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Attualità

Bambina migrante di sette anni morta dopo aver oltrepassato il confine USA

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Dopo aver attraversato il deserto, la piccola si è sentita male ma la polizia di frontiera americana l’ha soccorsa solo dopo un’ora e mezza, quando aveva già smesso di respirare.

di Vito Nicola Lacerenza

Jackelin Caal era una bambina guatemalteca di 7 anni ed è morta   poco dopo aver varcato la frontiera degli Stati Uniti, il luogo   in cui avrebbe voluto avere un futuro luminoso, lontano dalla violenza del suo Paese d’origine. Almeno questa era l’opinione del padre di Jakelin che, dopo aver affrontato il “viaggio della speranza” insieme alla figlia, l’ha vista spegnersi per gli stenti.  La piccola ha percorso a piedi migliaia di chilometri in mezzo ad un gruppo di 163 migranti guatemaltechi  e ha raggiunto il confine americano denutrita e disidratata. Superata la barriera che divide il territorio statunitense da quello messicano, Jackelin, suo padre e il resto dei richiedenti asilo sono stati arrestati dalla polizia di frontiera e trasportati, con gli autobus, in un centro di accoglienza.

Durante il tragitto, lungo circa 150 km e durato un’ora e mezza, la bambina ha iniziato a vomitare incessantemente, mostrando gravi sintomi di disidratazione. Il padre di Jackelin ha immediatamente chiesto aiuto agli agenti presenti a bordo affinché prestassero soccorso a sua figlia, ma invano. La bambina è stata ricoverata solo al termine del viaggio, quando aveva già smesso di respirare. La tragedia ha scosso l’opinione pubblica americana che comincia ad essere scettica verso l’inasprimento della politica migratoria voluta dal presidente USA Donald Trump, che, più che aver diminuito il flusso migratorio, sembra aver aumentato il numero di immigrati morti nel tentativo di oltrepassare la frontiera. Il numero di richiedenti asilo sudamericani che tentano di raggiungere gli Stati Uniti è in calo da dieci anni,  cioè prima dell’inizio della presidenza Trump. Eppure il CBP, il corpo di polizia americano specializzato nel controllo delle frontiere, ha recentemente reso noto come sempre più migranti perdano la vita nel disperato tentativo di varcare il confine statunitense.

La stragrande maggioranza dei migranti decide di oltrepassare la frontiera scegliendo i punti più impervi, perché ritenuti meno sorvegliati: deserti lontani dai centri abitati, immensi laghi circondati da terreni melmosi e sabbie mobili. Ormai sono questi  i luoghi “preferiti” dagli immigrati irregolari per aggirare le autorità ed entrare negli USA. Fino a tre anni fa ricorrere a tali strategie non era necessario, in quanto lungo la frontiera erano presenti diversi centri in cui i migranti potevano inoltrare la loro richiesta d’asilo e sapere, in tempi relativamente brevi, se questa fosse stata accettata o respinta. Adesso, dopo la stretta sull’immigrazione decisa da Trump, richiedere asilo politico negli USA è molto più complicato e i tempi burocratici sono sempre più lunghi. I migranti che hanno scelto  di chiedere accoglienza senza prima oltrepassare il confine americano, attendono settimane o mesi accampati in squallide baraccopoli nel nord del Messico, dove si erge la barriera che divide il Paese centroamericano dagli USA.

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