratto-informale in un atteggiamento completamente diverso nei confronti della realtà.

Com’è cambiata Roma da allora (Seconda Guerra Mondiale) ad oggi?

Roma è un’inesauribile fonte di creatività. Mille rivoli di storie e contraddizioni si annidano tra le strade e i quartieri di questa città. Basta guardare e basterebbe filmare. Magari come fanno tutti col telefonino. O con un drone che, dall’alto, rende tutto magnifico. Ma tra l’obiettivo e la realtà ci deve essere l’occhio e l’anima del regista. In questa città siamo troppo omologati dalla tecnologia e dal benessere per essere artisti e per capire davvero quali sono i pericoli e le magnificenze di questo perimetro della terra che chiamiamo Roma.

Cosa ci insegna un film intramontabile come questo?

Credo che Roma città aperta sia un’opera d’arte che sopravvive nel tempo e acquista sempre più valore. Ci insegna molte cose: come fare cinema, come essere registi, come essere attori, come recitare, come superare gli ostacoli, come ricordare, come accettare i compromessi senza svilire i contenuti, come lasciare il passato in nome di un qualcosa che verrà e che si spera sia migliore. Ma soprattutto che dobbiamo rispettarci in nome della libertà, che dobbiamo ricordare gli orrori della guerra e gli eroi che ci hanno consegnato un futuro democratico. Il film non ci spiega completamente cos’era il fascismo o cos’è stata nella sua ampiezza la guerra di liberazione. Non poteva farlo all’inizio del 1945. Ma un capolavoro parla anche attraverso ciò che si è imposto di non rivelare e ha anche l’obbligo di trasfigurare la realtà.

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