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Australia,violentate 40 studentesse al giorno. In due anni 22mila testimonianze di stupri

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Le vittime sono quasi sempre universitarie asiatiche e non presentano denunce per il timore di non avere più il rinnovo del visto di soggiorno.

di Vito Nicola Lacerenza

Secondo un’indagine svolta dalla Commissione Australiana per i Diritti Umani, nel Paese oceanico vengono violentate 40 universitarie al giorno. Il 20% degli stupri avviene durante gli eventi studenteschi, il 15% nei mezzi utilizzati per andare e tornare dall’università, il 10% nei giardini dell’ateneo mentre l’altro 10% all’interno dello stesso edificio. Il fenomeno è diventato una vera e propria piaga sociale in Australia, dove l’abuso di alcol e droga è diffuso tra gli universitari, alcuni dei quali sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o in stato d’ebbrezza si abbandonano a comportamenti animaleschi, commettendo azioni riprovevoli come la violenza sessuale contro giovani colleghe che frequentano la stesa università. La maggior parte delle vittime di stupro sono studentesse asiatiche, considerate dagli assalitori più indifese rispetto alle loro colleghe australiane. «Aver subito violenza sessuale è la tipica cosa che non racconteresti mai ai tuoi genitori- ha spiegato Leu, ragazza cinese iscritta ad una università australiana e vittima di violenza sessuale- sarebbe un disonore  per me dire ai miei genitori di essere stata stuprata. Mi costringerebbero a tornare a casa senza nemmeno lasciarmi finire gli studi. Inoltre, denunciare alla polizia è rischioso, perché   essendo straniera ho bisogno di un visto per stare in Australia ed eventi del genere possono comprometterne il rinnovo».

Sole in un Paese straniero, lontane dalle loro famiglie, molte ragazze vengono attaccate da compagni di corso quando meno se lo aspettano. «Dovevo tornare nella mia stanza perché avevo dimenticato un libro e un ragazzo si è offerto di accompagnarmi – ha continuato Leu- appena entrati lui si è buttato sul letto e quando ho cercato di cacciarlo dalla mia stanza lui mi ha detto: “avrò quello che voglio”. Poi mi ha violentata». Migliaia di ragazze, non solo asiatiche, proprio come Leu convivono col dramma dello stupro all’oscuro delle autorità e dei loro genitori che, o per motivi religiosi o perché molto conservatori, non accetterebbero l’idea che la figlia abbia avuto un rapporto sessuale prima del matrimonio. Sarebbe una vergogna troppo grande per l’onore della famiglia. L’isolamento delle vittime però non è causato soltanto da barriere culturali, ma anche dalla negligenza mostrata dalle università australiane nel contrastare il fenomeno.

La  Commissione Australiana per i Diritti umani ha raccolto 22.000 testimonianze di stupri avvenuti tra il 2015 e il 2016. Una cifra che gli esperti ritengono minima rispetto al numero totale di violenze commesse. La difficoltà nell’acquisire informazioni sul fenomeno è dovuta alla scarsa collaborazione degli atenei che, seppur in possesso dei dati relativi alle violenze sessuali, sono restii a divulgarli. Il flusso di ragazzi che dall’Asia vanno a studiare in Australia costituisce per il Paese oceanico un giro d’affari di 18 miliardi di euro. E’ il terzo settore più importante dell’economia nazionale e l’esplosione dello scandalo delle violenze sessuali causerebbe un danno economico pesantissimo. Per tale ragione molte università australiane, pur prevedendo nel loro regolamento l’espulsione di coloro che commettono violenza, evitano di riconoscere il problema e si limitano a punire i colpevoli con provvedimenti  blandi, come una multa di 40 euro e una nota disciplinare.

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