Diritti umani
Arrestate, torturate e violentate attiviste per i diritti umani in Arabia Saudita

La denuncia di Amnesty International che ha raccolto alcune testimonianze. Frustate e colpite con potenti scariche elettriche le vittime perdono i sensi.
di Vito Nicola Lacerenza
Il brutale omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi, ucciso e smembrato per mano di agenti governativi inviati dal principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman, ha acceso i riflettori sulla pesante repressione che quest’ultimo ha attuato nei confronti dei suoi critici. Diciassette di loro, 10 donne e 7 uomini, sono in carcere dallo scorso maggio e da allora sono stati sottoposti a terribili torture. Lo ha reso noto l’associazione per i diritti umani Amnesty International riportando i racconti di tre testimoni oculari, i quali hanno preferito mantenere l’anonimato per paura di ritorsioni da parte della monarchia saudita, che sottopone i dissidenti a pene corporali violentissime. Secondo le informazioni raccolte da Amnesty International, le attiviste saudite Loujain al-Hathloul e Eman al-Nafjan sono state torturate con scariche elettriche e frustate, così come Aziza al-Yousef. Aziza è un’attivista che, negli ultimi decenni, ha manifestato per “il diritto della donna alla guida”, concesso dal governo solo lo scorso giugno. La donna è tutt’ora in carcere e, secondo quanto raccontato da alcuni testimoni, non è più in grado di reggersi in piedi a causa dei maltrattamenti, mentre altre prigioniere sarebbero affette da tremori incontrollati alle mani e in tutto il corpo.
Le prigioniere più “fortunate” restano appese per intere giornate al soffitto o relegate per mesi in una cella di isolamento. Un’altra attivista, il cui nome non è stato reso noto, è stata violentata sessualmente da uomini col volto coperto durante un interrogatorio. In preda alla disperazione la donna ha provato a togliersi la vita in diverse occasioni. Molte vittime sono ritenute colpevoli di aver protestato contro la “legge di autorità”, una norma che conferisce all’uomo il potere di decidere se la sua partner può sposarsi, richiedere il passaporto e viaggiare. La 30enne saudita Al Hathloul, dopo aver manifestato pubblicamente il proprio dissenso verso “la legge di autorità”, si è trasferita negli Emirati Arabi Uniti, dove frequentava l’università. Pensava di essere al sicuro, ma si sbagliava. Alcuni agenti governativi, inviati dall’Arabia Saudita, l’hanno catturata, riportata nel suo Paese d’origine e arrestata. Una sorte analoga è toccata anche al marito di Al Hathloul, il quale è stato arrestato da uomini dell’intelligence saudita mentre si trovava in Giordania per lavoro. A rendere preoccupante la repressione condotta dal principe Mohammad bin Salman nei confronti dei suoi critici non è soltanto la brutalità con cui questa avviene, ma anche il fatto che si attui in Paesi stranieri a dispetto delle norme internazionali. Tale politica potrebbe avere gravi conseguenze per l’Arabia Saudita, che appare sempre più isolata a livello internazionale.