Diritti umani
Beppe Grillo ed il video messaggio in difesa del figlio. L’osservatorio vittime della Lidu onlus: uno spregio alla vittima

Cesari (Lidu onlus): Grillo ha fatto un caso mediatico dell’accusa a suo figlio che meglio sarebbe stato se fosse restato nelle aule di giustizia. Siamo a un punto di snodo nella riflessione sul ruolo dei mass media, libertà di opinione e strumentalizzazione della comunicazione ai fini processuali
“L’intervento di Grillo è un intervento politico che vittimizza e banalizza le accuse ma soprattutto denota una mancanza di sensibilità totale vittimologica e di considerazione per la vittima”. Così l’avv. Gianmarco Cesari dell’Osservatorio Vittime di reato della Lidu onlus. “L’intervento di Grillo si aggancia alla pancia maschilista delle persone sfruttando l’ignoranza della legge e dell’iter della procedura penale, – continua Cesari- e blaterando sui tempi della denuncia di fatto rivela una concezione priva di considerazione per la vittima, come se il legislatore non avesse ricevuto le istanze sociali che hanno portato al codice rosso. Sono dichiarazioni gravi in considerazione del ruolo politico, indignano in quanto non vanno a considerare le conseguenze dannose di un comportamento scellerato di gruppo. L’intendere ‘ragazzate da coglioni’ gli atti messi in essere esponendosi in mutande davanti una vittima inerme, come lui dice descrivendo un video fatto dagli stessi ragazzi, non considera il fatto che si tratta di un atteggiamento privo di rispetto alcuno per la donna e privo di rispetto con la consapevolezza di avere a che fare con una vittima fragile, vulnerabile, in uno stato di assenza di coscienza, o addormentata o ubriaca. Fatto sta che sono dichiarazioni che indignano e che meriterebbero un ravvedimento operoso”. “L’intento politico di fare una comunicazione ad hoc non tiene conto, ed è grave, che una persona ignorante può non capire i meccanismi processuali della mancanza di arresto e della relativa denuncia querela ritardata rispetto all’accaduto, ma visto il ruolo politico che Grillo ricopre se l’intento era quello di salvare il proprio figlio tutto questo sarà come un boomerang. Ne ha fatto un caso mediatico che meglio sarebbe stato se fosse restato nelle aule di giustizia. Tutto questo ci fa capire che siamo allo snodo di in un punto di riflessione sul ruolo dei mass media, libertà di opinione e strumentalizzazione della comunicazione ai fini processuali” conclude Cesari.
L’intervento di Gianmarco Cesari nel nostro giornale evidenzia una falla aperta proprio dall’uomo del Vaffaday, che probabilmente non si aspettava una ipotesi di rinvio a giudizio per il figlio Ciro che lui stesso come padre, in un video alquanto urlato dal web, definisce innocente rispetto alla ipotesi di stupro di gruppo di una giovane ragazza in Sardegna circa due anni fa. Ma se è lecito che un padre, pur anche fosse Beppe Grillo, voglia gridare l’innocenza del proprio figlio rispetto ad un reato grave quanto orribile come lo stupro, non è altrettanto lecito che lo gridi ai quattro venti infangando la vittima presunta del reato. Soprattutto caricandola di un ipotetico consenso consapevole, benchè ubriaca. E poco importa se la sbornia è stata una scelta consapevole…una donna ubriaca la si riaccompagna a casa a smaltire gli effetti dell’alcol, non la si stupra…perché non è consapevole di quello che sta facendo. Punto.
“Sono stupita e sconvolta dalle dichiarazioni di Beppe Grillo. Trovo quel video inquietante. In meno di due minuti ha elencato tutti i luoghi comuni che da secoli minimizzano le violenze sessuali e che troppo spesso portano a colpevolizzare la donna che le ha subite” – spiega Sabrina Massa coordinatrice del gruppo Amore Criminale su FB e partner della Lidu onlus sulle attività a favore delle vittime di reato – “Da genitore stravolto per la presunta colpevolezza del figlio definisce come una ragazzata, un momento di divertimento, un presunto stupro. Come personaggio pubblico trovo ancora più intollerante il suo intervento. Poteva limitarsi a dissentire dalla gogna mediatica nella quale il figlio è finito, il politicizzare l’accaduto, e lasciare la parola alla Giustizia. È caduto sui soliti meccanismi di pregiudizi, sentenziando l’innocenza dei ragazzi e la colpevolezza della ragazza sulla base del suo comportamento, prima, durante e dopo il presunto stupro. Da donna mi sento offesa e calpestata! Ubriaca o sobria, vestita o nuda, durante un atto sessuale consenziente, in qualsiasi momento, ho il diritto di dire NO e NO, altrimenti è stupro”. Conclude Sabrina Massa impegnata nella difesa delle donne vittime di reato.
Insomma, una vicenda che mentre riafferma il detto che Ogni scarrafone è bello a mamma soja, ancora una volta dimostra quanto il maschio italiano sia fermo ad una cultura che chiamarla medioevale è un complimento. Che la giustizia faccia il suo corso!