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Asp sempre più nel mirino: ma chi paga è sempre il cittadino

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DSCF4227-1024x824Mentre la Corte dei Conti cita in giudizio il San Raffaele di Cassino per l’ennesimo caso di presunta malasanità, un po’ di chiarezza su chi a vario titolo è responsabile in casi di questo tipo.
Roma, 23 luglio – L’ultimo caso di presunta malasanità pubblicato su ‘Corriere della Sera’ sabato 20 luglio, riguardante la citazione in giudizio da parte della Corte dei Conti ai danni del San Raffaele di Cassino per danno erariale pari a 87milioni di euro, evidenzia la necessità di comprendere tecnicamente le modalità con cui i piani sanitari sono gestiti a livello regionale. Ma soprattutto, in un clima di tagli esasperati nel settore sanità e a seguito dei numerosi scandali che hanno investito gran parte delle regioni italiane negli ultimi tempi, è importante comprendere chi decide, chi controlla e chi pianifica spese che dovrebbero essere messe in campo a vantaggio della salute dei cittadini, ma che troppo spesso diventano un utile occulto per le tasche di pochi “privilegiati”.
A questo proposito va detto che ogni struttura accreditata, che sia clinica privata o laboratorio analisi, deve stabilire ogni anno il tetto massimo di prestazioni sanitarie erogabili in accordo con la dirigenza dell’Asp di competenza. Tale somma è il budget annuale ed il calcolo presunto si basa su numerosi criteri ed indici di qualità, statistici, conformità sulla base di un rendiconto mensile di prestazioni riguardante ricoveri o accertamenti diagnostici. Il tutto deve essere monitorato e verificato dagli stessi uffici dell’Asp.
Ma cosa succede quando si supera questo budget garantito? “La riconversione o l’aumento dei posti letto in una struttura sanitaria che sia pubblica o privata- spiega Carlo Taccone che ha una lunga carriera nel Servizio ispettivo sanitario nazionale prima ed in quello della Regione Calabria attualmente – viene stabilita dalla Giunta regionale in un quadro complessivo di posti letto regionali . Si tratta di una parte fondamentale del piano sanitario obbligatoriamente approvato dal Consiglio regionale, per garantire un sufficiente livello di erogazione sanitaria per tutto l’ambito territoriale”.salute-2
Dunque le Regioni sono direttamente responsabili ed al corrente di quanto accade sul piano sanitario perché ogni eventuale variazione sul programma stabilito deve andare all’esame in Consiglio regionale.
“Nel caso del San Raffaele- spiega Taccone – la Regione Lazio doveva approvare delibere di modifica piano in Consiglio ma qui addirittura sembra che lo scopo fosse quello di consentire prestazioni al più alto valore economico. L’eventuale extra budget che si crea (ovvero il superamento delle prestazioni previste e prevedibili, per improvviso aumento di pazienti e non certo per duplicazione fasulla delle prestazioni) durante l’anno solare, viene di norma monitorato e corretto dagli uffici dell’Asp di competenza ed immediatamente, con atti pubblici contestato anche legalmente alle strutture convenzionate. In ogni caso le Asp, forti legalmente del contratto a budget prefissato, non hanno nessun obbligo di pagare le prestazioni extra budget come evidenziato da numerose sentenze in Consiglio di Stato e Cassazione”.taglisanita
“Oltretutto – conclude Taccone – per situazioni del genere l’Asp o l’assessorato regionale alla Sanità possono dichiarare l’immediata revoca della convenzione e procedere penalmente nei confronti dei titolari delle aziende stesse e dei propri funzionari”. In definitiva appare che la cattiva gestione della sanità, che tanto disagio ha portato ai cittadini, sia da addebitare ad una gestione politica quanto mai superficiale, a dirla con molto buonismo.

 

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