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Attualità

Caso Regeni: la procura della Repubblica di Roma iscrive ufficiali di polizia egiziani nel registro degli indagati

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Sono passati tre anni da quando lo studente italiano è stato ucciso in Egitto e da allora non sono stati individuati i colpevoli. Esiste un video che potrebbe svelare l’identità degli assassini ma ha dei “buchi”.

di Vito Nicola Lacerenza

Il 25 gennaio 2016 nella capitale egiziana, Il Cairo, il ricercatore triestino Giulio Regeni è scomparso nel nulla fino al 3 febbraio dello stesso anno, quando è stato ritrovato morto, seminudo e con evidenti segni di tortura sul corpo. I vari governi italiani susseguitesi in questi anni, nonostante i numerosi incontri tenuti con il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi,  sono riusciti ad ottenere solamente “garanzie” sul fatto che “sarebbe stata fatta giustizia”. La realtà, però, sembra essere ben diversa. Secondo la Procura della Repubblica di Roma ad aver compiuto l’omicidio sono stati ufficiali di polizia egiziani, ora iscritti nel registro degli indagati. Inoltre, secondo gli investigatori italiani, il ricercatore triestino, pochi giorni prima della sua morte, è stato pedinato da agenti dell’intelligence egiziana: il maggiore Magdi Abdulaal, il capitano Osan Helmy e altri tre sottoposti.   La tesi avanzata dagli investigatori italiani è stata respinta dalle autorità egiziane, le quali non hanno ritenuto necessario  eseguire delle indagini sui sospettati. Questi ultimi, secondo la Procura della Repubblica, sarebbero stati ripresi dalle videocamere di sorveglianza della metropolitana di El Cairo, il luogo in cui Regeni è scomparso il 25 gennaio 2016.

Le immagini raccolte delle videocamere a circuito chiuso avrebbero potuto rappresentare un elemento di svolta nell’investigazione, se il video non avesse avuto dei “buchi”, dei vuoti, proprio nelle fasce orarie in cui Regeni si trovava nella metropolitana. La settimana scorsa il governo egiziano ha affidato il video a una compagnia russa, incaricata di ricostruire le immagini mancanti del video. Si tratta di un lavoro il cui risultato è tutt’altro che garantito e che, inoltre, richiederà molto tempo. In realtà, il governo italiano ha chiesto l’analisi approfondita delle prove video già sei mesi fa. Ma l’Egitto ha deciso di accettare tale richiesta soltanto la scorsa settimana, segno che l’Egitto non è disposto a collaborare con l’Italia per far luce sul caso Regeni. Almeno così è sembrato alla diplomazia italiana, che ha espresso “delusione” circa l’incapacità della magistratura egiziana di far luce sull’omicidio del ricercatore italiano.

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